Trentaquattro - Non Scordarti di Mangiare.

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Elizabeth.



Io e Hawke scendemmo dalla macchina in contemporanea. Avevamo deciso di tornare al '92 perché non sapevamo dove altro andare. Più tardi ci avrebbero raggiunti anche alcuni dei ragazzi. Intanto, però, Hawke voleva assicurarsi che mangiassi qualcosa.
   Presi posto a un tavolo dietro una colonna avvolta da mattonelle a scacchi, bianche e nere, mentre Hawke faceva la fila. Lui arrivò pochi minuti dopo, dicendomi che una cameriera ci avrebbe portato la cena al tavolo.
   L'atmosfera scura e pacata, in questo posto, mi faceva sentire a mio agio, tanto da domandarmi come avessi potuto ignorarne l'esistenza. Conoscevo molti locali qui a Toronto, che a molte persone sfuggivano, ma che erano veramente grandiosi.
   «Ecco a voi» proruppe la cameriera dai capelli rossi, lasciando il bicchiere di coca cola davanti il mio piatto.
La prima cosa che notai, tra tutto quel cibo, erano le calorie.
   Potevo sentirmi male solo a vedere tutto quel fritto e olio di troppo. Non ero abituata a mangiare tanto, ma con tutto questo mi sarei sentita male sicuramente. Gesù, Hawke!
   «Lo so, Gwen mi ha detto che non ti fanno impazzire tutte queste calorie e schifezze» mi anticipò lui. «Però questi panini e le patatine fritte sono le cose più... normali nel menù del mese, il resto è tutto piccante.»
Mi mostrò una foto della lista, ma non avevo bisogno di vederla.
   «Okay, Hawke, ti credo» lo rassicurai, sorridendo.
Afferrai una patatina, dandogli un morso.
   Il ragazzo dagli occhi azzurri, dopo avermi lanciato uno sguardo inquisitorio, seguì ogni mio gesto. Torturai il labbro inferiore con i denti, non troppo convinta di voler mangiare quell'hamburger. Hawke si spostò a sedere accanto a me, trascinandomi sulle sue cosce per poi avvolgermi la vita con un braccio e posarmi una mano sulla pancia.
   «Va tutto bene, Beth» mi tranquillizzò, prendendo il panino e avvicinandolo alla mia bocca. «Un morso piccolino?»
Incastrai i miei occhi ai suoi, ancora incerta.
   Alla fine cedetti, mordendo piano l'hamburger che non era poi così male.
   Ricevetti un sorriso da parte di Hawke.
Uno di quelli che rassicura la mente e anestetizza il terrore.
   Lo lasciai mangiare prendendo da me la mia cena, ma restando sempre nella stessa posizione. A metà sospirai, facendo una pausa e un sorso alla coca cola le cui bollicine mi solleticarono la gola.
   «Non... non so se riesco...»
   «Ma certo che ci riesci. Stai andando benissimo, Beth, fai con calma e non mollare» accompagnò quelle parole con un bacio sulla tempia.
Così scelsi una patatina dal contenitore e la incastrai tra i denti.
   Accostai l'estremità alle labbra carnose di Hawke, che sorrise una volta compresa la mia intenzione. Dividemmo la metà, per poi darci un bacio a stampo pieno di olio, sale e una risata divertita.
   Ridere, stare con lui... mi faceva bene all'anima.
Le note di Sweet Jane, dei Cowboy Junkies, attirarono la mia attenzione, facendomi sorridere. E quella canzone di sottofondo, che conoscevo e che mi faceva impazzire, mi diede una spinta in più per riprendere a mangiare.
   «Sono fiero di te Beth, sei davvero un angelo.»

Grunge, karma, angel. (In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora