Fuggire dai problemi

73 15 36
                                    

24 Giugno 2017                               05:38

Silenzio rotto di cui puntualmente non si sarebbe accorto nessuno, urla, questo era tutto quello che Happy Cooper sentiva, seppur il rumore di tali grida fosse remoto sotto le sue coperte.

Sospirò.

Era abituata a perdere sonno in quel modo, due vistose occhiaie di colore più scuro rispetto alla sua pelle pallida le circondavano gli occhi color carta da zucchero.

Si rigirò nel letto per un pò e infine si alzò, per monitorare la situazione nella stanza accanto alla sua.

Aprì lentamente e attenta a non fare alcun rumore la sua stanza e, cauta, raggiunse la cucina, appoggiandosi quatta quatta allo stipite della porta.

Il signor Cooper uscì a passi pesanti fuori dalla cucina, stringendo i pugni, e poco dopo passandosi le mani sul volto, come per coprirselo, non notando la presenza di Happy.

La ragazza tirò un sospiro di sollievo che fu interrotto dalla sgradevole voce  estremamente acuta di una donna, che si ergeva in tutta la sua altezza di fronte alla giovane.

"Happy! Cosa fai quì?" Si stava chiaramente sforzando di rimanere tranquilla, ma niente da fare: la sua voce risuonava irrimediabilmente rude e molesta.

Happy alzò lo sguardo, trattenendo il respiro "Scusa, mamma" parlò con voce intenzionalmente lenta e triste. Socchiuse gli occhi, in attesa di essere colpita, ma li riaprì poco dopo, con sorpresa.

La donna, che aveva esattamente gli stessi capelli folti e corvini, giusto forse un pò più corti, di Happy, che aveva gli stessi occhioni grandi che riflettevano il cielo, anche se quelli della signora Cooper riflettevano un buio accecante, le posò una mano sulla spalla.

"Mi dispiace, Happiness, per tutto questo" cambiò tono poco dopo, scuotendo la testa, come pentendosi di aver viziato sua figlia con tante parole gentili, strinse la presa "Ma vivi sotto il mio tetto, e porti lo stesso cognome di tuo padre...Se non vuoi sopportare...Vattene di casa, và, và da tuo zio, fratello di tuo padre, tale e quale a lui! Sono certa che accoglierebbe sua nipote molto meglio di quanto potrei farlo io come madre, già abbiamo un ingrato in casa, perchè non fare combo!"

Happy abbassò lo sguardo; l'aveva chiamata col suo nome intero...Di solito nessuno lo faceva...Si sforzò comunque di sorridere, stringendo i denti, e si confuse nei suoi pensieri.

Scattò in piedi e scosse la testa prima camminando a passi controllati verso la sua stanza e poi correndo verso di essa, sbattendo violentemente la porta dietro di lei.

Diede un pugno alla parete mal dipinta di rosa antico della sua stanza, e si fece male alle nocche della mano destra, che divennero bianco latte.

Poi si fermò, in piedi al centro della stanza, riusciva a sentire le imprecazioni di suo padre, che diede a sua volta un pugno alla parete che li separava, non ce la faceva più.

Agguantò prontamente il suo cellulare e digitò un numero familiare quanto ripetitivo, abbassò il volume e se lo portò all'orecchio, ascoltando il dolce squillare...

"HAPPY!" Urlò una voce maschile ovattata dal telefono, era una voce giovane, ma non giovane quanto la sua.

La ragazza si lasciò sfuggire un singhiozzo che le rese difficile parlare, e quindi ci rinunciò, poi un'altro...Poi le lacrime causate dalla rabbia cominciarono a sgorgarle sulle guance che ora si facevano paonazze nel pallore albino del suo volto.

"H-happy?" Ripetè la voce maschile dall'altro lato, poi abbassò la voce "Happy non sono neanche le sei del mattino...Và tutto bene? S-stai piangendo?"

La ragazza trattenne ancora una volta il respiro, poi, con una forza immane da parte sua, rispose "È...È...È successo di nuovo" si sforzava di non balbettare, ma era così difficile...intanto stringeva i pugni.

"Oh..." Sospirò la voce, che era in chiara difficoltà.

"Devi aiutarmi" ribattè Happy, non lasciandolo parlare...Anche se questo, probabilmente, era di profondo aiuto all'altro "Dobbiamo..." Fece un respiro profondo "Dobbiamo fare quella cosa...Che avevamo...Già pianificato...Ma sì quella cosa, ricordi?" Si asciugò svogliatamente le lacrime, continuando a respirare profondamente per cercare di calmarsi.

"Tu sei completamente impazzita, Happy, te lo dico io che sono più grande di te"

"Esattamente!" Esclamò vagamente infastidita Happy "Tu hai diciott'anni ben compiuti, Oliver, io ne ho quindici, inoltre hai la patente...Chi pensi che mi aiuterebbe se tu ti rifiuti?"

"Chi pensi che mi aiuterebbe se mi arrestassero per sequestro volontario di minore? To'! Non sò neanche se esiste questo reato!" Bofonchiò Oliver dal canto suo.

"Non ti arresteranno, garantirò io per te...E poi mia madre...Mi ha detto, oggi, che se voglio posso andarmene da mio zio...Voglio veramente..." Suo padre bussò rabbiosamente alla parete per l'ennesima volta, e lei si confuse completamente, ma il diciottenne sembrò capire, la sua voce austera di addolcì, pur rimanendo sempre la stessa "Cosa non si fà per gli amici!"

Happy sorrise raggiante, asciugandosi l'ultima lacrima rimasta sul suo viso, che tornò del suo colorito naturale.

"Questa sera" continuò il ragazzo "questa sera stessa, mia madre ha una cena di lavoro, ma abbiamo poco tempo...Dunque si passa per via Book, poi per l'autostrada..." Cominciò distratto il ragazzo, cercando di rammentare e calcolare in mente la strada di casa per arrivare alla famiglia di suo zio "ok" concluse "È mezz'ora calcolando andata e ritorno" Annuì da dietro il telefono "Ti vengo a prendere a mezzanotte in punto, così puoi uscire di casa senza che i tuoi se ne accorgano, ti aspetto vicino al fruttivendolo" anche Happy annuì "grazie davvero, Oliver, vale così tanto per me"

"Sì" borbottò Oliver, abbassando la voce "prego, prego, sei la mia migliore amica in fondo"

Si concluse la chiamata, così, con un saluto breve che riponeva la speranza in un saluto più pieno alla sera di quello stesso giorno.

Happy si portò le coperte sin sopra le labbra, provando a riaddormentarsi.

I ragazzi ritrovatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora