37. Juliet

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When I couldn't, you always saw the best in me
Right or wrong, you were always on my side
But I'm scared of what life without you's like
And I saw the way she looked into your eyes
And I promise if you go, I will make sure she's alright
So how do I say goodbye

DEAN LEWIS


Quattro anni dopo


Edmond Rostand scrisse: "Il mio cuore non ti lasciò mai sola un secondo. Io sono e sarò sempre, anche all'altro mondo, colui che t'ama senza misura." in una delle mie commedie preferite.
Questa è la frase che mi ripetevo ormai da anni, quando non riuscivo ad andare avanti da sola.

È stato complicato, molto. Spesso mi sono ritrovata a crollare senza un apparente motivo, solo perché ne avevo bisogno. Poi mi ricordavo di potercela fare, di essere in grado di rialzarmi anche da sola.
Mi rialzavo e mi comportavo come se non fosse successo nulla.

Certo, la mancanza di Nathan si sentiva ancora, ma impegnata com'ero erano pochi i momenti in cui riuscivo anche solo a pensarci. Ho una figlia, Juliet, che è la sua fotocopia. Sia caratterialmente che di aspetto. Lei mi da parecchio da fare, mi riempie le giornate.
Ama l'arte, ogni pomeriggio la porto a dipingere al parco mentre io studio. Adora anche leggere, ma preferisce quando lo faccio io per lei.

Alla fine mi sono iscritta ad Harvard l'anno seguente alla sua morte, dopo aver partorito. Ho annullato ciò che Nathan aveva pagato per l'alloggio e quei soldi li ho usati per il piccolo appartamento in cui viviamo ora, che si trova proprio accanto a quello di James. Abbiamo iniziato il college insieme e si è proposto di aiutarmi con la bambina quando io ero impegnata con il lavoro o i corsi.
Senza di lui non ce l'avrei proprio fatta.

Proprio ora sto tornando a casa, quattro anni esatti dopo la morte di Nath, pronta per andare alla mostra che ha fatto il giro del mondo in cui sono esposti i suoi quadri.

Ho intenzione di portare anche Juliet, perché anche se non ha conosciuto suo padre ne ha sentito parlare così tanto che è come se lo conoscesse davvero. Ma non ha mai visto nessuno dei suoi quadri proprio perché sono tutti esposti ed è arrivato il momento che li veda.

Quando apro la porta di casa, la trovo seduta a terra tra un mare di fogli e James a gambe incrociate davanti a lei che osserva i disegni interessato.

<< Mamma! Sei tornata! >> Esclama correndomi incontro.

<< Juls, ancora non sei pronta? Ti sei dimenticata dove dovevamo andare? >> Dico prendendola in braccio, mentre mi siedo sul divano.

<< Giusto! Il museo, vado a mettermi le scarpe e sono pronta! >> Grida scappando in direzione della sua camera.
Sento James ridacchiare, mentre si siede accanto a me.

<< Le hai detto che la mostra è dedicata a suo padre? >> Chiede osservando i disegni sparsi a terra.
Nego col capo.

<< Volevo che fosse una sorpresa. >> Rispondo portando anch'io lo sguardo sui fogli.

<< Ha anche lei un talento per l'arte, forse è anche più brava di Nathan quando aveva la sua età. >> Mormora con tono triste.
Anche lui non l'ha ancora superata, a dire il vero da quel giorno James non è più lo stesso.
È cambiato e nessuno ha potuto fare niente per evitarlo.

<< Già, è proprio... >> Mi interrompo quando lei torna da noi, dopo aver messo le scarpe ed essersi sistemata il vestito.

<< Andiamo? Odio essere in ritardo. >> Dice facendomi sorridere. Questo è dovuto al tempo passato con mia madre, che insiste sempre sulla puntualità.

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