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ERANO PASSATI QUASI TRE GIORNI da quando Henry aveva parlato con Evelyn. E quelle parole non uscirono più dalla testa di Lynn.
Le tornavano in mente ogni volta che vedeva Patrick, o quando si fermava un secondo.
Era un piovoso sabato mattina quando la mora si svegliò, alzandosi svogliatamente. Si alzò e indossò velocemente una felpa per coprirsi dal freddo dell'appartamento.
Raggiunse il salotto, mettendosi di fronte alla vetrata, che mostrava Central Park.
Non si poteva uscire a causa del maltempo, così decise di pulire casa. Verso le tre di pomeriggio Patrick tornò a casa dal lavoro. Si lavò e poi si sedette sul divano accanto a Evelyn.

«allora... non mi chiedi perché sono uscito prima?» chiese l'uomo guardando la mora, che nascondeva il volto dietro un libro di Stephen King. «non mi interessa saperlo, ma... perché sei uscito prima?» chiese, fingendo interesse. «perché ho prenotato un ristorante... per due. alle sette e mezza» «e perché?» scattò la mora, che aveva già deciso di uscire con le sue migliori amiche.
«per farmi perdonare. il fratello di un mio vecchio amico adesso lavora in quel ristorante dove hai sempre voluto andare e sono riuscito a farci avere un tavolo» parlò eccitato Patrick, mentre Evelyn si sentiva chiusa in un barattolo senza via di uscita. «non posso, esco con andy» rispose velocemente, puntandosi di chiedere ad Andy di uscire quella sera.

«non te ne frega proprio un cazzo di sistemare vero?» sbottò Patrick, scattando in piedi. «di sistemare in casino che tu hai fatto? no, non particolarmente» rispose Evelyn, con un leggero tocco di acidità. «evelyn per favore. ti ho detto che mi dispiace...»
«e tu veramente pensi che uno stupido mi dispiace possa sistemare il fatto che tu sia andato con un'altra, mentre continuavi a tornare da me e a dirmi che mi amavi?» urlò Lynn, ormai in lacrime.
Lei amava Patrick. All'inizio della relazione non era presa e non voleva farla durare, ma piano piano cominciò ad innamorarsi di ogni dettaglio dell'uomo. Come cucinava le uova o come preparava la lavatrice.

«patrick... io non ce la faccio più. mi hai chiuso, mi sento bloccata in questo cazzo di appartamento con te in una cazzo di routine che odio» sospirò la mora alzandosi. «io ti amo, però questo non te lo posso perdonare. mi stai soffocando» disse alla fine, alzandosi e mettendosi di fronte all'uomo. «ti amo da morire» gli ripeteva mentre era in lacrime. Lui le cinse la vita e la abbracciò, posando la testa sul ventre della mora, piangendo silenziosamente.

     Restarono in quella posizione, fino a quando Patrick si allungò per prendere il telefono e chiamare il ristorante, per disdire. La mora lo fermò, sorridendogli, prima di sedersi accanto a lui, e far riprodurre un'episodio di Dynasty.

     Erano le quattro di pomeriggio, quando la mora si alzò e andò in bagno, cominciando a prepararsi.
Lei non voleva lasciare andare Patrick. Lo amava, però non riusciva neanche più a soffrire in silenzio.
Quella sera sarebbero usciti, e poi lei sarebbe andata a casa di Andromeda, prendendosi una pausa dalla loro lunga e tortuosa relazione.

     «sei pronta?» chiese l'uomo, aspettandola all'entrata. Lui indossava uno smoking nero e una camicia bianca, mentre la mora si stava chiudendo l'abito nero. Uscì dalla loro camera, slegandosi i capelli e fermandosi davanti allo specchio che tenevano in salotto, passandosi il rossetto. «andiamo» disse prendendo il blazer e la borsa.

Il viaggio in macchina fu lento e silenzioso, fino a quando Lynn non accese la radio, alla quale stavano riproducendo Lovers Rock. La mora guardava la città passarle accanto, mentre Patrick guidava e la guardava con la coda dell'occhio.
Arrivarono al ristorante, entrando nella hall, Patrick si avvicinò per chiedere il tavolo che aveva prenotato, dove li accompagnarono poco dopo. La coppia si sedette e Evelyn rimase a bocca aperta quando vide la vista che aveva davanti. Il ristorante si trovava nel centro di Manhattan, e la vista dava su una gran parte dei palazzi, illuminati da luci a neon.

𝐅𝐀𝐒𝐓 𝐂𝐀𝐑- 𝐜𝐚𝐫𝐥𝐨𝐬 𝐬𝐚𝐢𝐧𝐳Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora