32. Simone

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Non mi sarei mai aspettato di trovare mio padre seduto a tavola insieme a mio fratello, una volta rientrato a casa. Stanno mangiando e chiacchierano della scuola. Per di più, da oggi, papà comincerà degli incontri in un consultorio vicino casa per coloro che hanno problemi di alcol, droghe, vizio del gioco. Voglio dargli fiducia, per una volta nella mia vita. Da piccolo speravo sempre di vederlo cambiare e i miei si rivelavano sogni infranti subito dopo. Sono cresciuto con la delusione e l'amarezza di non poter vivere una vita normale, con una famiglia normale. Da quando la mamma è morta il mondo mi è crollato addosso senza pietà. Filippo è stato sempre senza di lei e forse è stato meglio, non so. Non averla conosciuta non ti fornisce quel metro di paragone con cui metti a confronto tutta la tua esistenza.

Inoltre papà non l'ha sostituita, non è mai stato un genitore modello, si è lasciato andare ed è caduto in un baratro di infiniti sbagli, trascinando con sé anche noi, soprattutto me... per quanto ho potuto, il mio ruolo è stato quello di "cuscinetto", nei confronti di mio fratello. Non è giusto che lui assorba il sentimento tossico che nostro padre ha sempre esposto nei nostri confronti. Non si è mai curato di noi, proprio per questo vederlo in queste vesti mi fa storcere le labbra e allo stesso tempo meravigliare. Cammino in un limbo, diviso tra la paura che possa ricadere nella vecchia vita e il desiderio di vederlo fare il padre, almeno con Filippo.

Ad ogni modo, la mia vita adesso sembra più serena... ho come la sensazione che ogni tassello stia andando piano piano al suo posto. Camilla è la mia ragazza. Posso dirlo? Beh, credo proprio di sì. Tutto ciò che avevo sognato si sta realizzando, non mi sembra vero.

Lancio lo zaino ai piedi del divano e vado a lavarmi le mani, prima di raggiungere la mia famiglia a tavola. Faccio in tempo a tornare verso il tavolo, che qualcuno bussa pesantemente alla porta.

«Chi è?» Filippo guarda in alternanza me e nostro padre. Noi ci rivolgiamo un'occhiata interrogativa a nostra volta, poi il presentimento mi sommerge, lo vedo anche nello sguardo di papà. Lui mi fa un cenno del capo e io annuisco, afferro la mano di Filippo e lo trascino verso la cameretta.

«Dove andiamo? Ho fame...» Protesta lui.

«Dopo finiamo di mangiare. Promesso.» Mi chiudo la porta alle spalle e invito Filippo a prendere un gioco qualsiasi. Io resto nei pressi dell'uscio, con l'orecchio sulla superficie di legno per sentire cosa succede all'esterno.

«Allora ci sei. Pensavi di sfuggirci, piccolo pezzo di merda?» Uno degli strozzini si rivolge a mio padre scoppiando in una fragorosa risata.

«N-no, no, figuriamoci. Sapete dove vivo, è difficile sfuggirvi.»

«Anche perché non potresti mai farcela contro di noi.» Aggiunge l'altro in tono minaccioso.

«Non vi sfiderei mai, lo sapete...»

«Avanti, non siamo qui per chiacchierare. Sai cosa vogliamo.»

«Non ho tutti i soldi che cercate, dovete capirmi, ho due figli e lavoro al cantiere.»

Il primo degli strozzini che aveva parlato batte il pugno su una superficie della casa, forse il muro o il tavolo. Sussulto e stringo d'istinto i pugni, vorrei intervenire ma devo proteggere Filippo. Lui si accorge del rumore dall'altra parte della porta e io porto l'indice alle labbra per fargli cenno di non parlare. È intelligente, ma è pur sempre un bambino, quindi si avvicina e si avvinghia alle mie gambe. Gli cingo le spalle con il braccio e lo sento tremare, cerco di avvicinarlo ancora di più a me e torno ad ascoltare.

«Ti abbiamo concesso già troppo tempo. Ora è tempo di riscuotere...oppure sai che cosa succederà.»

«Lo so, lo so, vi prego, datemi un altro po' di tempo.» Non ho mai sentito mio padre umiliarsi in questo modo con qualcuno...ma posso capire che abbia paura di quello che potrebbero fargli, di ciò che potrebbero fare anche a noi. «Posso darvi mille euro, intanto.»

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