Quaranta - A Qualcosa Di Meglio.

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Hawke.
Trentuno Dicembre - 23:49.



Mancavano poco più di dieci minuti alla mezzanotte, al nuovo anno. Avrei voluto dire qualcosa a Beth, qualcosa di incoraggiante e che la facesse sentire al sicuro. Non volevo farle promesse che non ero sicuro di poter mantenere, nessun "ti amo" o cose del genere, perché era troppo presto per quel genere di cose.
   «Ci siete tutti?» Urlò Ashlyn per sovrastare il rumoroso chiacchiericcio nel salone.
   «Manca Shawn!»
   «Dov'è finito quel piccolo bastardo? È sempre in ritardo quando si tratta di qualcosa di importante!»
   «Eccolo, eccolo! State calmi, l'ho trovato» affermò Dylan, portandosi dietro Shawn mezzo addormentato.
   «Non si può neanche dormire in pace in questa casa!» Sbuffò lui.

   Io e Beth strappammo una bottiglia per riempire i bicchieri per tutti, mettendone una quantità ristretta solo per fare il brindisi. Da lì sarebbe partita la gara a chi si ubriacava per primo. Posammo una sfilza di bicchieri sul tavolo, e due minuti prima della mezzanotte erano già nelle mani di tutti. Mi misi al fianco di Elizabeth, avvolgendole la vita con un braccio. Le posai un bacio sulla tempia quando gli altri — come si era stabilito anni prima — iniziarono a fare il conto alla rovescia da quindici.
   «...dieci, nove, otto, sette, sei.»
Abbassai lo sguardo su Beth, sorridendole con una calma nel cuore che non avevo mai assaporato prima.
   «Cinque, quattro...»
   «Non ti lascerò mai sola, lo sai?» Annuì, avvicinandosi ancora un po' a me.
   «Tre, due, uno...»
Alzai il bicchiere come fecero i nostri amici.
   Il mio primo pensiero, al contrario, fu quello di baciare la biondina, invece che urlare gli auguri. Non mi accorsi neanche di star rovesciando lo champagne, per quanto ero preso dal momento. Beth rise sulle mie labbra, facendomi sciogliere in pochi secondi.
   «A qualcosa di meglio, per te» sussurrò lei, facendosi sentire solo da me.
   «A qualcosa di meglio per te, angioletto.»

   Il panico, nel giro di un'ora, lo avevano creato Timothy e Stella. Erano stesi a terra, con più alcol in corpo che sangue. A ruota li seguivano Dylan e Ashlyn, e la nostra fortuna era che avevano gli occhi aperti ed erano abbastanza lucidi. Prevedevo che io e Beth, con solo due bicchieri di champagne e due di gin tonic nello stomaco, avremmo dovuto reggere la testa a chi avrebbe vomitato fino allo sfinimento. A cercare di farli smettere di bere c'erano Tanya e Roy — che avrebbe tranquillamente potuto maltrattare sua sorella per aver bevuto così tanto. Decidemmo che sarebbe stato meglio raccogliere le bottiglie di alcolici che erano ancora piene e nasconderle in una delle nostre stanze. E da quel momento capirono di aver esagerato.
   Per il resto, era stata una bella serata.
   Poco a poco, andarono a dormire tutti.
Io, Beth e Roy, restammo con Timothy e Stella per qualsiasi evenienza.

   Come ci eravamo aspettati, a un certo punto, intorno alle tre di notte, Timothy disse biascicando che stava per vomitare, e ci chiudemmo in bagno. L'esile mano destra di Beth gli teneva la testa mentre il ragazzo vomitava più che poteva.
   «Devo vomitare ancora ma non ci riesco» disse Timothy a un certo punto, sollevando affannosamente la testa.
   «Fai con calma, Tim, noi siamo qui» gli rispose pazientemente Roy.
Beth, nel frattempo, gli lasciò la testa — che Timothy posò sul suo braccio steso sulla tavoletta — e iniziò ad accarezzargli la colonna vertebrale.
   Mi lanciò uno sguardo, e le sorrisi.
Non sapevo perché lo stesse facendo, anche se ormai anche lei faceva parte del gruppo. Forse perché Timothy era mio amico? O lo avrebbe fatto con chiunque di loro?
   «Lo aveva già fatto prima?» Domandò lei, rivolta a me e Roy.
   «Si, molte volte» risposi.
   «Lui ed Evelyn ultimamente hanno avuto molti problemi con i genitori. Purtroppo ha trovato solo questo modo di sfogarsi» aggiunse Roy.
Chiaramente lui non sapeva della mia sbronza avvenuta settimane prima.
   E proprio ricordando ciò, Beth mi sorrise a labbra strette.
   «Non ne avevo la minima idea, forse non avremmo dovuto comprare tutto quell'alcol.»
Roy concordò con lei.
   Mi voltai verso Stella, che era rimasta in silenzio per tutto il tempo e seduta con la schiena contro la vasca.
   «Stellina?» La chiamai, come facevo sempre. Sorrisi.
   Mi veniva da ridere, se pensavo che quella sera, al bar, non ero riuscito a riconoscere la sua faccia nonostante fossimo amici da molto tempo. E mi veniva ancora più da ridere, perché quella sera era arrabbiata con me per essermi scolato una bottiglia intera di Jack Daniel's, e adesso quella sfasciata di alcol, al posto mio, era proprio lei.
   «Mmmhhh» rispose lei.
   «Devi vomitare?» Le chiesi togliendole il braccio dagli occhi.
   «Non ancora.»
Roy sospirò «spero di no.»
   «Sono ubriaca, non sorda» ribatté Stella.
Io e Beth scoppiammo a ridere.
   «Timothy, sei ancora con noi?» Beth si rivolse all'altro campione.
   «Si, ma ho una brutta notizia per voi...»
Attendemmo il continuo, che non arrivò.
   Fece un breve sospiro, e prima che gli altri se ne accorgessero, posai la mano sulla sua fronte e indirizzai la sua faccia nell'unico posto in cui avrebbe dovuto vomitare.
   «Se qualcuno di voi imbecilli si azzarda a bere ancora così tanto...» Roy alzò gli occhi al cielo, scocciato «beh, potrebbe non esserci una prossima volta.»
Si mise in piedi, infilando le mani sotto le braccia di Stella, per poi sollevarla e farla sedere accanto a Timothy.
   Dopo due secondi anche lei ebbe un conato e vomitò. Shawn si affacciò, aprendo piano la porta.
   «Come sta andando qui?» Chiese a bassa voce.
   «Alla grande» gli rispose sua sorella, riprendendo a massaggiare la schiena di Tim. Shawn chiuse la porta e si sedette accanto a me per accarezzare la schiena di Stella.
   «Nel bagno in fondo anche Ashlyn e Dylan stanno vomitando» mormorò.
   «Andiamo alla grandissima» Roy alzò gli occhi al cielo, poi si mise in piedi. «Vado a vedere se hanno bisogno di una mano.»
Restammo noi tre, con queste due pesti mezzo svenute, in un silenzio imbarazzante.
   «Chi sei?» Riuscì a domandare Stella, riferendosi al proprietario delle mani che la accarezzavano.
   «Un fantasma» rispose lui.
   «Non sei affatto divertente!»
   «Sono Jack lo Squartatore.»
Elizabeth alzò gli occhi «Shawn hai ventitre anni, cresci.»
Scossi la testa.

   Andammo a dormire quaranta minuti più tardi, dopo aver messo Stella e Timothy sotto le coperte. Nella nostra stanza era calato il silenzio; Gwen dormiva da un paio di ore e Christine le era quasi stesa addosso.
   Beth mi prese la mano, facendo un sospiro stanco.
   «Grazie» parlai il più piano possibile.
   «Per cosa?»
   «Per essere così incredibilmente paziente, e per esserti presa cura di tutti noi da una settimana a questa parte» mi voltai per guardarla, nonostante la poca luce.
   «Non devi ringraziarmi, lo faccio con piacere.»

E non solo.
   Lo faceva per non far sentire trascurato nessuno. Per non far sentire solo nessuno. Perché lei sapeva cosa significasse, e non voleva che qualcun altro provasse quello stesso dolore.

Grunge, karma, angel. (In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora