𝐈𝐕 - Sirang-ro n. 8

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È bello il canto delle cicale. Può sembrare fastidioso per la sua acidità sonora, ma è come se ti facesse compagnia. Tra i pini marittimi, nelle ville in campagna.
Altrimenti la natura sarebbe fin troppo silenziosa e la troppa pace intimorirebbe chiunque.
Non sorprende infatti che il silenzio creatosi tra quei primi sguardi taglienti stesse mettendo persino l'autista decisamente a disagio.

Non si sa bene cosa stessero facendo.
Si erano persi l'uno nell'intrigo dello sguardo dell'altro, non spostandosi di un millimetro, senza allontanare le mani che continuavano a sentire l'una la presenza dell'altra su quella fredda maniglia.
Solo per quei millesimi di secondo in cui sbattevano le ciglia spezzavano il filo spinato che si era venuto a creare tra gli occhi bruni di uno e quelli di pece dell'altro. Lo stesso filo propagatosi lungo tutte le vene dei loro corpi, che quasi lanciava scintille.

All'autista parve proprio di assistere ad una tipica scena di un film western, in attesa di capire quale dei due cowboy avrebbe premuto per primo il grilletto.

E non si sa se fu più Taehyung ad essere immobilizzato dalla possente figura dinanzi a lui smentita dai brillanti occhi che stava osservando, o più Jungkook ad essere spiazzato dal rovente iceberg che gli fermava la mano fissandolo dritto in faccia e scrutando il suo corpo.

Sette e zero uno. Taehyung si risvegliò.

"Spostati"

"...no, lo avevo fermato io"

"Non mi interessa, sono in ritardo" Taehyung ammise - lasciando un lieve sospiro - perché non rientrava sicuramente nei suoi piani aspettare il taxi che sarebbe arrivato chissà quanto dopo.

"...anch'io" Jungkook mentì, perché non aveva, dal canto suo, alcuna intenzione di perdere quella sfida che era iniziata da sola, ma che ormai aveva reso entrambi feroci sfidanti.

Il giovane musicista strinse la presa e il CEO lo copiò - usando fin troppa forza per i tendini della mano del primo.

"...ascolta, è importante. È per il mio lavoro, non posso fare tardi"
Se provarle tutte era l'unico modo, allora Taehyung decise di andare sul sicuro e tentar la calma.

"Posso dire lo stesso, sto andando al lavoro...e c'è gente che mi aspetta"
Ma con una mezza bugia - a quell'ora sicuramente nessun ragazzo vagava per gli studi dell'Accademia - Jungkook annientò qualsiasi particella di pazienza rimasta al suo rivale.

Un'altro sospiro. Taehyung sapeva che stava per perdere il controllo, non solo per la criticità della situazione - clamoroso primo ritardo di tutta la sua carriera per il lancio di una nuova costruzione - ma anche perché la schiettezza del più giovane stava urtando ogni sinapsi del suo corpo.

"S-scusate...", l'autista tentò, e quando entrambi gli rivolsero lo sguardo nello stesso momento gli sembrò di aver infranto chissà quale regola di chissà quale rischiosa pratica di chissà quale esperimento da laboratorio.

"...posso portarvi entrambi...se mi dite dove dovete andare, magari fate prima..."

Parità. Così sarebbe finita. Condividere il passaggio sarebbe stata una vittoria e una sconfitta per entrambi. Tanto valeva accettare.

Un ultimo sguardo un po' confuso, forse per analizzare meglio a chi si sarebbe dovuto sedere affianco o forse solo per fare un po' 'il misterioso', e Jungkook rassegnato entrò dentro.

Taehyung lo seguì e si fece subito chiaro non appena sedutosi sul sedile di pelle e aver chiuso quel 'benedetto sportello':

"Corso Sirang-ro , numero 8. La prego di andare prima lì"

Silenzio.

Sì, sarebbe stato il turno dell'avversario di controbattere e dire la sua.

Ma dalla bocca non gli usciva niente. E aveva la mente offuscata. E la vicinanza dei sedili incominciò a sembrargli troppa, così come l'afa all'interno del veicolo.

𝐋𝐞𝐭 𝐓𝐡𝐞𝐫𝐞 𝐁𝐞 𝐋𝐨𝐯𝐞 ᯽ 𝑡𝑎𝑒𝑘𝑜𝑜𝑘Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora