Capitolo 8

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TREVOR


La mia vita sta andando bene, davvero bene. Il mio lavoro mi piace e, anche se non guadagno molto, è il minimo per avere cibo tutti i giorni e non dover ancora chiedere aiuto a Isabel. È il mio modo per rimanere onesto. Sono felice di poter mangiare e di non dover chiedere aiuto a Isa, ma sono più felice di dormire sereno, senza avere la coscienza che mi viene a fare visita ogni sera. È la parte più bella dell'avere un vero lavoro.

Questa mattina c'è stata l'ultima lezione, poi sono iniziate le vacanze natalizie. Passerò il Natale in questa palestra, ma mi va bene così. Non voglio niente di più perché, anche se sono solo, ho finalmente un tetto sulla testa, un posto caldo, del cibo e una ragazza che ci tiene veramente a me.

Non ho ancora capito perché Isabel stia facendo tutto questo per me, ma ne sono felice e continuo a sperare che lei non si stanchi mai di me. Anche se ciò che desidero di più è che non capisca chi sono. Non ho idea di come potrebbe reagire. Sono certo che non sia come la sua famiglia, ma dentro di me c'è sempre un po' di paura.

Guardo l'orologio appeso alla parete, sono le sei e mezza di pomeriggio. Oggi Isabel non passerà perché non mi ha mandato nessun messaggio. Le ho detto più di una volta che non è necessario che mi avverta. Alle 17 mi chiudo nella palestra e rimango qui fino alla mattina seguente. Lei dice che non vuole disturbarmi. Non capisco davvero come diavolo faccia a pensare una stronzata come questa. Disturbarmi? Lei? Mai. Quando non ci vediamo mi manca da morire. Quando ho lezione con la sua classe lei è la persona con cui lavoro di più. Le do consigli su come saltare e su come atterrare per non rischiare di farsi male, le do indicazioni su come tenere la mano per schiacciare meglio e dove guardare poco prima di colpire la palla. È la persona che necessita di meno consigli, ma ho detto al prof Peter che se lei migliorasse ancora di più potrebbe avere un futuro come pallavolista, anche se probabilmente quello non è il suo sogno. Non mi importa. Continuerò a farla migliorare solo per poterle stare vicino e poterla toccare.

Vado nello spogliatoio per farmi una doccia. Questa è di sicuro la cosa che mi è mancata di più da quando vivo per strada. La sensazione di pulito, di profumato, senza avere la paura di fare schifo alle persone che mi passano vicino, senza la paura di fare schifo a lei. Isabel non mi ha mai giudicato, nemmeno per l'odore che avevo quando ci siamo conosciuti, ma voglio sempre sembrare perfetto ai suoi occhi, per questo ho anche ricominciato ad allenarmi. Voglio piacerle, voglio essere un punto di riferimento per lei, un luogo sicuro, proprio come lei lo è per me.

Esco dalla doccia e inizio a rivestirmi. Ho comprato dei nuovi indumenti, perché nella scuola se ne accorgerebbero subito se indossassi ogni giorno le stesse cose e non posso rischiare che si insospettiscano.

Indosso un paio di boxer e un paio di pantaloni della tuta e raggiungo uno degli specchi. Mi asciugo velocemente i capelli con un asciugamano, poi sento il mio telefono suonare.

Lo afferro e noto un messaggio da Isabel.


I: Non sei a scuola?

T: Certo che ci sono, perché?

I: Sono qui fuori, mi fai entrare?


Non ho ancora indossato la maglietta e ritorno subito verso la palestra. Voglio vederla subito e voglio passare subito un po' di tempo con lei. Per una frazione di secondo mi sono messo a pensare al fatto che sia venuta più tardi del solito, ma non ci faccio molto caso perché lei è qui per me e potrebbe raggiungermi a qualunque ora.

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