iv.

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LA MATTINA DOPO HENRY ACCOMPAGNÒ Lynn a casa, salutandola con un bacio sulla fronte.
«chiamami per qualunque cosa» le disse, prima di chiudersi la porta alle spalle e scendere di nuovo le scale e tornare a casa sua.

     Patrick, la sera prima, non tornò immediatamente a casa dopo che Evelyn se ne andò. Girò da solo per le strade vuote fino a tarda notte, pensieroso e dispiaciuto. Non riusciva a smettere di pensare a quello che aveva fatto a Lynn, e come poteva rimediare. Decise che le avrebbe chiesto di sposarla, di vivere per sempre insieme. Il loro per sempre felici e contenti.
Quello di cui gli parlava lei dopo una notte a fare sesso e a sussurrarsi parole dolci all'orecchio, mentre erano abbracciati, accaldati e nudi.

     Si amavano, questo era chiaro, ma c'era qualcos'altro sotto. Non era odio, ma era un sentimento diverso all'amore. Lynn non si fidava completamente di Patrick da un po' di tempo, quando le disse che stava andando al pub con alcuni amici e più tardi, quando chiamò uno dei suoi amici, le disse che nessuno lo aveva visto per tutta la serata.
Lei non andò a chiedergli niente, era curiosa e per tutto il giorno successivo non riusciva a fare la scena in maniera corretta a causa dei suoi pensieri opprimenti.

     Al contrario, Patrick era sicuro che Lynn non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Da un lato, la reputava una donna debole. In alcuni dei suoi giorni no, si chiudeva nel bagno, infilandosi nella vasca piena d'acqua, e cominciava a piangere, sfogandosi mentre ascoltava Adele cantare Love In The Dark. Quando non riusciva a dormire si alzava e si metteva sulla poltrona del loro salotto, con la luce accesa su di se e una bottiglia di vino rosso aperta di fianco e un calice. Passava tutta la notte a leggere e a rileggere il copione dell'opera oppure leggeva uno dei suoi tanti libri.

E poi, lei al contrario di Patrick, avrebbe venduto la propria anima per vedere l'uomo che amava felice. Mentre Patrick... beh era un po' diverso. Lynn non era felice da un po' di tempo, ma non per questo aveva smesso di provarci con lui. Lei lo vedeva come il suo principe azzurro. Sapeva com'era fatto, che era un po' tirchio ma romantico, che era geloso e dolce, era il mix perfetto tra ragazzo pericoloso e bravo ragazzo.

Poteva essere geloso e tossico, ma allo stesso tempo dolce, romantico e premuroso. Non aveva mai fatto mancare niente alla donna, le aveva dato un bellissimo appartamento, il cane dei suoi sogni e grazie a lui, lei poteva permettersi di fare il lavoro dei suoi sogni, concentrandosi solo su quello, senza dover pensare a bollette o ad altri tipi di pagamenti. Lui amava vederla recitare, vederla a proprio agio nei panni di altre persone.
Proprio a causa del teatro, loro due si incontrarono e salirono insieme su quella montagna russa, che non si fermava mai, aumentava solo di velocità.

     La mora entrò silenziosamente in casa, raggiungendo in fretta la camera da letto. Lo trovò sdraiato sul letto, ancora vestito e con il braccio destro alzato verso la sua parte del letto. Si avvicinò lentamente, sdraiandosi accanto a lui.
Patrick si svegliò velocemente, con un leggero scatto aprì gli occhi e appena vide la donna si tranquillizzò.
«sei tornata» disse l'uomo, quasi non se lo aspettasse. Era già successo che i due litigassero e che la donna andasse dal fratello, senza tornare a casa per un paio di giorni. E tutte le volte Patrick si ritrovava disperato in un appartamento da solo, circondato dalle loro foto.

     «certo che sono tornata. pensavi veramente che andassi dal mio amante così? senza avvisarlo, non vorrei mai fare una sorpresa a sua moglie» scherzò la donna, facendo sorridere anche l'uomo. «e poi devo chiederti una cosa per questo weekend»

     «ho pensato che potevamo andare in una di quelle baite, hai presente? in montagna» parlò l'uomo subito, sedendosi sul letto, mentre teneva la mano della donna. «ehm... no. mi ha chiamato max ieri, chiedendomi se potevamo andare a miami per vedere la sua gara» disse la donna, l'uomo si accigliò quando sentì il nome dell'olandese.

     Max odiava Patrick perché lo considerava un'idiota, un riccone che non si meritava niente di quello che aveva. Solo perché una volta, durante uno dei loro litigi, aveva lanciato un vaso contro il muro, rovinando il vaso e facendo finire alcune schegge sulla donna. Invece Patrick odiava Max per il suo essere prepotente ed arrogante. E anche per il suo modo di comportarsi con Lynn. Max ed Evelyn insieme erano un continuo insulti e parolacce, cosa che a volte infastidiva Patrick, ma Lynn non ci diede mai veramente peso.

     «puoi per favore, fare la persona matura e smettere di litigare con lui? perché a me non sembra che io mi metta a litigare con theodore quando ci prova con me, e non mi sembra che a te dia fastidio. quindi smetti di rompere il cazzo e cresci. grazie» sbottò la donna, alzandosi e andando in cucina. Chiamò Max, dicendogli che si sarebbero visti quel giovedì sera.
«wow, quattro giorni? devo proprio mancare a paul» ride l'olandese, la donna accennò ad un sorriso, uscendo dalla cucina, mettendosi sul balcone della loro cucina.

     «non so se lui viene. ieri sera abbiamo... discusso. vivamente. gli ho appena detto della gara e lui non ha detto niente» parlò la donna, poggiandosi al parapetto. «cazzo lynn. io intanto ti faccio tenere due pass. al massimo ne hai uno in più. tu come stai?» le chiese l'uomo, addolcendo la voce. «non è che non abbiamo mai litigato, lo sai, però c'era qualcosa questa volta... qualcosa in lui di diverso» «fisicamente? o come parlava...» «no no, intendo, nel modo in rispondeva o come si muoveva. teneva le mani lungo il corpo, neanche rigide. semplicemente lungo il corpo, con il palmo aperto. era come sei cercasse di restare tranquillo» parlò sbuffando, frustrata e stanca.

     «vabbè ne parliamo poi giovedì. prenoto l'aereo e ci si vede, verstappen» «ma che aereo. ti vengo a prendere con il jet che usiamo noi piloti per spostarci» «jet? o mio dio... sai, credo che verrò più spesso alle tue gare» rise la donna. «è quello che spero» rispose Max, sorridendo. «dai lynn, buona notte e vedi di non fare cazzate con paul» «certo number one, anche tu non fare cazzate, senza di me»

Si salutarono e Lynn tornò dentro casa sua, senza parlare con Patrick per il resto della mattinata. Lui lavorava nel suo ufficio e la mora sistemava la casa. Passò il pomeriggio sdraiata sul divano a leggere e a ripetere il copione, che ormai sapeva quasi a memoria.

Prese il telefono e chiamò una delle poche persone per cui avrebbe venduto l'anima. «chi non muore si rivede, giusto?» parlò la donna dall'altra parte del telefono. «lo so, lo so. scusa. ho avuto da fare con... tu sais» entrambe le donne parlavano francese.
«non avete superato?» «e non credo che questa cosa cambiare mai. è una testa calda, io non so chiudere la bocca e... boom. tutto esplode, vasi e lampade compresi»

«non mi sembri molto felice, lynn... ma io so cosa fare. vieni da me alle sette e un quarto. non mangiare niente» Evelyn sapeva a cosa stava pensando Andromeda.
Era il loro passatempo e calmante, un modo per fermare la rotazione terrestre e puntate tutti i riflettori su di loro.

Il cinema.
Sedersi con altri mille sconosciuti, piangere insieme a quelli sconosciuti, persone con cui non si avrà mai più niente a che fare, era un modo per tenere i piedi ancorati al terreno, secondo Evelyn.
Quello, era il suo modo per andare avanti senza sentirsi inadatta, sbagliata e di troppo.

𝐅𝐀𝐒𝐓 𝐂𝐀𝐑- 𝐜𝐚𝐫𝐥𝐨𝐬 𝐬𝐚𝐢𝐧𝐳Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora