Capitolo 2 ~ Chiudere per sempre con il passato

833 71 346
                                    

Jess

Quando una giornata comincia male lo senti, lo capisci nel momento in cui metti la testa fuori dalle coperte che le cose non faranno che peggiorare. Avrei dovuto capirlo subito io, dall'odore di tensione che si respirava nell'aria come la puzza di bruciato che caratterizza un incendio, che questa per me sarebbe stata una giornata orribile. Una di quelle che non vivevo da tempo ma che ovviamente tornano a fare la loro apparizione proprio nel momento in cui una certa persona si ferma in città.
Sospiro rassegnata e mi mordo con forza le labbra fino a procurarmi una piccola ferita che sanguina dentro la bocca. Una malsana abitudine che sfugge al mio controllo ogni qualvolta sono troppo nervosa per riuscire a gestire il turbine di sensazioni che mi vorticano dentro. La stessa fastidiosa tensione che, per qualche assurda ragione, sta facendo impazzire i battiti del mio cuore e m'impedisce di distogliere lo sguardo dall'immagine che riflette oltre le vetrate davanti ai miei occhi. Dannazione! Mi maledico mentalmente per essere tanto stupida da paralizzarmi difronte a quel dolore che mi risucchia nel suo vortice nostalgico. È come se d'improvviso la terra sotto ai miei piedi stesse cedendo ed io cadessi oltre le sponde del fiume. La corrente mi trascina. Sto annegando. Non respiro eppure non mi muovo. Non nuoto. Non reagisco. Me ne sto qui, nascosta in quest'angolino sotto la scrivania del mio reparto per non affrontare in faccia la realtà, per non combattere le mie paure e sconfiggerle, o più semplicemente per non lasciare che Kyle Evans si accorga della mia presenza.
Dio, non lo vedevo da un anno! Esattamente da quell'ultima sera in cui ci siamo urlati contro. E ora eccolo di nuovo qui, seduto su quella barella, con i capelli più spettinati e arruffati del solito, tante sono le volte in cui ci ha passato in mezzo le dita sperando forse che fosse sufficiente per trovare una soluzione al suo problema. Gli occhi lucidi velati da una patina sottile, sull'orlo di un pianto, caratterizzati da un azzurro spento, gelido, vitreo e sofferente. È disperato ed è solo. Si è chiuso a riccio, come fa sempre. Taglia tutti fuori dalla sua vita e si trascina a fondo con le sue stesse mani. Non che mi interessi più di tanto sapere cosa ne fa della sua esistenza. È solo che non riesco a essere così cattiva e insensibile difronte a quello che gli sta capitando. Ha l'animo a pezzi, il cuore affranto e la testa in subbuglio. Sarà costretto a stare in panchina per alcuni mesi e so che non sopporta nemmeno l'idea di immaginarsi fuori dai giochi, figuriamoci esserlo davvero. Lui ama il basket più di ogni altra cosa. È tutta la sua vita. È il centro del suo mondo. Non può vivere senza, sarebbe come smettere di respirare. E adesso, lì, con le mani che reggono a fatica il volto esasperato, è come se di respirare Kyle se ne fosse dimenticato davvero.
Ho controllato la sua cartella clinica. Non avrei dovuto farlo, lo so, ma ho ugualmente ceduto all'istinto di curiosare. Jackson mi ha lasciato libero accesso al file e questo significa che sapeva, o forse semplicemente sperava, che l'avrei fatto. In ogni caso i miei sospetti erano corretti: rottura totale del crociato anteriore destro. Lo sforzo a cui ha sottoposto la gamba ha compromesso le immagini della risonanza, per cui bisognerà attendere che il versamento si riassorba per avere una visuale più nitida e ripetere l'esame, ma la diagnosi parla chiaro, i legamenti vanno ricostruiti chirurgicamente. Questo significa che una volta passata la fase acuta verrà fissato il giorno dell'intervento trascinando con sé tutte le conseguenze post-operatorie che comporta: riposo forzato, utilizzo delle stampelle per camminare e almeno sei mesi di riabilitazione prima di poter riacquistare l'utilizzo completo del ginocchio e tornare a giocare. Glielo si legge chiaro in faccia che non accetterà nessuna di queste condizioni, per lui sarebbe un'agonia stare lontano dalla sua squadra.

«Che ci fai nascosta qui sotto?». Sobbalzo, lasciandomi sfuggire un gridolino acuto, non appena odo la voce di Eric alle mie spalle. Mi sento come se mi avesse colta in flagrante, beccata a spiare il mio ex senza una valida ragione che mi scagioni. Il tablet che reggevo tra le mani - con la schermata sulla cartella clinica di Kyle ancora aperta - scivola sul pavimento, tanto è lo spavento che mi fa traballare sulla sedia in cui ero comodamente accucciata. Il mio migliore amico mi osserva stranito, attraverso quegli adorabili occhi grigiastri leggermente incupiti delle folte sopracciglia scure. Scruta ogni mio movimento instabile con aria perplessa intanto che, da bravo ragazzo qual è, si china svelto e raccoglie l'iPad per restituirmelo.
« N-Nulla! Io...». Farfuglio in cerca di una scusa plausibile che giustifichi il mio inusuale appostamento, ma con Kyle seduto dall'altra parte della vetrata non riesco a pensare lucidamente. È come se la mia mente si fosse spenta, sommersa dalla confusione abissale di quei ricordi che la sua presenza fa riaffiorare. Sto persino tremando. Neanche fossi colpevole di qualche grave reato! «Controllavo soltanto la cartella clinica di...».
«Mio cugino. A quanto pare». Finisce lui la frase al posto mio, sbirciando con una rapida occhiata il contenuto del mio tablet poco prima di posarlo sulla scrivania. Sbuffo sonoramente e nascondo il viso tra le mani, arresa. È inutile che provi a negarlo, ormai mi ha scoperto. Tutte quelle notti insonni passate al suo fianco, in lacrime, mentre con un abbraccio cercava di rimettere in sesto i pezzi rotti della mia anima e aiutarmi a ricominciare da capo, sono state rese vane dall'arrivo inaspettato di quello stronzo biondo e narcisista che intenerisce ancora il mio cuore inasprito. «Va tutto bene, Jess?». Eric si avvicina preoccupato, posandomi addosso i suoi splendenti occhi verdi-azzurri, intanto che io sprofondo con la schiena sulla poltrona, tentando al meglio che posso di rimpicciolirmi e scomparire contro la spalliera. Vorrei urlare a squarcia gola tutto l'odio che provo per Kyle in questo momento, ma forse non lo detesto abbastanza da augurargli quello che sta passando. Forse ancora un po' m'importa di lui. No. No! Ma che dico? I suoi problemi, la sua vita, la sua salute e la sua carriera non mi riguardano più ormai. Che m'importa se sta soffrendo? Dopotutto non merita il mio conforto. Non merita nemmeno questo spreco di energie dedicate a preoccuparsi per il suo bene. Non fa più parte della mia vita. Sono andata avanti e sto meglio così, senza di lui a complicarmi l'esistenza.
«Secondo te come va, Eric?». Sam precede la mia risposta saltando fuori all'improvviso - con la cuffietta da sala operatoria ancora in testa - per unirsi alla nostra conversazione e sottolineare con sarcasmo il disprezzo che prova nei confronti del mio ex ragazzo. «Kyle-figliodiputtana-Evans, con tutto il dovuto rispetto nei confronti di tua zia» specifica a mo' di scuse verso il mio amico. «È tornato in città con tutti i suoi casini. Come pensi che stia Jessy J?». Dio! Detesto che mi chiami con quello stupido nomignolo, ma a lui sembra non importare. Lo utilizza di continuo.
«Da schifo!» bofonchio io, scompigliandomi nervosamente i capelli sotto lo sguardo apprensivo di Eric che, come un fratello amorevole, non riesce a resistere all'impulso di lasciarmi una carezza affettuosa sulla guancia. Alle volte mi chiedo cosa ho fatto per meritare un amico così speciale. È il ragazzo più dolce, buono, gentile e altruista che abbia mai conosciuto. Un angelo donato da Dio a noi poveri comuni mortali. L'esatto opposto di quel demone di suo cugino che di angelico, forse, ha solo la fisionomia.
«Dopo tutto quello che ti ha fatto passare nell'ultimo anno è comprensibile che rivederlo sia stato traumatico per te. Vedrai che con il tempo andrà meglio, ne sono sicuro» mi consola dolcemente, abbozzando un sorriso confortevole.
«In ogni caso possiamo sempre optare per la vendetta e mettergli fuori uso l'altro ginocchio» ironizza Sam piazzandomisi davanti con le braccia incrociate al petto, dopo aver lanciato una fugace occhiata a Kyle che lascia chiaramente intendere quanto in verità siano potenzialmente serie le sue intenzioni. 
«Smettila di dire queste scemenze!» lo rimbecco imbronciata. «Solo perché mi ha fatto del male non significa che voglia vederlo soffrire in questa maniera. Non sono così insensibile». Ho un cuore anch'io. Un cuore che lui ha rotto e calpestato fino a dissanguarlo del tutto ma che, bene o male, è tornato al suo posto per continuare a battere anche se a fatica.
«Non lasciarti impietosire da quell'espressione sconsolata. Lo sai benissimo che è uno stronzo» insiste lui, rimarcando il suo disprezzo con un'espressione disgustata che incupisce i suoi occhi chiari. Già. Uno stronzo che detesto ma che non riesco a odiare. Non come vorrei almeno. Perché anche se sono diventata più forte e indipendente da quando è andato via, anche se ho imparato a vivere e a essere felice senza di lui, non sono ancora in grado di cancellarlo completamente dalla mia mente come fingo di aver fatto.
«Io non mi sto lasciando impietosire!» mi affretto a negare.
«Allora perché hai quella faccia triste?» domanda inarcando un sopracciglio castano, nel tentativo di mettermi alle strette e convincermi a confessare quanto in verità Kyle Evans influisca ancora negativamente sulla mia vita.
Scrollo le spalle in risposta, non sapendo bene cosa dire. Perché dentro di me lo so che quella dannata ferita che credevo ormai chiusa si è appena riaperta e ha ricominciato a sanguinare. «È stata solo una brutta giornata» mi limito a borbottare, il che è vero se teniamo in considerazione gli avvenimenti inaspettati di questa mattina.
«Io lo so cosa ti serve per sentirti meglio» interviene in mio soccorso Eric, scostandosi dalla fronte un ciuffo ribelle di riccioli neri. «Ci vuole un letto comodo, un tè caldo, una bella copertina morbida, il tuo pigiama bianco addosso e la mia spalla su cui posare la testa mentre leggi un bel libro». "Oh si!". Annuisco, con gli occhi che brillano entusiasti al solo pensiero di immaginarmi in un quadretto così perfetto. Adoro passare questi momenti rilassanti insieme a lui e adoro ancora di più che sia il mio vicino casa. Per un motivo o per un altro mi ritrovo lui e sua sorella sempre in giro per il mio appartamento. In pratica è come se convivessimo e la cosa non mi dispiace affatto. Mi sento meno sola quando bazzicano nei dintorni. «Ma prima...» continua il mio amico trascinandomi nuovamente con la mente al presente. «Credo che tu debba chiudere il capitolo della tua vita soprannominato Kyle e lasciarti tutto alle spalle».
«Che vuoi dire?» domando aggrottando la fronte con aria confusa. «Io mi sono già lascita il passato alle spalle». C'è voluto del tempo per riprendermi da quel brutto colpo, ma sto bene adesso. Anche se i segni di quel dolore mi sono rimasti addosso come delle cicatrici da guerra mi sono rialzata con più tenacia di prima.
Lui storce leggermente le labbra corpose in segno di dissenso. «Lo sai che sono dalla tua parte e non approvo quello che ti ha fatto, Jess» ribadisce come se fosse una premessa per prepararmi a ciò che sta realmente tentando di dirmi. «Ma credo che nonostante tutto se provassi ad accantonare il tuo dolore anche solo per un po' e andassi da Kyle adesso, faresti un bel gesto che di certo a lui non passerebbe inosservato». Ecco dove voleva arrivare! Dovevo immaginarlo che avrebbe remato a favore di suo cugino. «Insomma, guardalo. È solo, confuso, spaesato e...tu hai bisogno di ricostruire un minimo di rapporto con lui per parlargli senza rancore e dirgli tutto quello che ti sei tenuta dentro in questi mesi. Altrimenti finirai per implodere e sarà peggio. Sai che non potrai ignorarlo per sempre. In un modo o nell'altro dovrete affrontare quello che è successo tra di voi e chiarirvi».
«Chiarire?» ripeto, cercando di trovare un senso alle sue parole. «E cosa ci sarebbe da chiarire? Sai benissimo come sono andate le cose. Lo sanno tutti». Al solo pensiero di dover rivivere tutto quello che è successo sento la bile salirmi sù per lo stomaco, una sensazione spiacevole ritorcermi le budella e il cuore impazzire per il rifiuto di sottoporsi ancora alla sofferenza che l'ha spezzato. «Non ho bisogno di sentire altre bugie in merito. E poi non lo vedi com'è?». Gli faccio cenno con la testa verso la sua direzione, facendo scivolare nuovamente i miei occhi in quella trappola letale che mi tiene incollata al suo sguardo perso nel vuoto. È ancora seduto su quella barella con le spalle ricurve, i ciuffi biondi arruffati per aria, le mani strette in due pugni come se volesse colpire qualcosa e poi scoppiare in lacrime. È solo che faccio fatica a immaginarlo così sofferente. Non l'ho mai visto piangere o arrendersi. Non l'ho mai visto cadere a pezzi come temo che stia per fare ora. «Si è chiuso in se stesso. Non vuole stare con nessuno» sottolineo come se non fosse già evidente. «I suoi genitori e Angel sono accorsi subito quando hanno appreso la gravità della situazione. È stato lui che li ha mandati via bruscamente. Perché dovrebbe accettare la mia presenza e rifiutare quella della sua famiglia?» obietto. La mia non vuole solo essere un escamotage per bocciare l'idea del mio migliore amico, quanto più una reale constatazione dei fatti. Chi sono io per valere più di sua madre, suo padre o sua sorella? Sono soltanto l'ex ragazza che non ha amato abbastanza da combattere per ricostruire quello che ci legava.
«Perché tu non sei mai stata come tutti gli altri ai suoi occhi» mi ricorda, posandomi le mani sulle spalle e bisbigliandomi all'orecchio come se volesse farmi entrare in testa le sue parole, mentre gli occhi di entrambi se ne stanno fissi sul ragazzo frustrato seduto oltre quelle vetrate. «Riuscivi sempre a farti spazio tra le crepe del suo orgoglio per curare le sue ferite e stargli accanto». "Quello era prima che lui rovinasse tutto e distruggesse noi" penso immediatamente.
«Le cose non stanno più così, Eric. Sono cambiate da tempo ormai. Non credo che Kyle apprezzerebbe la mia vicinanza e onestamente io non mi sento forte abbastanza da volergli stare accanto adesso» ammetto, ingoiando il groppo di lacrime che sento salire sù per la gola. "Sei forte, Jess, non piangere! Ce la puoi fare a superare quest'ennesimo ostacolo" m'incoraggio mentalmente.
«Pare che la nostra bella dottoressa sia tanto brava a occuparsi dei traumi altrui ma incapace di curare i propri» osserva Sam sconfitto, riconoscendo la lotta interiore che sta scorrendo nei miei occhi.
«Promettimi almeno che valuterai l'idea di parlargli» insiste Eric, ritornando al nocciolo del suo discorso.
«Non faccio promesse che so di non poter mantenere». Tronco così la nostra conversazione, facendo sfumare via ogni briciolo di speranza rimastogli a favore della nostra riconciliazione. In fin dei conti, perché dovrei prendere in considerazione l'idea di perdonare qualcuno che non è nemmeno pentito?

Cracked Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora