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I diciott'anni di Simone sono delicati per un'infinità di ragioni.
La nuova consapevolezza del più piccolo, la concretizzazione di quel perenne senso di mancanza che l'ha sempre accompagnato, il rinnovato seppur flebile equilibrio col padre, la sua depressione, gli strascichi di quello che continua ad essere chiamato incidente anche se incidente non è stato.
E poi Manuel, il loro rapporto, la mancanza di esso e i nuovi, piccoli ma importantissimi passi presi finalmente nella direzione giusta.
Simone non ha voglia di festeggiare. Non ha voglia di avere tanta gente attorno, in un certo senso vuole godersi il momento dello scattare della mezzanotte in compagnia di tutto ciò che è il suo bagaglio e non forzare una felicità che non sente appartenergli.
Ne ha bisogno.
Ha bisogno di un momento che sia simbolico, che possa onorare in qualche modo, dopo tanto tempo, il ricordo del fratello, sperando di riuscire a salutare almeno una parte della malinconia e del senso di colpa che gli affliggono il cuore.
Manuel non vuole forzarlo, anzi, ha cozzato più volte la testa, metaforicamente, contro i grandi progetti che Dante aveva invece in mente, riuscendo alla fine ad avere la meglio grazie ad un quasi esasperato non le interessa quello di cui ha bisogno Simone?
Che ci sarà tempo per recuperare i compleanni cui è mancato, in futuro, quando Simone stesso starà bene e ne avrà voglia.
Nonostante non voglia forzarlo, però, non vuole neanche che resti solo, che la sola idea lo tormenta in modi inspiegabili e lo stomaco s'annoda.
E si sforza, allora, per trovare un modo che renda la serata il più confortevole possibile per Simone e che vada incontro alla sua mancanza di fondi.
Passa quindi i giorni precedenti il compleanno del più piccolo a sistemare la casetta nel giardino della villa, nei momenti più disparati, rischiando più volte anche di farsi beccare.
Coperte, cuscini, lucine di natale. Non è bellissima, ma è confortevole, e Manuel s'è premurato di portarsi dietro quante più coperte possibile, che a marzo fa fresco già di suo, ma Simone è terribilmente freddoloso.
La sera del compleanno si presenta in villa, e alle proteste di Simone sul non essere vestito risponde prontamente che "puoi stare pure in calzini, non ti servono le scarpe".
E Simone è titubante, e ha due occhiaie da spavento che fanno risaltare gli occhi rossi, ma il viso gli si illumina lo stesso una volta varcata la soglia della casetta.
"È per me?" chiede, come se potesse essere per qualcun'altro tutto quello, Manuel, quell'impegno, tutta la sua premuta. E Manuel non ha voce e si limita ad annuire, prendendogli la mano.
"Perché?" "Perché ci sono, non ti lascio più solo".
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Il tempo pare dissolversi, le ore scivolano via, che s'è fatta notte tarda tra lacrime e sospiri.
Simone è tanto esausto, che ha pianto così tanto, che a stento riesce ad essere lucido abbastanza per farsi guidare dalle braccia di Manuel per stendersi tra i cuscini.
E gli è così tanto grato, e un peso enorme gli ha liberato finalmente il petto.
Fa un po' fatica a respirare, e le lucine sulle loro teste sembrano tante piccole stelle ai suoi occhi sfocati dal pianto.
"Sembra che si vede il cielo" mormora piano, la voce roca, stretto in quante più coperte possibile. Non fosse tantonstanco alzerebbe un braccio per cercare di sfiorarle.
Manuel gli accarezza piano la fronte, una morsa di tenerezza a stringergli la gola, poi s'allunga a prendere una bottiglietta d'acqua, "bevi un po'? Ti aiuto io".
Non ci sono candeline, né dolci o desideri. Però Simone s'addormenta accoccolato a Manuel, le sue mani tra i capelli e un piccolo sorriso ad increspargli le labbra.
Manuel, invece, s'impegna a vincere il sonno, ché Simone non gli appariva così sereno da tanto e vuole imprimersi ogni dettaglio nella mente, imparare a memoria com'è fatta la serenità quando posa sul suo volto, così d'accorgersi d'ogni minimo cambio e porvi immediatamente rimendio.
Eppure quel calore è tanto invitante, le coperte e Simone stesso tanto soffici, che alla fine cede e s'addormenta che ancora l'accarezza.
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Sono ancora stretti arrivato mattino. Manuel è il primo ad aprire gli occhi.
È freddo fuori, il cielo è grigio, e una leggera pioggia suona sulle foglie e sulle tegole del tetto.
L'aria profuma di nuovo e petricore, ma soprattutto profuma di Simone, che pare scomparire per quanto s'è rannicchiato su sé stesso.
E gesti tanto dolci non gli sono mai appartenuti, così nuovi che Manuel stesso se ne sorprende, ma è naturale sporgersi su di lui e coprirlo ancora meglio.
Il piccolo allora un poco si stiracchia, apre uno dei suoi occhioni e borbotta infastidito, "devo alzarmi?" che proprio non ne ha voglia, e Manuel è rapido nel placarlo con carezze delicate fra i ricciolini scuri, la testa accomodata sul suo stomaco.
"È presto, puoi dormire ancora un po'".
Sono 3 cc in uno perché io no more fantasia sorry.