6. Simone

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Le luci del mattino filtrano dalla finestra che divido con Filippo e apro gli occhi ancora prima che il suono della sveglia mi trapassi il cervello con il suo trillo infernale, quindi la disattivo e mi alzo per andare in bagno. Sveglierò il mio fratellino dopo aver preparato la colazione, ma prima gli do un'occhiata e mi accerto che stia dormendo tranquillamente. Per quasi tutto il tempo sono io a dovergli fare da padre, anche se non sono pronto. Sono un fratello maggiore che si atteggia a figura genitoriale senza averne le competenze.

Devo ringraziare, prima di tutti, la vicina di casa, la signora Rita. Lei ci aiuta in un modo in cui nessuno avrebbe fatto, neanche un parente che non abbiamo. Rita e mia madre erano amiche, e da quando lei non c'è più la nostra vicina si è presa cura di noi, per quanto mio padre glielo permetta. Ha un figlio dell'età di Filippo e sono contento che vadano a scuola insieme, così a volte il pomeriggio può stare da loro per fare i compiti e giocare. E in quei frangenti anche io posso dedicarmi allo studio e agli amici. Ho sempre diciassette anni, dopotutto.

Non so se mia madre sarebbe fiera di me, ma faccio il possibile perché nella mia mente lo sia.

Faccio scaldare il latte nel pentolino per Fili, poi metto su la caffettiera e metto a tostare due fette di pane per me. Quando il latte è pronto sveglio mio fratello e insieme ci mettiamo a fare colazione. La scuola è ricominciata per entrambi da una settimana, e già sono riuscito a portare a casa un 8 e mezzo in matematica con un'interrogazione a sorpresa. Quando l'ho detto a mio padre mi ha schernito come sempre, e le sue parole di ieri sera mi vibrano ancora nella testa. "Sei un buono a nulla!", "Cosa pensi di farci con un voto alto in matematica? Il cassiere al supermercato?!". Adesso è al cantiere a lavorare, fa il muratore, e svegliarsi al mattino senza il suo alito che puzza d'alcol è una manna dal cielo.

Mando giù una tazzina di caffè amaro.

«Oggi resterai a pranzo da Rita, ti dispiace?» Chiedo a Filippo.

Lui scuote la testa. «Che bello, potrò giocare con Massi!»

«Certo, ma ricorda che tu e Massimiliano dovete anche fare i compiti.»

«Signorsì, signore!» Fa lui, portandosi la mano destra dritta sulla fronte, come se fosse un soldato.

«Verrò a prenderti per cena.»

«Dove vai di bello?»

«Vado a studiare da un'amica.» Oggi è mercoledì, il grande giorno in cui io e Camilla inizieremo a studiare insieme per il progetto di Storia dell'Arte. A casa sua. Sento pulsare una vena del collo da quando ho aperto gli occhi al risveglio.

«È la tua fidanzata?»

Per poco non mi va di traverso il toast che stavo mangiando. «Ma che... dici...» Riesco a dire tra un colpo di tosse e un altro.

«Non ti devi vergognare, anche io ho la fidanzata da ieri!» Mi fa questo soldo di cacio qui davanti e per poco non soffoco anche dalle risate. «Si chiama Elisa e ieri mi ha dato un bacio proprio qui.» E con l'indice si tocca la guancia destra.

Gli sorrido. «Elisa è davvero fortunata.»

Filippo annuisce, compiaciuto. «Vuoi sapere il segreto per farle innamorare di te?» Aggiunge poi, mettendosi una mano vicino alla bocca come per sussurrare qualcosa in maniera circospetta.

Trattengo a stento un altro sorriso, poi faccio un cenno con la testa per farlo parlare.

«Devi far loro un regalo. Dei fiori, un dolce per la merenda, una penna colorata...»

«Non credo che basti, scricciolo.»

«Ma sì, fidati! Portale un regalo e cadrà ai tuoi piedi!»

Quando non ce la faccio più scoppio in una risata sincera, sentir parlare un bambino di dieci anni di questi discorsi mi diverte troppo. Terminiamo la colazione tra una risata e l'altra, e poi lo aiuto a prepararsi per la scuola, dopodiché usciamo insieme e lo lascio da Rita, che lo porterà insieme al figlio.

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