⁴⁶. 𝘛𝘦𝘳𝘳𝘢 𝘣𝘳𝘶𝘤𝘪𝘢𝘵𝘢

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Il suono del segnale di rete continuava a riverberarsi ritmicamente, senza sfociare in alcuna risposta. Era la quinta volta che provava a contattare Viktor, quel pomeriggio. Saryu sospirò sconfortata, prima di staccare la telefonata, strisciando nervosamente il proprio dito sulla ID. Dannazione.

Si guardò attorno, socchiudendo gli occhi per proteggerli dalla luce. Era all'interno del proprio ufficio, e ormai era da poco passata l'ora di pranzo. Quando Eddie le aveva spiegato come avesse fatto a capire che ore fossero, aveva dovuto trattenere la sua sorpresa. Hermes aveva accennato nei suoi report a quanto fosse intelligente. Non ci metterà molto a capire che Iris lo userà e poi lo ucciderà. Non fece in tempo a formulare quell'idea, che sentì il cuore contrarsi in uno spasmo.

Nei brevi secondi passati a comunicargli il proprio messaggio in codice morse, Saryu aveva provato una matassa di sensazioni inestricabili. Timore, ansia, nervosismo, ma anche frenesia, decisione, speranza. Una volta consegnato Eddie al suo collega Xander, che avrebbe dovuto assisterlo per lavarsi, era corsa nel proprio ufficio, per lasciar sfogare i tremori che le stavano sconquassando il corpo.

Non ti hanno vista. Non ci sono telecamere lì, lo sai. Sai tutto di questo posto. Aveva continuato a ripetersi quelle parole come una cantilena, attendendo che le passasse l'effetto dell'adrenalina. Con quel messaggio in codice morse, aveva per la prima volta trasposto su un piano concreto quelli che sino a quel momento erano stati semplici dubbi e ipotesi di tradimento. Ti uccideranno. Quel pensiero, nonostante la sua determinazione, non era riuscito ad abbandonarla.

Era sicura sia che Eddie conoscesse il codice morse, sia che avesse compreso al volo il messaggio. Lo aveva capito dallo sguardo sconcertato che le aveva rivolto, aprendo gli occhi di soprassalto, incurante di poter perdere l'equilibrio. Lei sapeva di non avere ancora nulla in mano per aiutarlo fattualmente, ma vederlo in quello stato, dopo aver pianto tutta la notte, l'aveva comunque convinta a correre quel rischio.

Tutta la sua vita è stata strappata via come un cerotto. Doveva mettersi in gioco, almeno per fargli capire che ci fosse davvero qualcuno dalla sua parte. Ora devi dimostrarglielo. Dirsi quelle parole fu inaspettatamente liberatorio; sentì gli anni di immobilismo caderle di dosso tutti in una volta, come uno strato di pelle morta. Nonostante percepisse la propria carne indifesa, sapeva che solo esponendosi in quel modo avrebbe potuto costruirsi una nuova scorza impenetrabile. Lo aiuterai. Se solo Viktor rispondesse.

L'ologramma della chiamata in corso le fluttuava di fronte al viso, incastonandosi nei suoi lineamenti. All'ennesimo squillo a vuoto, Saryu sentì un lieve rumore di fondo, e infine la cornetta sollevarsi dall'altro lato.

- Chi parla? - chiese una voce maschile, impastata dal sonno.

Lei strinse la carta ID in mano, sentendo i bordi scavarle la pelle. - Vik, finalmente! Che fine avevi fatto?

L'uomo stette in silenzio, cercando di ricollegarsi alla realtà. - Ciao, Ryu. Ma che ore sono?

- Sono le tre del pomeriggio. Stavi dormendo?

Sentì Viktor risponderle con una punta di stizza nella voce, senza curarsi di celarla. - Sì, certo. Ne avevo bisogno. Oggi è stata una giornata di merda, e suppongo tu ne sappia qualcosa.

Saryu percepì il pavimento mancarle da sotto i piedi. - Non è stata una mia idea, Vik. Non avrei mai avallato una cosa del genere.

- Già, certo - disse l'uomo, sospirando. - Eppure sei stata tu a trascinarmi in questa storia. Ho accettato di prendere quel denaro e di seguire le indicazioni della famosa dottoressa Svart solo perché tu hai fatto da mediatrice. Hai lasciato che io mentissi a quell'uomo.

Nell'ombra di AntaresDove le storie prendono vita. Scoprilo ora