Capitolo 29 ~ Crollo imminente

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Jess

È con gli occhi pesanti e la testa piena di pensieri che comincio il turno in reparto. Avrei dovuto riposare di più la notte scorsa, invece l'ho trascorsa interamente a parlare con Evelyn e Roxy, raccontando loro ogni dettaglio della cena con Hector. Avevo bisogno di sfogarmi con le mie amiche e razionalizzare quello che era successo.
Sapevo che dietro la sua corazza da cinico si nascondeva un'anima ferita e tormentata, ma tutto quello che volevo era che capisse che sarei stata all'altezza del suo dolore, che avrei saputo fare i conti con i suoi timori e che non avevo nessuna intenzione di rinunciare al nostro rapporto.

Mentre cammino per i corridoi mi raggiro tra le dita il telefono, torturandomi le labbra nell'indecisione di scrivergli un messaggio.
E se sparisse dalla circolazione per giorni?
E se dopo ieri sera decidesse di non volermi più vedere?
Quando il trillo di una notifica mi vibra tra le mani per poco il cuore non mi balza fuori dal petto. Depistando ogni mio timore mi ha appena mandato il buongiorno e augurato un buon rientro a lavoro.
È un messaggio semplice.
Non si sbilancia per nulla e non lascia intendere più di quello che vorrei. Però sulla faccia mi sbuca ugualmente un sorriso.
Mi ha pensato.
Mi ha pensato con così tanta insistenza che non ha potuto fare a meno di scrivermi.
Forse dopotutto starmi lontano non ti riesce affatto bene come vorresti, mio caro avvocato.
Il sorriso sulle mie labbra si allarga intanto che quel pensiero prende forma nella mia mente. Incredibile come un gesto così banale sia riuscito a mutare radicalmente il mio umore.  Sto per rispondergli quando mi accorgo che Kyle mi stanzia davanti.
«Devo parlarti» annuncia, serrandomi la strada.
Il tono grave, lo sguardo teso.
Non ci vediamo da quattro giorni, esattamente da quando ha discusso con Hector in pronto soccorso. Da allora ho ignorato i suoi messaggi insistenti, rispedito indietro i suoi regali ingombranti e accettato le sue scuse disperate nel tentativo di  rimarcare quei limiti che non voglio torni a superare, ma ogni mio sforzo sembra superfluo perché Kyle mi piomba addosso come un falco che mira alla sua preda.
«Se è per i regali...»
«Non m'importa se i tuoi principi morali sono troppo giusti per spingerti ad accettare i miei regali. Ho bisogno di parlarti in privato. Adesso. Per favore».
Scandisce la frase con le palpebre sgranate e uno sguardo che mi trasmette tensione.
Le occhiate in corridoio cominciano a posarsi curiose su di noi. Non voglio alimentare pettegolezzi né tanto meno discutere davanti a tutti perciò lo assecondo.
«Va bene. Vieni con me».
Gli faccio strada verso la stanza adibita al personale e socchiudo la porta una volta che entrambi siamo dentro.
«Che succede? Ti senti bene? Non hai una bella cera». Il timore che possa essere ricaduto vittima delle sue dipendenze lampeggia come una luce d'emergenza dentro il mio cervello. Ho quasi l'istinto di sottoporlo a un test antidroga per accertarmi che sia ancora pulito.
«Sto bene. Ho solo...dormito poco in questi giorni».
La sua risposta è vaga ma cerco di farmela bastare. So che se lo accusasi si metterebbe sulla difensiva e negherebbe. Molto meglio fare una telefonata a Angel più tardi per accertarmi che sia tutto apposto.
«Di cosa volevi parlarmi?».
Vado dritta al dunque perché non mi va di restare chiusa a lungo qui dentro con lui. La situazione mi mette a disagio. Troppe fratture incombono sul sentiero che si frappone tra di noi. Non riesco più a guardarlo e ignorare le spiacevoli sensazioni che mi salgono su per l'esofago.
Il tradimento. Le bugie. Nostro figlio.
I suoi occhi azzurri puntano dritto verso di me come se riuscisse a sentire i miei pensieri. Mi chiedo se sia ancora in grado di leggermi dentro. 
«Sai che ho saltato le ultime sedute con Olsen?». Mentre lo dice si lascia cadere sul divanetto alle sue spalle e sfrega una mano sui jeans, rilasciando un sospiro nervoso.
«No, non lo sapevo. Perché l'hai fatto? Hai deciso di boicottare il tuo ritorno in squadra?». Tento di camuffare l'evidente impeto che ho di prenderlo per le spalle e scuoterlo fino a farlo rinsavire. Perché ha perso lucidità, è chiaro, o non avrebbe mai interrotto il suo percorso riabilitativo.
A meno che...
A un certo punto realizzo quello che sta cercando di farmi capire.
«Non dirmi che la mia assenza ai vostri incontri ne è la causa».
Devia lo sguardo dalla mia espressione allibita e posa gli occhi ovunque tranne che su di me.
«No...io...insomma...non lo so. Può darsi» ammette alla fine, incrociando cautamente la mia occhiata contrariata.
«Kyle» lo ammonisco. Non ci credo che si sta comportando ancora una volta da immaturo. Fa i capricci per richiamare la mia attenzione? Pensa davvero che serva questo per avermi ancora nella sua vita?
«Lo so. Lo so che sto sbagliando, Jess» farfuglia scuotendo piano il capo. «È solo che tu sei stata in malattia per quattro giorni, hai rifiutato i miei regali, mi tieni a debita distanza ed io...non posso fare a meno di immaginarti insieme a quello stronzo del tuo avvocato. Non riesco a concentrarmi su nient'altro».
Faccio per parlare ma mi blocca, anticipando la mia risposta.
«Non dirmi che non ti piace, Jessica! È chiaramente il tuo tipo, ne sono consapevole. Carnagione scura, moro, due occhi profondi, alto quanto una montagna, sicuro di sè, totalmente diverso da me. Voglio dire, lo so che non ti sono mai piaciuti i biondi».
Parla come un ragazzino insicuro e non come il narcisista patologico con cui sono stata abituata a scontrarmi.
«Quello che dici non ha senso. Qualsiasi rapporto credi che io possa avere con il mio avvocato non giustifica affatto le tue assenze alle sedute».
Non nego che Hector sia il mio tipo, che mi piaccia più di quanto dia a vedere e che quello che provo per lui sta mutando in qualcosa di profondo. Rivelargli che la mia vita sentimentale ha avuto una svolta, mentre lui è ancora bloccato in questo circolo vizioso che limita la sua guarigione, non farebbe che peggiorare il suo stato mentale.  
«Non puoi arrenderti proprio adesso, Kyle. Mi avevi promesso che avresti lottato».
Lui sospira più forte, come se avessi detto qualcosa di sbagliato.
«E tu avevi promesso che mi avresti sposato e mi saresti stata accanto per sempre, Jess, ma poi ci siamo lasciati e tutte le promesse che sono venute dopo per me hanno perso valore».
Ok, questo fa male. Più per il ricordo che evocano quelle parole che per il pessimismo che le impregna.
«Non attaccarti a motivazioni che non reggono. Si tratta del tuo futuro, della tua salute. Non puoi far ricadere la colpa sulla nostra rottura».
Scuoto la testa.
Assurdo come riesca sempre a farmi sentire in colpa anche quando non sono la causa dei suoi problemi. 
«Hai ragione ma sento che questo mio comportamento autolesionista deriva da qualcosa che si collega alla nostra separazione. Anche la mia psicologa è di questo parere. Per questo vorrei che venissi insieme a me all'incontro che ho con lei più tardi. La dottoressa Miller pensa che fare una seduta insieme possa aiutarmi a capire perché non riesco a concentrarmi sulla mia guarigione. Lei crede che tutto nasca dalla nostra rottura, che ci sono ancora troppe cose irrisolte tra di noi e dovremmo parlarne in un ambiente sano e controllato».
Socchiudo gli occhi e rilascio un respiro pensante. Non ho affatto voglia di farmi psicanalizzare da uno strizzacervelli mentre sono nella stessa stanza con lui.
È vero che ci sono ancora cose irrisolte tra di noi ma vorrei evitare di farle venire a galla davanti alla sua psicologa. Se crollassi durante la seduta tutte le ferite che ho cercato di ricucire alla bene e meglio si riaprirebbero ed io non ho affatto voglia di affrontarle. Preferisco di gran lunga sotterrarle sul fondo della mia anima e fingere che non esistano.
«Jess...».
La voce di Kyle mi richiama supplichevole. «Potrebbe fare bene a entrambi parlarne con un esperto. Sarebbe un modo per chiudere la nostra relazione senza serbare rancore per questioni irrisolte».
Ha ragione ma non posso accettare.
Non voglio mettere a nudo il mio dolore.
Eppure qualcosa dentro di me mi spinge a farlo.
«Va bene. Verrò con te ma solo per una seduta» accetto.
«Quattro»
«Al massimo due» ritratto.
Lui sorride trionfante.
«Grazie. Ci vediamo più tardi. Ti giro l'indirizzo del suo studio in un messaggio».
Mi ritrovo a sospirare tremante.
Ho la sensazione che tutto questo sarà una catastrofe.

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