Ventiquattro - Insopportabile.

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Hawke.
Tre Novembre - 18:37.



   Era insopportabile non sapere.
Volevo sapere perché, da Halloween, Elizabeth non si era più fatta viva. Volevo sapere cosa le passasse per la testa, cosa i suoi occhietti verdi avevano visto in passato, ma ero consapevole che non potevo costringerla a parlarmene, dovevo essere paziente.
Non stavo cercando una relazione seria o una cotta, ma... Elizabeth aveva stravolto tutto, era arrivata nel momento in cui mi serviva una distrazione. Forse... forse mi faceva bene pensare a lei.

Stavo camminando senza meta, quando mi ritrovai a passare davanti un fioraio. Perciò pensai: perché no? Magari le strapperò un sorriso. Entrai, e comprai un mazzo di margherite. Non sapevo perché, ma l'istinto mi diceva così. Erano di un bianco pulito e brillante, avvolte in carta verde pastello.
Camminai fino a casa O'Conner, una ventina di minuti scarsi a piedi. Gwen doveva essere ancora a scuola e Shawn in accademia. Suonai il campanello e non mi restò altro da fare che attendere. Ad aprirmi, come quasi mi aspettavo, venne Kelly, che mi sorrise come faceva sempre: in modo affettuoso, solare. Due parole che la descrivevano alla perfezione.
«Ciao, tesoro. Shawn non c'è, ti consiglio di tornare più tardi» mi informò, mentre mi faceva ugualmente segno di entrare.
Mi avrebbe sicuramente offerto un caffè o il succo alla mela che, ne era a conoscenza, mi piaceva da morire.
«In realtà... non sono qui per Shawn, e neanche per Gwen» mi guardai attorno nel corridoio blu dell'ingresso, in totale imbarazzo.
Kelly socchiuse gli occhi, confusa.
«Sono qui per Elizabeth» conclusi.
Comprendere quelle parole, notai, le risultava complicato, ed io capii che non si aspettava che qualcuno venisse qui per lei.
Mi venne una fitta al cuore solo cercando di comprendere quanto potesse essere disarmante per un genitore sapere che, la propria figlia, non aveva nessuno che veniva a farle visita.
«Posso andare da lei?» Domandai impaziente.
Mi stavano sudando le mani e non volevo che i fiori si rovinassero.
«Oh, si! Assolutamente sì,» mi guidò attraverso il corridoio.
Sapevo la strada, ma forse voleva assicurarsi che Elizabeth stesse bene.
«Betty, c'è qualcuno per te» bussò piano alla porta.
Elizabeth aprì subito.
«Sono in cucina, se vi serve qualcosa» e in meno di un secondo, Kelly sparì.
Mi morsi l'interno della guancia, voltandomi a osservare la ragazza bionda a qualche passo da me.
«Entra» si fece da parte, per lasciarmi passare e chiudere la porta.
Mi incartai quando, con quei suoi occhi verdi, mi osservò curiosa.
«Ecco... ho pensato che... insomma, potessero piacerti» le porsi le margherite strette nel nastrino bianco.
La sua faccia era impagabile: non avevo mai visto nessuno così sorpreso prima di allora.
«Per me?» La sua voce era bassissima.
«Certo» allungai il braccio, invitandola a prenderli.
Tenne i fiori con entrambe le mani davanti a sé, così da osservarle meglio.
«Sono... davvero bellissime» mormorò senza staccare lo sguardo dai petali candidi. «Grazie, Hawke.»
La sua voce, carica di sorpresa e tenerezza, stava per farmi sciogliere il cuore nella gabbia toracica.
«Di niente, Beth» affondai l'indice nella sua guancia. «Non sapevo se...»
«Sono perfette» esitò solo un attimo, prima di avvicinarsi.
Esitò perché, prima di abbracciarmi, voleva posare le margherite per non schiacciarle.
Mi avvolse le costole, e coprire le spalle strette di Elizabeth, con le mie braccia muscolose e ampie, mi faceva sentire estremamente bene. In quel momento era scomparso tutto: mio padre e la lettera, mio padre e il carcere, mio padre e tutto ciò che causava.
«Io... non so come ringraziarti, adesso» si era staccata abbastanza da poter poggiare il mento sulla mia spalla per guardarmi.
«Non devi farlo, mi basta sapere che hai apprezzato il gesto.»
«Oh, certo che l'ho apprezzato. Sei il primo in assoluto che mi regala dei fiori, non lo aveva mai fatto neppure Shawn» strinse la mia felpa nei pugni, mentre pronunciava quelle parole.
«Ne andrò fiero, allora» sorrisi. «Ma, pensandoci, c'è un modo per ringraziarmi...»
Le sopracciglia chiare si alzarono, un po' per curiosità, un po' per timore.
Sporsi un lato del viso verso di lei, e mi toccai la guancia con la punta dell'indice. Tentò, inutilmente, di nascondere un sorriso, prima di alzarsi sulle punte e posare le labbra contro la mia guancia. Sorrisi soddisfatto e sul punto di sciogliermi del tutto.
«Dov'è la gattina?» Le domandai guardandomi attorno.
«Dorme sotto il letto» alzai le mani, segno che avrei lasciato Chanel a dormire.
«Che facciamo?» Sbuffò, guardandosi attorno.
Feci lo stesso anche io: la prima volta qui dentro non avevo avuto tempo di osservare Elizabeth da un'altra prospettiva.
La sua stanza aveva le pareti nere, una soltanto verde scuro; il letto da una piazza e mezza era posto in un angolo, di fronte la porta, avvolto da un piumone verde smeraldo. Appese sui muri c'erano delle tende nere che coprivano buona parte del soffitto. La scrivania era accanto il letto, quasi del tutto appiccicata. Sulla destra, c'era una libreria che aveva vita propria: gli scaffali erano posizionati in modo studiato, così da non lasciare nessuno spazio della parete libera e sfruttare ogni centimetro. Inoltre, la libreria nera centrale era incassata nel muro. Una vetrata prendeva metà della terza parete e anche un po' del soffitto cascante, tutta completamente trasparente e con un divano pieno di cuscini posto sotto l'enorme finestra. Ad occupare la metà del posto a sedere, c'era il peluche che avevo vinto e regalato a Beth la sera del nostro appuntamento. Stavo sorridendo, e non me ne ero neanche accorto.
Per ultimo, la mia parte preferita della stanza: la sezione musica. L'armadio aperto era posto al centro dell'ultima parete, e l'ultimo angolo libero della stanza era riservato ad alcuni scaffali. Ce n'era uno pieno di vinili, un altro per i cd e le cassette; tutto ordinato per colore. A qualche centimetro di distanza da tutto questo spettacolo, c'era una mensola con uno stereo per cassette e cd, e un giradischi con le casse.
«Davvero meravigliosa» mormorai affascinato, facendola sorridere.
Era quasi buio fuori, e di uscire non mi andava, forse neanche a Elizabeth.
Mi avvicinai all'angolo musica, ricevendo l'approvazione di mettere su qualcosa. Scelsi un vinile con la copertina nera, che conoscevo a memoria e che avevo ascoltato fino allo sfinimento. Apocalypse dei Cigarettes After Sex partì non appena Beth si distese sul letto, invitandomi a fare lo stesso.
Mi accomodai sul fianco sinistro, rivolto verso di lei che era allungata sulla schiena. Sentii una scarica di brividi quando i miei occhi azzurri incrociarono i suoi verdi, il cuore mi stava battendo all'impazzata. Elizabeth sollevò un angolo delle labbra, facendo distendere le lentiggini a seconda del gesto. Non riuscii a ricambiare, ero incantato.

Grunge, karma, angel. (In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora