4 - Only Angel.

96 25 0
                                    






You're the closest to heaven that I'll ever be
And I don't wanna go home right now.
-Iris, Goo Goo Dolls.



-Iris, Goo Goo Dolls

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.





🌑







     Forse stavo sognando a occhi aperti.
O forse quei due tiri di joint fatti meno di dieci minuti fa stavano facendo un effetto esagerato, rendendo la mia visuale un sogno totale.
     Elizabeth era un sogno.
     Improvvisamente non mi pentii di essere venuto. Sapevo che Shawn avesse un'altra sorella oltre alla piccola Gwen, che facendo parte della comitiva vedevo regolarmente, Elizabeth però... non l'avevo mai incrociata prima.
     In quel momento era tutto completamente diverso. Io mi sentivo completamente diverso.
     I suoi capelli biondissimi, già chiari dalla radice e quasi bianchi al-le punte, ricadevano dietro le spalle strette fino alla vita. I suoi occhi verdi, come brillanti smeraldi trasparenti, osservavano freddamente la sala. Ed erano spenti e tremanti.
    Non ne ero sicuro, ma questo posto non sembrava esattamente il suo ambiente ideale. Mi sentii in colpa, perché avevo capito benissimo il motivo per cui Shawn e Gwen l'avevano portata qui. E con lei anche me.
     Mi domandai, a un certo punto, se non l'avessero costretta. Un comportamento molto da Shawn: con me lo faceva quasi sempre.
    Tornando a Elizabeth, osservai il viso con la forma a cuore, il naso leggermente all'insù con un cerchietto sulla narice destra, le labbra piene ad arco di cupido...
     Si, stavo decisamente sognando e non volevo svegliarmi.
     «Ho... ho qualcosa in faccia?»
Tornai di colpo alla realtà.
     La voce bassa e il tono incerto con cui aveva parlato mi ricordarono che la stavo fissando da quando mi ero seduto su questo divano.
     Ero un coglione ipergalattico. L'avevo messa a disagio di sicuro.
     «No, non hai niente» risposi con tutta la delicatezza che trovai.
Invece quello che uscì fu un sussurro.
     Ero rimasto imbambolato, e nonostante gli sforzi che impiegai per poter distogliere lo sguardo, i miei occhi restarono incollati su di lei. Per peggiorare la situazione, quando mi sorrise ulteriormente imbarazzata, sorrisi a mia volta. E mi immaginai con la faccia di un ragazzino delle medie che era alle prese con la sua prima cotta.
     Dovetti infilare le mani sotto le cosce per non prendermi a schiaffi da solo proprio qui. Davanti a lei.
    «Dove sono andati gli altri?» domandai, quando finalmente riuscii a distogliere lo sguardo da quella triste bellezza.
Il suo viso angelico era carico di tristezza.
     Provai a farmi un'idea di Elizabeth.
Senza conoscerla, soltanto dall'esterno. Mi domandai cosa le passasse per la testa in quel momento, cosa nascondessero quei suoi occhi verdi e cupi, e... cazzo.
    Cosa aveva passato, questa ragazza, per avere tutti quei tagli sulle cosce?
     Un forte senso di nausea mi investì.
     «Non lo so, sinceramente» rispose.
Dopo neanche pochi secondi intravidi suo fratello annuire.
     Scossi la testa e strinsi le labbra.
Non avevo nessuna intenzione di mettere in mezzo alla mia situazione anche lei. Lei doveva restarne fuori: la sua immagine diceva troppo, raccontava quanto stress si portasse dietro, quante sofferenze e, soprattutto, quanto dolore stava ancora sopportando.
     Perciò era fuori discussione.
    Tutti tornarono magicamente a sedere, ora che io ed Elizabeth ci eravamo trovati. Tutto questo era solo un pretesto per farci incontrare. E chissà cos'altro stavano architettando alle nostre spalle.
Non volevo saperlo, mi convinsi.
     «Beth, un'altra canzone?» Mike urlò da dietro il Mac.
Lo raggiunse senza guardare nessuno, neanche suo fratello.
     Mi morsi il labbro per nascondere un sorriso quando, al primo accordo, riconobbi Iris dei Goo Goo Dolls. Probabilmente Elizabeth divorava musica allo stesso modo in cui lei veniva divorata dalla tri- stezza.
     «Hawke?» Gwen mi picchiettò l'indice sulla spalla.
Mi voltai verso di lei.
    «Vieni con me? Ho una canzone da mettere, ma quel ragazzo là in fondo mi sta fissando e non voglio andare da sola» inclinò la testa.
Seguii quella direzione fino al punto in cui un ragazzo dai capelli castani osservava Gwen in un modo che non piaceva neanche a me.
     Mi alzai e la coprii con il mio corpo per nasconderla. In quel momento mi accorsi che Gwen si fidava ciecamente di me, e io mi sentii infinitamente grato per questo.
     Gli sguardi non cessarono e, un sottile fiotto di rabbia, fece formicolare la punta di tutte e dieci le mie dita. Non mi trattenni affatto, visto che le cose stavano così.
     «Ehi» mi rivolsi a quel tipo, alzando l'indice, «sparisci, se non vuoi ritrovarti con il naso spaccato» raddrizzò la schiena, e sollevò le ma-
ni in aria.
     «Grazie» sussurrò Gwen, e le diedi una pacca sulla testa.
Mi fermai a qualche metro da Elizabeth, per non invadere i suoi spazi.
    Mike se ne stava inginocchiato su alcuni cavi, e dava varie indicazioni alla ragazza bionda che eseguiva passo passo al pc.
     «Posso mettere una canzone anche io?» si fece avanti Gwen.
Mike annuì, dicendole che non doveva neanche chiederlo.
     Mentre mi guardavo attorno, pensando che quest'atmosfera tranquilla fosse proprio quello che mi serviva per distrarmi, Elizabeth si fece da parte e nascose le mani dietro la schiena.
     «Gwen si fida di te,» il mormorio di quella voce dolce attirò la mia attenzione, e mi voltai per guardarla «ne sono sicura.»
    «Si, l'ho notato...» finii in un sorso il drink che avevo in mano da mezz'ora e che avevo completamente dimenticato. «Non mi piace la violenza.»
Ed era vero.
     Ogni forma, emotiva o fisica, mi faceva ribrezzo. Ammettevo di aver picchiato ragazzi in passato e che, se si ripresentasse occasione per un valido motivo, non mi tirerei mai indietro. Ma sulle donne... era quella la violenza che più non tolleravo.
     Elizabeth non aggiunse altro, però mi sorrise compiaciuta. Immaginavo che per ognuna di loro, essere a conoscenza di avere un ragazzo di cui fidarsi, potesse rassicurarle. Ma lo sapevo anche io, che molti maschi erano ancora rimasti nel medioevo ed erano convinti di avere il pieno controllo sulle donne. Mi vennero i brividi solo al pensiero.
     «Questa è la mia canzone preferita» sentii dire da Gwen.
Non riuscivo a riconoscerla, ma lessi il titolo dalla home di Spotify: Dazed & Confused di Ruel.
     «Ne è ossessionata» mormorò Elizabeth, più a me che a stessa.
C'ero solo io nel raggio di un metro ad ascoltarla.
     Sorrisi divertito, incrociando il suo sguardo.
Il suo sorriso già piccolo, svanì nel giro di un microsecondo quando, voltandomi, notai anche io lo sguardo perverso del ragazzo di prima. Feci un respiro profondo, cercando di non far affiorare quella rabbia che non ero mai stato capace di gestire, e tornai a dare le spalle allo stronzo, coprendogli la visuale su Elizabeth.
     «Stai bene?» sussurrai, mettendo le braccia conserte.
     «Si, credo di sì» bisbigliò stringendo le spalle.
Voltai la testa quanto bastava e lo vidi cercare un punto del mio corpo che non copriva quello più esile di Elizabeth.
     A quel punto scattai.
Mi avvicinai al tizio senza curarmi degli occhi che mi cadevano addosso e lo afferrai per la camicia, tirandolo in piedi. Mi avvicinai al suo viso cosicché solo lui potesse sentirmi.
    «Smettila di guardare le ragazze come se fossero degli oggetti, mi hai capito?»
     «Altrimenti?» ribatté con sicurezza.
Gli sorrisi, spingendolo fino all'ingresso.
     Non era tanto più alto di me, mi arrivava a malapena al naso. Il suo fisico era meno massiccio del mio: lo avrei atterrato senza tanto sforzo. Colpii a sorpresa, con una ginocchiata tra le gambe tanto forte che sentii dolore al posto suo, ma ignorando quel piccolo dettaglio, lo lasciai sulle scalette del portico. Una volta dentro, feci un respiro profondo per calmarmi, e tornai dove c'era Elizabeth.
     «Dimmi che non lo hai picchiato» mi supplicò Mike.
    «Mi sono anche contenuto...» alzai le spalle, toccando i tasti della tastiera del Mac, in cerca di una canzone che mi avrebbe rilassato i nervi.
     «Hawke...»
    «Ehi, se lo meritava okay?» gli puntai il dito contro. «Non mi piacciono quelli come lui. E tu dovresti stare attento a quali persone fai entrare in casa tua.»
     «Si, hai ragione,» inclinò la testa, scusandosi poi con le due ragazze che erano rimaste in silenzio per tutto il tempo.
Avendole davanti entrambe, notai erano proprio due gocce d'acqua.
    Le uniche caratteristiche che le differenziavano, erano i tratti più tondi di Gwen e i capelli di colori opposti.
     Elizabeth doveva aver preso da Kelly molto di più dei due fratelli. A pensarci l'unica a somigliare in tutto e per tutto alla mamma, tra i tre, era proprio lei.
    Selezionai una canzone a caso: mi ero stancato di cercare qualcosa alla mia portata. O meglio, alla portata della mia rabbia incontenibile. Almeno non avevo riempito di pugni quel ragazzo com'era solito succedere in situazioni simili.
     Quella sera qualcosa dentro di me era cambiato.Mi ero controllato, e quella parte che sentivo diversa dal solito impediva alla parte razionale di comprendere il motivo di quell'improvviso cambiamento.
     Mi voltai, infilando le mani nelle tasche dei jeans.
    «Adesso nessun altro ti guarderà in quel modo» rassicurai la biondina, che era ancora un po' a disagio.
Fece un cenno con la testa, che presi come un ringraziamento.
    Mi allontanai, prendendo posto accanto a Shawn, che aveva visto la scena senza muovere un muscolo. Probabilmente, riflettei, mi stava mettendo alla prova, oppure tutto questo era solo nella mia testa e io mi stavo ridicolizzando davanti a tutti.
    «Carina, eh?» Shawn mi colpì il braccio con una gomitata, che gli tornò indietro, ma sulle costole.
     «Smettila,» gli intimai, sforzandomi di non riportare lo sguardo su Elizabeth.
A quanto pareva, aveva deciso di restare con Mike per poter scegliere la canzone successiva.
     «Senti, amico,» sbuffai, abbassando le spalle.
Mi buttai contro il divano senza la minima delicatezza.
   «Non ho nessuna intenzione di ripetere quello che ti ho già detto milioni di volte» mi assicurò, ma non gli credetti «voglio solo dirti, nel caso in cui cambiassi idea, di avere pazienza con lei.»
     «Cosa intendi?» domandai, improvvisamente incuriosito.
Mi fece cenno di seguirlo e ci alzammo per allontanarci.
     Shawn puntellò il gomito sul legno della ringhiera. Lo guardai, in attesa che esponesse le sue paure riguardo alla sorella minore.
    «Elizabeth ne ha passate di tutti i colori, dagli insulti alle mani. È stata usata, tradita e una miriade di altre cose di cui ancora non riesco a realizzare le sia capitato davvero» fece una pausa, passandosi una mano tra i capelli mossi. «Nonostante ciò, nei modi sbagliati e anonimi con cui ha cercato di andare avanti, lei è qui. Non sta bene, ed è evidente: ha attacchi di panico, rischia di andare sottopeso ogni giorno che passa, si taglia spesso e vuole costantemente stare sola, ma sopravvive. E io sono immensamente grato per questo.»
Non mi accorsi di aver chiuso gli occhi, finché non mi ritrovai a doverli riaprire.
     «Ha... affrontato tutto da sola?»
Iniziai immediatamente a sentirmi fortunatissimo: lei non lo era stata molto.
     «Si, anche se ci siamo offerti più volte di aiutarla. Ovviamente non voleva e non vuole ancora adesso "addossarci" i suoi tormenti» strinse i pugni.
Si prese una pausa, e io presi in considerazione le parole che disse.
   «Vorrei... vorrei soltanto vederla tranquilla. Felice, se non chiedo troppo. Perciò, Hawke, se cambierai idea e ti verrà voglia di entrare nella vita di mia sorella, sii paziente e non ferirla.»
Mi fermai a riflettere, prima di dire qualsiasi cosa.
     Era lì, dopo tutto quello che Shawn mi aveva elencato. Ma lei era ancora lì, da sola, e forse lo era sempre stata nonostante la presenza dei fratelli. Intuivo, inoltre, che quella fosse solo una parte del suo passato a quanto pare tormentato.
     Ma forse la presenza non bastava.
Forse aveva bisogno di un aiuto dall'interno. Forse aspettava qualcuno che le entrasse dentro e che annullasse ogni tormento, che facesse sparire ogni mostro che giocava con lei e le lacerava l'anima, che frantumasse gli incubi e polverizzasse il ricordo degli insulti e delle mani che l'avevano toccata con violenza.
    Stavo per avere un conato di vomito, al solo pensiero di una violenza fisica di quel tipo, ma mi trattenni e lo scacciai via insieme alla nausea.
     «Shawn...»
   «Lo so, Hawke, lo so bene» si staccò dal corrimano «anche lei non vuole aiutare te per la lista infinita di paure e sofferenze che ha. Sai... è proprio questa la cosa che vi accomuna: avete sofferto entrambi, ed è proprio quel dolore che potrebbe legarvi.»

     Quella notte, maledetto Shawn, non chiusi occhio.

Grunge, karma, angel. (In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora