Capitolo 7

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ISABEL


Sto lavorando, o meglio, sto cercando una qualsiasi idea che possa convincere i miei genitori a non vendere la libreria. Ogni giorno vedo entrare agenti immobiliari e possibili acquirenti, ma nessuna di queste persone sembra avere l'intenzione di voler tenere viva l'anima della mia libreria. La maggior parte di loro parla del fatto di cambiare completamente attività e di aprirci un ristorante o qualche altro negozio. La nostra è l'unica libreria della zona e non permetterò mai che le persone si ritrovino senza un posto come questo. Non permetterò mai che gli scaffali pieni di libri siano sostituiti da dei tavolini, o che l'ufficio della nonna diventi una cucina. 

Nessuno toccherà la mia libreria.

Sono giorni che cerco online una qualsiasi cosa, legale e non, che possa convincere i miei a non vendere, almeno fino ai miei diciotto anni, quando diventerà ufficialmente mia.

Da qualche parte ho letto che è obbligatorio rispettare le ultime volontà di una persona che non c'è più e sul testamento la nonna ha lasciato scritto che la libreria non deve essere toccata e che diventerà mia non appena compirò diciotto anni. Sono certa che i miei genitori conoscano questa legge. Quello che non capisco è il motivo per il quale sembrano così tranquilli, come se non considerassero nemmeno quella piccola parte della legge, come se loro fossero superiori e potessero sorvolare su quelle cose.

È entrato l'ennesimo agente immobiliare. I miei mi hanno chiesto di comportarmi bene e di permettergli di osservare la libreria senza disturbarlo.

"Salve" lo saluto non appena passa davanti al bancone.

"Salve, sei tu che ti occupi di questa libreria?" chiede.

"Sì".

"Sono un agente immobiliare. Credo di aver parlato al telefono con i tuoi genitori".

"Probabilmente ha ragione. Quello che mi sfugge, però, è il momento in cui le ho dato il permesso di darmi del tu".

L'uomo si blocca per un istante, come se si fosse aspettato tutto tranne che quello.

In realtà non me ne frega niente. Sono una ragazzina e tutti mi danno del tu, ma non voglio rendergli la vita facile. Voglio farlo scappare a gambe levate e farò assolutamente di tutto. Mi trasformerò nella peggiore delle stronze.

"Mi scusi" dice, guardandomi ancora confuso. "Ehm...i tuoi...voglio dire...i suoi genitori ci sono?" mi chiede imbarazzato.

"No, ma può parlare con me".

"Non credo che sia opportuno. Devo parlare con i proprietari".

"Ce l'ha davanti".

"Sei ancora troppo piccola per essere la proprietaria" precisa, assottigliando lo sguardo.

"E lei mi sta di nuovo dando del tu senza il mio permesso".

Sospira esasperato, come se quel giorno avesse voluto fare di tutto tranne che ritrovarsi a litigare con una ragazzina rompipalle come me. Non posso di certo dargli torto, ma non posso nemmeno permettere che quest'uomo trovi qualcuno a cui vendere la mia libreria.

"Comunque ho parlato con i miei genitori questa mattina e mi avevano avvisata del suo arrivo. Deve solo dare un'occhiata al posto e farsi un'idea. Non mi sembra che questo richieda la presenza dei miei genitori. Non trova, signor...?" inizio a chiedere per farmi dire il suo cognome.

"Lee" risponde.

Porgo la mia mano.

"È un piacere conoscerla, signor Lee. Sono Isabel Martin, ma per lei sono la signorina Martin".

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