16. Simone

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La settimana è cominciata con un senso di inutilità che mi scorre sotto la pelle. Pensavo di incastrare Ferrara con un bel video e di piazzarlo davanti agli occhi di Camilla per destarla dall'incantesimo che evidentemente le ha lanciato, altrimenti non mi spiego che cosa ci trovi in quell'ammasso di superbia, arroganza e pienezza di sé. E invece sto di nuovo punto e a capo, con solo la testimonianza visiva dalla mia parte e nessuna prova, ma non posso portarle solo quella... non mi crederà mai.

Ho incrociato lo sguardo di Camilla in classe, stamattina, le ho rivolto un saluto con la mano e mi ha risposto. Mi ha sventolato le sue dita nell'aria e mi sono sciolto come un cazzo di tredicenne davanti alle prime tette al vento. Sono completamente fottuto.

Ma devo stare buono. L'ho allontanata per un motivo, non tornerò indietro perché la mia condizione non è cambiata. Ciò che posso offrirle è niente e non è cambiato. Ma questo non significa che la lascerò con quel traditore.

Oggi pomeriggio lavorerò in libreria e ho già avvertito Rita che Filippo starà da lei fino a quando non tornerò. Ieri, alla fine, è andata bene con mio padre. Sono tornato a casa prima di cena e li ho trovati per terra a mangiare un gelato mentre guardavano Cars in televisione. Sono rimasto immobile sulla porta a guardarli per non so quanto tempo, perché non credevo minimamente ai miei occhi. Credo siano passati anni da quando nostro padre ha fatto qualcosa con noi e sono contento che ci stia provando almeno con Filippo. È un bambino e ha bisogno di una figura di riferimento, visto che già la mamma non c'è più.

Stamattina non lo abbiamo incrociato, è andato al cantiere molto presto, ma non sono ancora pronto ad affidargli la cura di mio fratello per tutto il giorno, perché non so se è in grado di farlo davvero. Quindi me ne occuperò ancora io. Dopotutto, ora che ci penso, se mio padre tornasse in sé potrei dedicarmi a me stesso, alla mia vita, allo studio e, volendo, anche a Camilla.

Siamo all'intervallo e Diego è seduto vicino a me sulla scala antincendio del terzo piano a fumare, una ragazza gli è seduta tra le gambe, poggiata al gradino inferiore, e gli si sta strusciando addosso come se non vedesse un ragazzo da secoli. Lei e la sua amica sono in I D, sono più piccole di noi di un anno, ma sembrano due ventenni arrapate. La seconda mi sta guardando con gli occhi più espliciti che io abbia mai visto, se non ci fossero i nostri due amici con noi sono sicuro che mi salterebbe addosso. Peccato che non sappia cosa (o meglio, chi) ho in mente io, altrimenti si arrenderebbe subito e farebbe un favore a tutti e due.

«Perché te ne stai lì in piedi?» La sua voce è a dir poco seducente, mi guarda dal basso verso l'alto e si sofferma prima sul cavallo dei pantaloni e poi sul torace, poi si passa la lingua fra le labbra.

«Non ho bisogno di stare seduto, adesso, visto che tra poco dobbiamo tornare in classe.» Replico l'ovvio che, a quanto pare, bisogna specificare.

«Potrei sedermi sulle tue gambe, di sicuro non sarai come in classe.»

«Sarebbe.» La correggo io di rimando, perché il suo refuso mi fa ballare impercettibilmente la palpebra.

«Cosa sarebbe?» Sbatte le ciglia più volte.

Dio mio, ma questa è scema?

«Hai usato il verbo in modo sbagliato, forse volevi dire "di sicuro non sarebbe come in classe".» Spiego con voce secca. Diego mi lancia un'occhiataccia e io lo intercetto sollevando entrambe le sopracciglia in aria di sfida. Lui scuote la testa.

«D'accordo, professore.» Dice in maniera provocante ancora la ragazza, di cui non ho neanche udito il nome prima. «Magari potresti darmi ripetizioni private?»

Ma da dove è uscita? Da un manga hentai* giapponese?!

«Non ti conviene, la mia tariffa è alta per le tue tasche.» Non guardo neanche il mio amico, mi volto e scendo lungo la scala esterna all'edificio.

Sento solo in lontananza la replica di quella ragazzina provocatrice. «Peccato, avresti potuto toglierti quel muso lungo dalla faccia!»

Tsk! Come se avesse il potere di farmi dimenticare l'unica che mi potrebbe togliere davvero il muso. Il mio uccello, che vive di vita propria naturalmente, mi sta dando dei simbolici pugni sulle palle. A lui forse sarebbe pure piaciuta la ragazza, ma credo che il mio cervello abbia la meglio.

Cervello 1 - Uccello 0.

Scendo fino al piano terra e imbocco la porta antincendio per attraversare il corridoio che arriva all'aula d'informatica. Supero i bagni dei maschi e poi quelli delle femmine, ma prima che io possa avanzare ancora qualcuno mi sbatte contro, tuffando la testa fra i miei bicipiti. E prima che possa accorgermi di chi sia, il suo profumo mi giunge prepotente alle narici e le papille gustative si riempiono di quell'odore invitante.

«Ahiii!» Mormora Camilla, tenendosi la fronte con la mano. «Ma sei fatto di marmo?!» Solleva lo sguardo e intreccia i suoi occhi ai miei.

Mi manca il fiato e lei diventa rossa come un peperone. Quanto è bella imbarazzata! E neanche sto a dirlo, quanto mi diventi duro alle sue parole. Le rivolgo solo un sorriso sghembo, tale da farla arrossire ancora di più.

«Sc-scusami...» Borbotta ancora lei, abbassando istintivamente lo sguardo a terra.

«Figurati, puoi rifarlo quando vuoi.» Il sorrisetto non mi abbandona.

«C-cosa? Venirti addosso?»

Non fa neanche in tempo a rendersi conto di quello che ha detto, perché i miei occhi si allargano e quasi non ci vedo più dalla voglia profonda che ho di lei in questo momento. I jeans mi tirano improvvisamente e posso quasi sentire il mio cazzo sussurrarmi "Vai, adesso buttati!".

Mi avvicino di un paio di passi a lei e la sovrasto con la mia altezza.

«Oh, quello puoi farlo davvero quando vuoi, e sono certo che saprei farti venire diverse volte addosso a me.» Sono ad un soffio dal suo orecchio, nessun altro potrebbe sentirmi, ma lei getta un'occhiata a destra e a sinistra, trattiene il fiato e sento che diventa rigida ed è in tensione per quello che le ho detto. Mi viene ancora più duro a sentirla respirare velocemente contro la mia guancia.

Cervello 0 - Uccello 1.

«Non...» Esita. Con la coda dell'occhio noto che le sta venendo sicuramente un infarto. «Non intendevo quello!» Sbotta tutto insieme. È bellissima quando si arrabbia, una piccola ruga al centro della fronte le indurisce i lineamenti e assottiglia lo sguardo. La vorrei baciare contro la porta del bagno e farle vedere che in realtà, nel suo profondo, intendeva proprio quello.

Si scosta da me e faccio altrettanto anche io, ma la tengo d'occhio comunque, beandomi della sua espressione offesa. Mi prudono le mani dalla voglia che ho di infilarle la lingua in bocca. Cazzo, dovrò buttare la faccia sotto l'acqua gelida per eliminare l'erezione dentro i pantaloni, altrimenti se ne accorgeranno tutti a lezione! E mi devo anche allontanare da lei, prima che la veda e che non riesca più a guardarmi dall'imbarazzo.

«No, sicuramente non intendevi quello, ma il tuo viso e il tuo corpo dicono tutto il contrario.» Mi allontano verso i bagni e la vedo diventare ancora più rossa, se possibile.

«Da quando in qua sei così spavaldo?» Mi chiede, riassumendo progressivamente un colorito naturale.

«Da quando sono cresciuto, Cami. Ci vediamo.» Ma prima di sparire dietro la porta del bagno sbuco di nuovo con la testa. «Diego ed io ci saremo alla tua festa. Fatti bella!» Le faccio l'occhiolino e mi fiondo sotto l'acqua fredda del lavandino.

Mi ci vuole un quarto d'ora sotto il flusso ghiacciato e una serie di pensieri tristi e strappalacrime per cacciare via l'erezione dai pantaloni.

Se mi avvicinerò ancora a lei sarò completamente fottuto.

Cervello 0 - Uccello MILLE.



* Si tratta di un manga giapponese a sfondo sessuale, con contenuti più o meno espliciti.

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