Capitolo 30 ~ WonderWall

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Hector

Jess mi aspetta seduta su una panchina nel lungomare di Coney Island, con il vento che le spettina i lunghi capelli castani e le labbra strette tra i denti in una morsa nervosa.
«Scusa il ritardo. Ho fatto prima che ho potuto. Stai bene?»
Mi accorgo di pronunciare con un certo allarmismo quella domanda. Probabilmente perché per tutto il tragitto non ho fatto che pensare alla nostra telefonata e al suono dei suoi singhiozzi trattenuti.

Il suo sguardo si posa su di me. Annuisce ma i segni delle lacrime versate, ancora evidenti sul suo viso, mi suggeriscono il contrario.
Incrocio i suoi occhi nocciola in cerca di risposte ma dentro non vi trovo altro che desolazione.
«Cos'è successo?» la interrogo con maggiore urgenza, ignorando il modo furioso in cui comincia a battere il mio cuore alla sola idea che qualcuno possa averle fatto del male.
«Ho discusso con Kyle»
Stringe la bocca in una sottile linea piatta che nasconde a fatica il tremolio al labbro inferiore.
«Ne vuoi parlare?».
Mi siedo accanto a lei, sulla panchina.
Non la tocco anche se forse il calore umano è tutto ciò di cui ha bisogno. Mi offro di ascoltarla perché non so consolarla in un abbraccio ma so per certo che voglio toglierle dalla faccia quell'espressione spenta.
«No, non adesso. Non mi va di rimuginare ancora su quello che è successo».
Non mi guarda. Lascia vagare lo sguardo tra la gente che passeggia davanti al mare.
Detesto vederla così.
Incapace di reagire.
Inghiottita dal dolore.
«Cosa ti va di fare? Hai fame? Ti porto a mangiare qualcosa»
Provo a distrarla con il cibo, visto che in genere è in grado di tirarle sù il morale.
«Non ho fame ma mi piacerebbe fare un giro dentro il Luna park».
I suoi occhi s'illuminano giusto un po' mentre si posano sulle giostre che affacciano sulla spiaggia.
«Da quando mi sono trasferita a New York non sono mai salita sulla ruota panoramica. Facciamo un giro adesso?»
Il suo sguardo sa benissimo come fare breccia nella mia corazza, perché nonostante detesti fortemente quel luogo pieno di bambini e stupide musichette chiassose, soppeso davvero l'idea di assecondarla.
«Ti prego, Hector! Muoio dalla voglia di salirci» m'implora, con due supplichevoli occhi verdi a farle da cornice.
Fanculo!
Non riesco proprio a dirle di no se mi guarda in quel modo.
«Va bene ma soltanto un giro sulla ruota panoramica, niente giostre o giochi a premi» preciso, pentendomi già di aver accettato.

Lei balza subito in piedi e il piccolo cenno di sorriso che mi regala in cambio vale tutto il sacrificio che mi costa portare le mie gambe fino a quel luogo infernale, straripante di mini-umani. Dopotutto voglio solo che sia felice e smetta di pensare a Kyle. Non importa poi così tanto che io mi senta un pesce fuor d'acqua in un posto del genere.

Giusto una passeggiata di un paio di metri, una coda di dieci minuti alla biglietteria, qualche fastidioso bambino che fa i capricci e strilla, quattro canzoncine che provocano l'emicrania, ed eccoci seduti in una delle ventiquattro cabine della ruota panoramica. Una cabina mobile per l'esattezza, scelta con particolare insistenza da Jessica per vivere l'esperienza in ogni sua sfaccettatura.

La giostra da inizio alla sua corsa, portandoci lentamente verso l'alto, e nella mia mente accade l'unica cosa che più temevo: il principio di un episodio da stress post traumatico.
Stare chiuso qui dentro rievoca alla mia memoria brutte sensazioni. Anche se so gestire bene la paura, in particolare questo tipo di paura, avere Jess al mio fianco e trovarmi sospeso per aria, senza la terra sotto ai piedi, non mi aiuta affatto a calmarmi. In più il cigolio dei cavi a cui è appesa la cabina ricorda esattamente quello dell'ascensore che conduceva ai sotterranei punitivi di mio padre, perciò mi risulta veramente difficile ritrovare il controllo e non sentirmi chiuso in gabbia.

Respiro profondamente e cerco di allentare la tensione che si avvolge attorno alla mia gola come un cappio, ma il mio corpo comincia già a tremare in preda al bisogno di scappare.
«Sapevi che Deno Vourderis comprò tutti i biglietti a disposizione per una corsa e chiese alla sua ragazza di sposarlo proprio quassù?».
La voce di Jess s'insinua tra le mie paure e cattura la mia attenzione, cullandomi con la sua andatura pacata. Rivolgo lo sguardo lontano dai suoi occhi per non lasciare che veda la tempesta che vi infervora dentro, ma lei capisce ugualmente che qualcosa non va e mi prende per mano.
Il suo piccolo palmo avvolge il mio mentre con il pollice lascia delle piccole carezze che calmano i miei battiti. «L'ho letto su internet una volta» continua. «A quanto pare la ragazza accettò di sposarlo a patto che le avrebbe regalato la ruota panoramica. Deno le assicurò che l'avrebbe fatto e alla fine, sessantatré anni dopo, comprò l'intero parco e ribattezzò la ruota con il nome di Deno's Wonder Wheel, adempiendo quella promessa»
Mi costringo finalmente a guardarla. Sul suo viso si intravede ancora qualche traccia di tristezza, ma si ostina ad accantonarla per dare la priorità a me.
«È per questo che mi hai trascinato quassù? Vuoi chiedermi di sposarti?» scherzo, tenendo la mente impegnata nella conversazione per non cadere di nuovo in quello strapiombo buio.
Lei mi guarda divertita.
Almeno sono riuscito a strapparle una risata.
«Pagherei per vedere la tua espressione se te lo chiedessi in questo momento, sarebbe esilarante» ride coprendosi la bocca. «Ma temo che non accadrà mai. Ho smesso di credere nel matrimonio».
Il suo sorriso si spegne, lascia spazio alla delusione che impregna ancora il suo cuore spezzato. Probabilmente sta ripensando a quello che è successo con Kyle solo poche ore fa. Di qualunque cosa si tratta la sta facendo soffrire terribilmente ed io non riesco a sopportarlo.
Le sfioro la mano, ancora stretta nella mia, per cercare di sostituire quel male con le mie carezze. «Era solo per dire che volevo salire quassù e capire cosa ci vedesse di tanto magnifico la ragazza di Deno. Oltre il panorama, è ovvio» aggiunge con lo sguardo perso verso l'orizzonte.

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