⁵². 𝘓𝘶𝘱𝘰 𝘴𝘰𝘭𝘪𝘵𝘢𝘳𝘪𝘰

81 12 137
                                    

"Allora, qual è?" aveva chiesto all'uomo, muovendo l'indice verso la superficie lontana del campo da calcio, quasi come disegnandola.

"Quello biondo con la maglia azzurra. Ti ho già detto di non indicarlo."

La voce di Jonas era piuttosto infastidita. Effettivamente, Hermes lo aveva udito ripetergli più volte di non dare troppo nell'occhio. Di solito sapeva essere molto furtivo e silenzioso, eppure quel giorno non era riuscito a trattenere l'adrenalina che gli esalava dalla pelle, assieme a un altro groviglio di sentimenti discordanti.

Edin Mazur. Finalmente era riuscito a vederlo. Non ricordava neanche per quanti maledettissimi anni aveva sentito quel nome. Edin Mazur. Pronunciato da sua madre, da Jonas, da Saryu, da Yae. Era stato così quando lo avevano perso per dodici anni, e lo era stato anche in seguito al suo recente ritrovamento. Hermes aveva udito parlare di quel ragazzino sino alla nausea. Di quanto fosse speciale, fondamentale, del suo futuro come "padre" della nuova umanità assieme a Eve. Un prescelto.

Per molto tempo lo aveva immaginato come un essere soprannaturale, e quando Jonas lo aveva portato a spiarlo per la prima volta, stremato dalla sua insistenza, gli era sembrato invece perfettamente normale. Un dodicenne dai capelli arruffati, legati in un codino sbilenco. Lo aveva visto giocare a calcio con gli altri LaBo, inzaccherandosi di fango ed elargendo sorrisi e sguardi di sfida, spavaldo come solo i preadolescenti sapevano essere. Hermes lo aveva fissato da sopra gli spalti, stringendo gli occhi in due fessure. Povero idiota. Non sai niente di niente.

"Quindi lui non se ne può accorgere?" aveva domandato a Jonas, premurandosi di abbassare la voce, nonostante sui gradoni accanto a lui ci fossero pochissime persone.

Jonas aveva sospirato, aggiustandosi gli occhiali da Sole sul naso. "Come potrebbe farlo? Ragiona."

Hermes non aveva raccolto del tutto quella risposta, distratto dal nervosismo dell'uomo, che aveva continuato a lanciare occhiate furtive attorno a sé. In effetti, aveva visto Jonas fuori dal Laboratorio solo in pochissime occasioni, sempre teso e bardato di tutto punto.

Di solito era Saryu quella incaricata di accompagnarlo all'esterno, almeno sin quando non sarebbe diventato maggiorenne, a tredici anni. Hermes aveva scoccato un'ultima occhiata dubbiosa verso l'uomo, tornando poi a posare lo sguardo sul campo e su Edin.

I muscoli delle sue braccia gli erano sembrati guizzare di vita propria, e i suoi polpacci si erano appuntiti feroci, calciando via la palla. Aveva visto il suo corpo contorcersi in movimenti fluidi, slanciandosi per segnare in porta. Edin aveva esultato felice assieme a un paio di compagni, bagnandosi i capelli sotto il getto d'acqua della propria borraccia, a bordo campo. In quel momento, suo malgrado, Hermes non aveva potuto far altro che constatare quanto fosse bello. Bello e in gabbia, come un fiore sotto una campana di vetro.

Certo che non può accorgersene. Jonas aveva ragione. Quel ragazzino non avrebbe mai potuto realizzare di essere fertile. Se anche fosse finito tra le braccia di una ragazza, sarebbe stata una ragazza sterile. Quel pensiero lo aveva fatto sentire estremamente a disagio, ed Hermes aveva finito per scacciarlo velocemente come lo aveva intrapreso.

Pensare ai corpi lo metteva sempre in imbarazzo. Di norma non si sarebbe arrischiato ad avvicinarsi a tutti quei ragazzini, ma quello era un giorno particolare. Non si recava presso quel campo da qualche mese, da quando i LaBo dell'Accademia di Reinario avevano dovuto giocare una partita contro una delle squadre della capitale. Quella volta aveva pensato che lo avrebbe visto, salvo poi scoprire che Edin era stato inserito in una lega superiore alla sua. Le solite divisioni volte a creare una "sana competizione" tra i Last Borns. Era stata quella la volta in cui, a metà partita, Hermes si era dovuto ritirare a causa di un attacco di panico.

Nell'ombra di AntaresDove le storie prendono vita. Scoprilo ora