Jess
Ev ed Eric non mi hanno mollato un solo istante da quando mi hanno riportato a casa. Ragion per cui la tranquillità che speravo di avere non ha regnato sovrana nel mio appartamento. Tra domande sull'accaduto, biscotti al cioccolato, tisane e zuppe di verdure hanno cercato di tenermi compagnia e rimpinzarmi di cibo per riportare un po' di colore al mio incarnato scarno. Peccato che il mal di testa e la nausea mi abbiano accompagnato per gran parte del tempo, costringendomi a stare distesa sul divano e dare dei miseri assaggi ai piatti da loro amorevolmente preparati. Solo quando si è fatto veramente tardi li ho convinti a darmi un po' di tregua, con la promessa che a turno sarebbero venuti a controllare come stessi durante la notte.
Non appena sono andati via ne ho approfittato per fare una doccia calda. Ho indossato i miei morbidi pantacollant di lana beige e sono sprofondata in un vecchio maglione largo. Mi sono accucciata sotto le coperte e ho provato a dormire, ma nonostante fossi esausta non ci sono riuscita. Appena chiudevo gli occhi mi sembrava di essere di nuovo lì, in quelle scale, nascosta contro il corpo di Hector con la paura di essere colpita che mi attanagliava. Mi sono rassegnata all'idea che non riuscirò a chiudere occhio, per via di quei macabri pensieri che si sono impossessati della mia mente da quando ho appreso che qualche criminale potrebbe avermi sotto il proprio mirino. Perciò ho iniziato una delle tante serie tv che Roxy mi ha consigliato di vedere. Le immagini scorrono sullo schermo da quasi venti minuti ma non vi presto attenzione. La mia mente è altrove, persa tra i ricordi della sparatoria, la faccia delusa di Kyle e gli insoliti comportamenti di Hector. Non faccio che ripensare alla maniera in cui si è gettato su di me senza esitare. Quale persona fa una cosa del genere per qualcuno con cui non ha una relazione amorosa o legami di sangue? Non so bene che tipo di risposta mi aspetti di trovare, so che una parte di me vorrebbe catalogare il suo gesto come qualcosa di più di un semplice atto eroico. Magari l'istinto di proteggermi con tanta prontezza sta a significare che per lui conto più di quanto voglia lasciare intendere. È difficile interpretare quello che pensa visto che si ostina al meglio che può a non far trapelare alcuna forma d'emozione. Dare un senso ai suoi comportamenti mi sta facendo ammattire. Alle volte vorrei semplicemente che fosse più limpido e meno enigmatico come Kyle, ma poi realizzo che è proprio la sua aura misteriosa a renderlo così intrigante. Chissà quali segreti nasconde. Ho un insana voglia di scoprirli.
Immersa tra quei pensieri mi ritrovo a sobbalzare quando suonano alla porta. I rumori improvvisi mi riportano alla mente i colpi di pistola, terrorizzandomi per alcuni istanti prima di distinguere la mia immaginazione dalla realtà. Con il cuore in gola mi libero delle coperte e vado a vedere di chi si tratta. Probabilmente è Kyle che è passato a trovarmi per accertarsi che stessi bene. Non appena apro la porta però realizzo che è un altro il viso che mi ritrovo davanti. Gli occhi neri più cupi del solito mi fissano pieni di tormenti, stanchi, provati da questa terribile giornata che nonostante non lo ammetta ha destabilizzato anche lui. Ha addosso una semplice felpa grigia e i pantaloni neri della tuta. Mi fa uno strano effetto vederlo con abiti comodi piuttosto del solito completo elegante che indossa quando lavora. Questa mise casual lo rende più umano e fragile all'apparenza. È come se si fosse spogliato della sua armatura riponendo insieme a essa la sua aura di superiorità. «Scusami. So che è molto tardi» riconosce, prima che possa aprire bocca e dirgli qualcosa. «Non riuscivo a dormire. Mi chiedevo se stessi bene, se ti sentissi sola o spaventa. Avrei potuto chiamare lo so, è solo che in genere non rispondi e se avessi ignorato la chiamata avrei temuto il peggio e sarei corso comunque fin qui. Perciò ho agito d'impulso e sono venuto. È stata una pessima scelta, me ne rendo conto. È per questo che in genere pondero bene le mie mosse invece di essere avventato. È colpa tua se non riesco più a dominarmi. Hai la straordinaria capacità di farmi perdere il controllo ogni dannata volta, spingendomi verso un comportamento disinibito che altrimenti non avrei. Perciò prima che tu possa cacciarmi è bene sottolineare che sei l'unica responsabile della mia compromessa facoltà di ragionare». Aspetto che finisca di esporre quella valanga di scusanti discutibili che, con molta probabilità, gli hanno incasinato il cervello lungo tutto il tragitto verso casa mia, poi apro un po' di più la porta e mi faccio da parte per farlo passare. «Perché cacciarti quando posso approfittare della tua resa? Non tutti vantano la dote di poter dominare l'altezzoso avvocato Nowak. Penso proprio che userò a mio favore la tua ammissione». Lo punzecchio perché adoro la smorfia stizzita che gli colora le labbra quando sa che non potrà spuntarla, ma la verità è che non l'avrei cacciato in ogni caso. È stato il mio pensiero fisso per tutta la sera. Ritrovarmelo sull'uscio di casa, con quell'espressione tormentata mentre ammette di non avere più controllo su se stesso a causa mia, non fa che creare scompiglio nella mia testa. Perché lui è un maledetto rompicapo impossibile da decifrare e queste piccole rivelazioni che si lascia sfuggire sono l'unica chiave per risolvere l'enigma che gli vortica attorno. «Ho detto che comprometti le mie facoltà di ragionare non che mi lascio dominare da te» precisa, per non frantumare ogni briciola dell'orgoglio che mi ha appena permesso di calpestare. «Non hai quel potere. Non in maniera assoluta almeno» confuta, passandomi accanto per farsi strada in soggiorno. Il fatto che non smentisca del tutto l'influenza che ho su di lui mi illude che quel potere potrei ottenerlo davvero se solo lo volessi. «Sono una ragazza ambiziosa. La mia capacità di sottrarti il potere potrebbe sorprenderti» lo metto in guardia. Si lascia sfuggire un piccolo sorriso in risposta. Sembra intrigarlo la maniera in cui lo sfido, ma lascia scivolare il discorso per non addentrarsi in un terreno pericolosamente infido in cui entrambi ci muoviamo con prudenza. «Mi dispiace se ti ho svegliata» borbotta mortificato, notando la coperta che ho lasciato sul divano.
«Ero già sveglia, nemmeno io riuscivo a dormire» ammetto. «Ti va una tazza di tè?». Cambio discorso per evitare di approfondire i motivi della mia insonnia e rivelare che, oltre alle immagini della sparatoria, il suo volto ossessionava i miei pensieri. «Preferirei un whisky ma non credo tu abbia alcolici in casa per cui accetterò il tè, grazie».
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Cracked
RomansaLa storia è una sorta di spin off di Death Stalker, ma vi consiglio di leggerla in contemporanea agli aggiornamenti di quest'ultima poiché alcuni capitoli sono collegati tra di loro. La trama verrà postata a breve.