17. La mia migliore amica

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Presente

Never mind, I'll find someone like you
I wish nothing but the best for you, too
-Adele

Caitlyn

Mancavano cinque minuti alla consegna del test del corso aggiuntivo di matematica e io avevo già finito la verifica da quasi dieci minuti. Come al solito non avevo consegnato, aspettavo sempre l'ultimo momento in modo che il professore non si mettesse a guardare la mia verifica davanti a me.

<< cinque minuti, ragazzi cominciate a mettere i nomi >> alzai lo sguardo, il professore era concentrato sul telefono.

Lo abbassai sul foglio, pronta a mettere il mio nome, ma prima che potessi farlo guardai alla mia destra.

James, per la prima volta, aveva lasciato la verifica in bianco. Non era mai capitato, aveva sempre fatto di tutto affinché potesse scrivere un minimo, perché non riusciva mai a memorizzare tutto l'occorrente. Oggi l'aveva lasciata in bianco.

Vedevo le sue mani tremare, sbatteva ripetutamente il piede contro il pavimento, gli occhi erano lucidi.
Sapevo che non avrebbe pianto, ma sapevo anche che stava avendo un attacco di panico e nessuno se n'era accorto.
Mi si strinse il cuore.

Scambiai il mio foglio con il suo e sentivo il suo sguardo su di me quando mi alzai per consegnare il compito in bianco.

Il professore vedendolo in bianco mi lanciò uno sguardo deluso e preoccupato, probabilmente dando come al solito la colpa al recente lutto che ho subito.

Tornando al mio posto lanciai uno sguardo a James, l'attacco di panico ancora non si era placato ma era riuscito ad alzarsi per consegnare il test.

Al suono della campanella si fiondò fuori dall'aula e io sapevo dove era diretto, stava sicuramente andando verso la piscina.
All'ora di pranzo non c'era mai nessuno in piscina.

E avevo ragione, era proprio lì, in un angolo raggomitolato su sé stesso.
Ora avrebbe pianto, perché non c'era nessuno che poteva vederlo.

<< Ehi, Zebra >> dissi avvicinandomi, usai volontariamente il soprannome che usavo prima che lo allontanassi.

Alzò lo sguardo su di me, riconoscendomi subito.

Mi inginocchiai di fronte a lui, togliendogli le mani che stringevano i capelli al punto di tirarseli. Si stava facendo del male e purtroppo lo capivo. Capivo che il dolore fisico era un'ottima distrazione da quello mentale.

<< ehi, dolce Caitlyn >> sussurrò lui, nonostante facesse fatica a respirare.

<< va tutto bene. Respira con me, James >> dissi inspirando ed espirando lentamente.

Facendo fatica, lui cercò di calmare il respiro con me. Gli asciugai le lacrime, sperando che avessero smesso di uscire ma non fù così.
Il respiro ormai si era calmato, ma le lacrime continuavano a scorrere sulla sua pelle.

<< cosa è successo? >> chiesi sapendo che aveva solamente bisogno di parlarne con qualcuno.

Il suo problema era sempre stato questo: parlarne con gli altri. Aveva sempre paura di venire giudicato e non riusciva ad aprirsi sui suoi problemi, preferiva tenerseli per sé. Voleva farsi vedere sorridente e felice, con una vita semplice come quella che anche gli altri mostravano, e finiva sempre per fingere anche a casa. Era talmente abituato ad essere giudicato che ormai mentiva a tutti, forse anche a se stesso delle volte.

<< il compito. Ho cercato di studiare, ma non riesco. Ho studiato per due settimane, sperando di capire, e fino a ieri me la cavavo. Questa mattina è come se avessi dimenticato tutto. Finirò per essere bocciato per un debito in matematica >> la sua voce era spezzata dal pianto. Facevo fatica persino io a mostrarmi tranquilla mentre lo ascoltavo, perché lo capivo.

JulietDove le storie prendono vita. Scoprilo ora