iii.

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ERANO PASSATI TRE GIORNI dal pranzo con i suoi fratelli, e Lynn non aveva ancora trovato il modo per chiedere a Patrick cosa avesse ultimamente. Quella sera uscivano a mangiare fuori, e gli avrebbe detto di Max. Osservando bene la sua reazione gli avrebbe, forse, chiesto cosa avesse. «sei pronta?» urlò l'uomo dalla cucina, dove stava aspettando la donna, vestito con un completo nero e una camicia bianca, leggermente aperta sul davanti.

Lei corse velocemente in salotto, con addosso un abito verde e un cappotto nero tra le braccia, mettendo il cellulare e il portafoglio nella borsa. «cosa stai aspettando? andiamo andiamo» sbottò uscendo dalla porta lasciandosi una ventata dietro e facendo ridere il compagno. Lui la seguì e salirono in macchina.

«mi fa strano vederti così bello, lo sai?» disse la donna, mentre l'uomo usciva dal parcheggio. «perché? no aspetta, di solito sono brutto?» l'uomo si portò una mano sul petto, fingendosi offeso e scioccato, mentre la donna rideva. «no però è veramente raro vederti con il completo e i capelli pettinati... di solito hai una massa di ricci indomabili e il pigiama grigio addosso» spiegò la donna mentre l'uomo continuava a borbottare.

«va bene, allora per farti vedere questa meraviglia- si indicò, mentre parcheggiava e si girava verso la donna, posandole un dito sotto il mento- dovrò portarti fuori più spesso» le lasciò un dolce bacio sulle labbra, mentre la donna sorrideva. «solo se paghi tu» rispose la donna, guardandolo negli occhi, innamorata persa. «eh certo che pago io» rispose l'uomo, uscendo dalla macchina e guardandosi attorno. «perché sei l'uomo»

     «no perché tra noi due sono l'unico che ha un lavoro che ci permette di uscire a mangiare fuori e di abitare in quel cazzo di appartamento» sbottò l'uomo, quando la donna si avvicinò a lui per entrare nel ristorante. La donna mandò giù il groppo che le era venuto e prese l'uomo a braccetto. «vedremo tra un paio di anni» rispose la donna, tenendo lo sguardo alto e raggiungendo il cameriere che li stava aspettando alla hall. «una prenotazione per quattro» la donna si girò verso l'uomo, confusa.

     «perché hai prenotato per quattro?» chiese velocemente la donna, guardandolo negli occhi, quasi avesse paura della risposta. «nella mia testa tu aspettavi un po' più in la, senza sentire però» parlò, guardandosi attorno. La donna sbuffò e lo chiamò per nome, richiamando su di se il suo sguardo. «patrick. chi cazzo mangia con noi»

     I loro sguardi erano fermi l'uno sull'altro, Patrick cominciandosi a sentire in colpa per quello che aveva fatto non riusciva a smettere di guardare gli occhi verde scuro della donna che aveva il suo cuore tra le mani, senza neanche saperlo. Erano mesi che lui insisteva sul conoscere i genitori di Evelyn, e li aveva conosciuti, ma due anni prima.
«evelyn, io ti amo e lo sai, voglio passare con te tutto il resto della mia vita; voglio svegliarmi la mattina con te al mio fianco; voglio che sia tu la donna a cantare nel bagno di casa nostra e voglio conoscere le persone che ti hanno reso così stupenda, prendendo spunto, per poi rendere mia figlia, nostra figlia, come te» l'uomo parlava tenendo le mani della donna tra le sue, scaldandole e lasciandoci un dolce bacio alla fine di quel dolce discorso, che fece venire le farfalle nello stomaco della donna.

Quelle parole, provocarono un brivido alla donna. Erano le parole che tutte le donne avrebbero voluto sentirsi dire dal proprio fidanzato. Ma qualcosa, spaventò Evelyn, facendola indietreggiare. Amava Patrick, avrebbe voluto passare il resto della sua vita con lui, ma non voleva figli. E lui lo sapeva. Si spaventò a quelle parole dolci, che non si aspettava.

«cazzo patrick- la donna si passò le mani sul viso, sospirando- due cose: ti amo da morire; e la seconda: non dirmi che hai organizzato una cazzo di cena con i miei genitori» «potrei dirtelo ma ti starei mentendo» rispose l'uomo, continuando ad osservarla.

𝐅𝐀𝐒𝐓 𝐂𝐀𝐑- 𝐜𝐚𝐫𝐥𝐨𝐬 𝐬𝐚𝐢𝐧𝐳Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora