Capitolo 25

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UN PATTO CON IL DIAVOLO

È da quando sono tornata a casa da scuola che sono appostata davanti alla finestra della mia camera in cerca di un movimento da parte di Elijah, ma non si vede neanche l'ombra dell'uomo che abita nella casa accanto. Proprio adesso che ho deciso di accettare il suo aiuto sparisce nel nulla.
Dove può essere finito?
Che possa essere al lavoro lo escludo, ormai la sua copertura è saltata e non avrebbe senso continuare la finta vita che si era creato per spiarmi.
Le ore passano veloci e il buio si impadronisce del cielo oscurando ogni fibra di luce e il lieve splendore della luna colpisce il mio viso, ma nonostante il tempo continui a passare, il padrone della casa accanto non si è ancora fatto vivo. Si sente solo l'assordante silenzio, come se quella casa fosse abbandonata o inabitata da tempo.
Invece di aspettare ulteriormente decido di agire, mi infilo il cappotto ed esco da casa mia diretta verso la sua. Cammino fino al suo portico e dopo aver salito i soliti tre gradini, mi fermo incerta davanti alla sua porta. Con la stessa convinzione che mi ha fatto alzare una mano decisa a bussare me la fa riabbassare, fino a qualche secondo fa ero convinta di venire da lui a chiedere il suo aiuto, mentre adesso l'indecisione e il ricordo dei miei sentimenti di questi ultimi giorni mi fanno indietreggiare.
È stata un'idea stupida quella di venire qui a implorare il suo aiuto, indietreggio di qualche passo e nel girarmi per tornare a casa sbatto contro un petto muscoloso, il suo petto. Il suo familiare profumo mi inebria le narici.
Balzo indietro con un sospiro spaventato e il cuore che palpita.
«Non era mia intenzione spaventarti» esclama calmo nella sua solita posizione eretta mentre mi studia da capo a piedi, «A cosa devo la tua visita Edith?»
«Io...» sentirgli pronunciare il mio nome mi provoca un leggero brivido, «io sono qui per accattare la tua proposta.»
Dio ma come ho fatto a cadere così in basso?
Dovrei scgliargli contro le peggiori malendizioni, invece sono qui come un cucciolo indifeso a implorare il suo aiuto. In questo momento mi chiedo dove sia finita la mia dignità.
«E cosa ti fa credere che la mia offerta sia ancora valida?» mi domanda con un sopracciglio alzato.
Nella sua mente diabolica e perversa lui si sta divertendo, si prende gioco di me con così tanta facilità che a volte mi dimentico di avere davanti tutt'altra persona di quella di cui mi sono innamorata.
«Sono passati giorni dal nostro ultimo incontro» continua lui avvicinandosi a me passo dopo passo, «e tu non ti sei fatta viva, te lo avevo detto che la mia offerta non sarebbe durata per sempre».
«Quindi hai intenzione di tirarti indietro?» gli domando a pochi centrimetro di distanza dal suo viso «Non solo attacchi me e i miei amici, ma aspettavi anche che venissi qui a chiederti aiuto per prendermi in giro per l'ennesima volta?»
«Devo ammettere che è davvero divertente, riesci ad essere sexy anche da arrabbiata» mi riponde avvicinandosi al mio viso ancora di più.
«È stata un'idea stupida venire qui».
Mi allontano da lui e lo sorpasso per andarmene, ma prima che io possa scendere quei tre maledetti scalini, la sua mano afferra il mio polso e mi tira di nuovo contro il suo petto.
«Domani nel bosco doposcuola alle 3:00, lo stesso posto che usi con tua madre».
«Perfetto, adesso lasciami» gli ordino guardandolo nei suoi occhi neri.
«Il mio tocco ti infastidisce così tanto?»
«Hai perso il diritto di toccarmi quando ho scoperto che mi hai mentito su chi sei davvero».
Mi allontano di nuovo da lui e con uno scatto del braccio mi libero dalla sua presa facendo cadere la sua mano.
Senza aggiungere nulla gli volto le spalle e torno a casa mia senza voltarmi indietro.

Scrivo tutto quello che il professor Adams ha scritto sulla lavagna, ma per quanto mi piaccia storia dell'arte, ho la testa talmente piena di pensieri che non riesco nemmeno a concentrarmi ad ascoltare le sue parole mentre spiega l'architettura rococò. È uno dei miei stili preferiti insieme al barocco, eppure questo non facilita alla mia mente di restare nella Francia del XVIII secolo.
Non faccio altro che chiedermi se il mio incontro con Elijah di oggi pomeriggio possa essere una trappola oppure no. È proprio vero che quando perdi la fiducia di una persona è molto difficile riacquistarla.
Continuo a trascrivere gli appunti sulla lavagna fino al suono della campanella con la speranza di riuscire a studiare qualcosa stasera a casa dopo il mio allenamento, prendo i miei libri e dopo averli riposti nel mio armadietto, mi dirigo verso l'uscita della scuola.
«Edith sei sicura che questa sia la scelta giusta?» mi domanda Cheryl camminando al mio fianco.
«È l'unica opzione che ho, giusta o sbagliata che sia».
«Neanche io penso che dovresti fidarti di nuovo di lui» concorda con l'amica Abbie.
«Io sfrutto la sua conoscenza e il suo potere, non mi fido affatto di lui».
«Stai affidando il controllo dei tuoi poteri a lui perché pensi che lui possa aiutarti a controllarli, certo che ti stai fidando di nuovo di lui Edith» le parole di Jaxon arrivano fredde alle mie orecchie.
«So che siete preoccupati per me, ma io so cavarmela, non abbasserò la guardia. Lui sa quello che fa, sappiamo tutti che i miei poteri sono fuori controllo e in balia delle mie emozioni, non sa che cosa sono in grado di fare o fino a che punto mi posso spingere, non è così stupido da fare mosse azzardate».
«Va bene, ma se vedi qualcosa di sospetto va via di lì, e quando torni a casa sana e salva scrivici così non rimaniamo in pensiero».
«Va bene my lord» gli rispondo prendendolo un po' in giro.
«Sono serio, sta attenta» si avvicina a me stringendomi la vita con un braccio e mi stampa un tenero bacio sulla guancia.
«Lo farò» lo rassicuro con un sorriso.
Adoro quando Jaxon si preoccupa per me, da quando è successo il dramma è molto diventato scettico nei confronti di Elijah e io non posso dargli torto. Sono la prima a non fidarmi più, non posso certo pretendere che lo facciano loro.
Dopo averli salutati mi incammino verso il luogo del mio allenamento.
Dopo una buona mezz'ora arrivo al luogo indicato in ritardo di qualche minuto e con mia sorpresa, nella vasta pianura circondata da alberi, non trovo nessuno.
Guardo il display del mio cellulare che segna già le 3:06, sento un leggero fruscìo e mi guardo intorno in cerca di Elijah, e subito dopo qualcosa colpisce la mia schiena facendomi cadere rovinosamente a terra insieme alla mia borsa.
«Prima lezione di oggi: non abbassare mai la guardia e avere sempre i riflessi pronti» le sue eleganti scarpe di pelle nera di fermano davanti al mio viso, alzo lo sguardo su di lui mentre mi porge una mano, «Sei in ritardo».
Mi alzo da sola ignorando la sua mano e mi scrollo la terra e le foglio che mi si sono appiccicate sui vestiti.
«Dovresti cercare di trattenere la tua brutta abitudine di attaccarmi alle spalle».
«Ma così sarebbe meno divertente».
«Hai intenzione di aiutarmi oppure vuoi solamente colpirmi per divertimento?»
«Credo che sceglierò la seconda opzione».
Il mio sguardo in questo momento è indescrivibile, se potessi ucciderlo lo farei molto volentieri.
«Mentre arrivavi ho fatto un incantesimo di occultamento, questo spiega perché non mi hai visto. Siamo di nuovo solo tu ed io, nessuno ci vede e ci sente».
«Che cosa hai intenzione di insegnarmi oggi gran maestro?» pronuncio queste parole con immensa ironia mentre appoggio la borsa accanto a un mezzo tronco.
«Oggi non ti insegnerò nulla, nessun incantesimo».
«E allora che cosa ci facciamo qui?»
«Oggi sbloccheremo definitivamente il tuo potere».
«Credevo di averlo già sbloccato, è per questo che sono fuori controllo da mesi ormai».
«Tu non hai sbloccato proprio niente: il tuo potere viene fuori quando provi delle forti emozioni, ovvero quando sei troppo occupata a pensare per mantenere il controllo su quella parte di te che reprimi» incrocio le braccia al petto mantenendo il mio sguardo su di lui, «Per prima cosa devi imparare ad accedere a quel potere in qualsiasi momento tu voglia, solo allora potrai  imparare a controllarlo».
«E come pensi di fare?»
«Inizieremo con incantesimi base, una volta che avrai il pieno controllo delle tue potenzialità, potremo iniziare con gli incantesimi di difesa» mi spiega girandomi intorno come fa un leone con la sua preda.
«Che cosa vuoi che faccia?»
«Riprendiamo l'esercizio che stavi facendo con tua madre».
Con un semplice gesto della mano solleva il pezzo di tronco di un albero poco distante da lui, lo fa volteggiare davanti al mio viso per poi farlo cadere ai miei piedi.
«Ora tocca a te, imita i miei movimenti e fai volteggiare quel tronco».
Mi preparo e prendo posizione allargando leggermente le gambe e prendendo un profondo respiro, chiudo gli occhi e li riapro allargando le braccia mantenendo la mia attenzione sul pezzo di legno ai miei piedi. Riesco a sollevarlo solo di pochi millimetri prima di scaraventarlo addosso ad Elijah che alzando la sua mano sinistra lo blocca appena in tempo vicino al suo viso.
«Oh mio Dio!» esclamo sconcertata coprendomi la bocca con le mani.
«Capisco che tu voglia uccidermi, ma non credo che riusciresti nel tuo intento con un banale tronco».
«Mi dispiace tanto, non volevo tirartelo addosso».
«Forza riprova».
Tento di nuovo dopo che ha rigettato il tronco nella stessa posizione di prima, ma non faccio altro che lanciare quel maledetto tronco da tutte le parti ancora, e ancora, e ancora.
«Ma perché diavolo non fai quello che ti ordino maledizione!»
Stringo le mani in due pugni mentre mi dirigo fusiosa da quel pezzo di legno, e in un battito di ciglia, esplode con un leggero boato disperdendo nell'aria piccole schegge di legno.
«Accidenti!» esclama Elijah alle mie spalle, «Credevo di averti chiesto di farlo volteggiare non di farlo esplodere».
Mi volto verso di lui e gli lascio ammirare i miei occhi viola.
«Non riesco a capire, sono mesi ormai che ci provo. Perché non riesco a fare neanche le cose più semplici?» gli domando con disperazione «Anche i bambini di tre anni fanno volteggiare le cose come se fosse la cosa più semplice di questo mondo!»
Mi lamento ricordando i figli dei membri della nostra vecchia congrega.
«Sai qual'è il tuo problema?» mi domanda mentre attira a se un altro pezzo di legno, «Pensi troppo».
Abbandona il tronco al suolo davanti a me come quello precedente e viene verso di me.
«Tu sei una strega, sei nata con questo dono, non c'è alcuna ragione di sforzarsi per ottenere ciò che vuoi perché ti basta schioccare le dita per realizzarlo».
Si posiziona dietro di me e mi afferra le mani sollevandole leggermente, il mio corpo è incollato al suo e le sue labbra mi sfiorano l'orecchio.
«È la paura, ti lasci governare da essa perché sei convinta che possa frenare i tuoi più reconditi impulsi, perché credi che lei ti impedisca di fare del male alle persone che ami, ma è della paura che non ci si può fidare. È un sentimento talmente forte e imprevedibile che può farti fare cose di cui ti pentiresti amaramente, come colpire i tuoi amici quando vuoi proteggerli».
Si allontana dal mio orecchio e punta il suo penetrante sguardo nel mio.
«Non devi avere paura di qualcosa che puoi dominare» pronuncia quelle parole per poi guardarsi intorno, e io non posso fare altro che guardare quello che ha catturato la sua attenzione.
Ogni foglia, ogni ramo, ogni gocciolina d'acqua e persino quel pezzo di legno volteggiano intorno a me. Rimango a bocca aperta dallo stupore mentre le goccioline di rugiada, che poco prima bagnavano le foglie, ora brillano al sole come dei piccoli diamanti. Un leggero sospiro abbandona le mie labbra che ormai sono incurvate in un lieve sorriso, mentre guardo negli occhi l'uomo avvinghiato a me che ancora mi sostiene le mani sfiorandomi le dita con le sue.
«Sei più potente di quanto credi, devi solo imparare a lasciarti andare».
Le sue parole e la sua vicinanza mi fanno tornare alla realtà fatta di bugie e tradimenti, con uno scatto mi libero dalla sua presa e la dolce magia intorno a noi crolla, e ciò che prima volteggiava elegantemente in aria torna alla terra schiantandosi al suolo.

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