23. "Sto bene"

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Presente

I hear you whisper underneath your breath
I hear your SOS, your SOS
I will send out an army to find you
In the middle of the darkest night
It's true, I will rescue you
-Lauren Daigle

Nathan

Ventidue marzo. Caitlyn è a pezzi.

Quattordici anni fa suo fratello, Justin, ha esalato il suo ultimo respiro. Aveva solamente tre anni, aveva tutta la vita davanti.

Caity non risponde al telefono, e so che a momenti James correrà da me per chiedermi il motivo. Ho parlato poco fa con Sophia, mi ha detto che lei non esce dalla sua stanza da ieri sera, quando me ne sono andato dopo aver cenato di nuovo con loro.

So che l'ultima cosa di cui lei ha bisogno in questo momento è stare da sola, so che dovrei correre li. Ma purtroppo, sono costretto a rimanere ancorato al letto, obbligato da mia madre, con grandi difficoltà nel respirare normalmente.
È come se l'aria non mi arrivasse ai polmoni.
La tosse è leggermente peggiorata, succede più spesso e quando succede mi toglie il respiro.

<< Mamma... >> mormoro in difficoltà, cercando di attirare la sua attenzione.

Porta lo sguardo su di me, smettendo di sistemarmi la coperta che in realtà è già sistemata.

<< Voglio andare da lei. >> dico con tono fermo. So di aver bisogno di riposo, ma non posso stare a letto mentre lei affronta di nuovo il dolore della sua perdita.

<< Nath, so che vuoi... >> interrompo mia madre prima che possa finire la frase, sapendo già cosa aveva intenzione di dire.
Ma lei non lo sa, non sa davvero come sta Caitlyn e se lo sapesse mi lascerebbe andare.

<< Mamma, ti prego. >> sussurro stringendole la mano.
Mi guarda negli occhi per qualche secondo, combattendo contro i suoi impulsi materni che mi hanno tenuto tutta la mattinata qui sul letto, per poi annuire.

<< Avviso tuo padre e ti accompagno, tu intanto preparati. Riesci ad alzarti? >>  Annuisco alzandomi a fatica dal letto, perciò lei esce per andare ad avvisare papà, che starà sicuramente lavorando nel suo ufficio.

Mi infilo una felpa, concentrandomi sul mio respiro irregolare, e recupero il telefono sulla scrivania.
Vedendo che Caitlyn non ha risposto a nessuno dei miei messaggi e che non ha richiamato, il respiro si fa più irregolare di quanto non lo sia già.

Odio questa situazione.
Odio non essere nelle condizioni di aiutarla.

<< Andiamo, riesci a scendere le scale? >> domanda mia madre sulla soglia della mia camera.

La seguo fuori, annuendo.

<< Si mamma, ho solo qualche problema a respirare. Non mi hanno mica amputato una gamba >> cerco di ironizzare, ma a quanto pare lei è troppo spaventata per starmi a sentire.
Per questo mi prende a braccetto, fregandosene delle mie lamentele.

Una volta fuori casa, mi sembra quasi di respirare meglio. Ma la situazione peggiora nel momento in cui entriamo in macchina.
Il fatto che debba accompagnarmi mia madre, che sta rinunciando a fare qualsiasi cosa voglia per un mio bisogno, mi rende nervoso.
Odio dover dipendere da qualcuno, soprattutto se questa persona ha già fatto tanto per me.
E mamma ha fatto anche troppo.

JulietDove le storie prendono vita. Scoprilo ora