Capitolo 13

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"Vedere è già di per sé un atto creativo".

(H. E. Matisse)


Un paio di giorni dopo arrivo in agenzia verso le dieci, qui ad ottobre fa un freddo tremendo e non appena chiudo la porta alle mie spalle, il tepore dei riscaldamenti mi colpisce in pieno viso.

Oggi c'è una gran confusione perché stiamo progettando un evento per una nota marca di cosmetici che sta per lanciare la sua nuova linea per capelli.

Paul, dalla scrivania, mi lancia un'occhiataccia (da quando ha saputo che lavoro per la nuova campagna Chanel mi odia e ancora non ho capito se è perché ho ottenuto uno compenso più alto o perché Caville e Javier sono rivali su tutta la linea).

Con un'alzata di spalle lo ignoro e filo alla mia scrivania dove trovo un biglietto di Céline.

"Sono fuori città sino a dopodomani. Occupati di tenere d'occhio quello smidollato di Paul"

Il mio primo pensiero è uno stizzito: non sono mica la tua assistente, Céline!

Ma riflettendo, con l'aumentare dei miei incarichi, Céline deve aver alzato di gran lunga anche le aspettative sulle mie responsabilità.

Lancio un'occhiata guardinga in direzione di Paul e mi accorgo che, ancora, mi sta osservando con aria minacciosa.

Sospiro e lo raggiungo.

«Salut Paul! Comment ça va?» provo ad essere gentile.

«No» risponde secco.

Aggrotto le sopracciglia. «No?»

«Non mi prendi in giro con gli occhioni marroni, i capelli perfetti e quei vestiti abbinati del cazzo. Io lavoro qui da tre anni e nessuno mi ha mai sottoposto ad una novellina. Javier non ti vuole nella sua campagna».

Che razza d'imbecille!

Anche se, al suo posto mi sentirei indignata allo stesso modo.

Gli rivolgo un sorriso condiscendente. «Potremmo trovare un compromesso, che ne dici?»

Neanche mi degna di uno sguardo e continuando a pigiare sulla tastiera dichiara, secco:«Va te faire foutre».

Che cos'ha detto?

Che co ...?!

Sto per digliene quattro ma mi mordo la lingua. Sospiro e con un tono mellifluo gli spiego: «Non sono molto felice neanche io di doverti stare addosso. Ma Céline non ci sarà fino a dopodomani, e se mi incarica di controllarti probabilmente in questi tre anni non sei riuscito a renderti pienamente autonomo ... ergo dovrai sottopormi tutte le iniziative di cui ti occupi! Soprattutto se si tratta di marketing digitale».

«Sono perfettamente autonomo e competente nel mio lavoro e scommetto che Céline non ti ha incaricato di un bel niente! Lasciami in pace, mafiosa del cazzo!»

Okay, adesso lo uccido.

Infilo la mano stretta a pugno nella tasca della giacca e gli rivolgo un sorrisino tirato. «Sai, sono laureata in materia e non importa che io sia qui da soltanto un mese e mezzo. Devi fare come ha sottoscritto Céline; anche a costo di sottometterti ad una novellina mafiosa del cazzo», detto ciò faccio cadere sotto il suo naso il foglietto che lei mi ha lasciato e torno alla mia postazione.

Mentre mi siedo sostengo il suo sguardo infuriato.

Così impara a chiamarmi "Novellina" e "Mafiosa".

«Non è facile imporre la propria autorità, vero Chérie?» mi chiede Félix, davanti la fotocopiatrice in funzione.

Per un incidente a ParigiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora