Capitolo 23 ~ Dimmi cosa vuoi

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Jess

Fuori ha cominciato a piovere. Il rumore dell'acqua che picchietta sui vetri delle finestre si fa via via più costante e furioso. I primi fulmini illuminano di bianco il cielo notturno e i tuoni fanno da eco con il loro boato, facendomi trasalire al rimbombo di ogni colpo che mi risuona nelle orecchie. Mi sforzo di non darlo a vedere anche se le mani hanno cominciato a tremare, vittima di quel trauma ancora vivido nei miei pensieri. Porto con me la tazza di tè e mi rannicchio in un angolino del divano, limitandomi a chiudere forte le palpebre quando un nuovo tuono sopraggiunge.

Hector si siede accanto a me, accertandosi che tra di noi ci sia una distanza tale da evitare qualsiasi contatto accidentale. «Vuoi che metta della musica per distrarti?». La sua voce mi distoglie dell'ennesimo fulmine che si scaglia nel cielo, impedendomi di sussultare ancora.
«Vuoi mettere della musica?» ripeto, disorientata dalla sua insolita proposta.
«È un brutto temporale. Ci vorrà un po' prima che schiarisca. Nel frattempo se vuoi possiamo accendere la tv o ascoltare la musica per deviare la tua attenzione dai tuoni» spiega, facendosi spazio tra le mie paure in punta di piedi. Con quella gentilezza unica che lo rende straordinariamente rispettoso. 
«Conosci qualche canzone per far passare l'ansia post-traumatica?». Mi stringo più forte nelle spalle quando sento il temporale infervorare.    
«Lasciami fare un tentativo». Tira fuori il telefono e dopo qualche istante le note di 'Bad liar' sovrastano il frastuono della pioggia. Non gli dico che gli Imagine Dragons sono il mio gruppo preferito, né che la sua terapia musicale sta avendo gli effetti che sperava. Piuttosto mi limito a osservarlo, chiedendomi se abbia scelto questa canzone di proposito per rivolgermi indirettamente le parole cantate da Dan Reynolds. Perché mentre sprofondo nelle sue iridi nere mi sembra di sentirgliele urlare quelle frasi.

🎶"Guardarmi negli occhi. Dimmi cosa vedi.
Un paradiso perfetto,
uno strappo alle cuciture.
Vorrei poter fuggire.
Non voglio fingere.
Vorrei poterlo cancellare, 
farlo credere al tuo cuore.
Ma sono un pessimo bugiardo.
Ora lo sai, sei libera di andare...
Non posso essere quello che vuoi che io sia".🎶

«Se ti fa stare più tranquilla posso restare finchè non ti addormenti». La sua voce mi ridesta da quell'incantesimo fatto di note e sguardi che mi aveva assorbita.
«Lo faresti? Resteresti qui solo per sapermi più serena e vegliarmi?». C'è un briciolo d'incertezza nella mie parole. Nonostante abbia imparato a conoscere il suo lato premuroso mi rendo conto che una situazione del genere potrebbe rivelarsi troppo intima per un tipo schivo come lui.
«Non sono poi così egoista come credi» si difende.
«A dire il vero non penso che tu lo sia. Mi sono ricreduta in proposito».
«Non sembrava che la pensassi così quattro giorni fa» mi rammenta, rinfacciandomi indirettamente le accuse d'indifferenza e cinismo che gli ho rivolto.
«Quattro giorni fa non ti eri ancora gettato su di me per proteggermi da una raffica di proiettili» appuro rievocando le sue gesta eroiche. «Non definirei un atto del genere egoista, anzi. Avresti potuto farti ammazzare».
«Ci sono modi peggiori di morire». Minimizza con una scrollata di spalle.
«Come fai a mostrarti indifferente persino a una cosa del genere?» chiedo incredula. «Non sappiamo nemmeno chi ha sparato e perché. Quell'uomo potrebbe rifarsi vivo in qualsiasi momento per completare il lavoro che gli è stato affidato e tu non ne sembri affatto preoccupato, mentre io non faccio che sobbalzare al minimo rumore». Non so se il suo mostrarsi costantemente imperturbabile possa rivelarsi utile. Farsi scivolare di dosso le cose con apatia non lo renderà per sempre immune da ciò che lo circonda. Prima o poi ci sarà qualcosa che penetrerà quella barriera e lo costringerà a farci i conti.
«La polizia sta indagando e ha la situazione sotto controllo. Non hai nulla da temere. È molto probabile che l'obbiettivo fossi io, non tu». È mentre realizzo che questa storia non lo spaventa affatto che non posso fare a meno di domandarmi se non ci sia abituato. A fare i conti con la paura di morire, intendo. A scontrarsi con la morte e ridergli in faccia sfrontato con la superbia di non farsi intimorire persino da essa. Magari quei mostri che albergano in lui non sono altro che questo. Frutto di una vita passata nell'oscurità. Figli di una lotta alla sopravvivenza che ha dovuto fare per riemergere da quelle tenebre e salire in superficie. «Anche Cesare sta indagando». Sono certa che suo fratello gli abbia rivelato molti più dettagli di quanti Evelyn ne abbia detti a me.

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