𝐗𝐕𝐈 - Musica fu

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"È per i motivi appena elencati che si ritiene più adatto l'affidamento dell'orfano minore alla signora e al signor Kim, lieti e pronti ad accogliere la bambina in casa loro, vostro onore"

Nelle sale dei tribunali si gelava perfino a luglio inoltrato.
Non che fosse di particolare importanza, Jungkook stava solo cercando di distrarsi notando le più inutili sottigliezze.

La prima e ultima volta che era stato dentro ad un tribunale era stato per l'ufficializzazione del divorzio dei suoi genitori - soli una formalità, probabilmente non si erano neanche mai sentiti sposati veramente - quando lui aveva dieci anni e qualche mese.
Dopodiché oltre al tribunale non vide più neanche loro, nessuno dei due, trasferendosi permanentemente dai suoi nonni a Busan.
Non si sentiva sfortunato: ringraziava ogni giorno per la sentenza del giudice di allora.

Lo stesso, non ero del tutto contenti di essere lì, ma non aveva nessuna intenzione di lasciare l'amico da solo.

Lo sapevano entrambi che la presenza di Park Jimin all'assegnazione per la custodia di sua nipote era completamente inutile, sebbene obbligatoria.

Ma si trattava pur sempre del destino di sua nipote orfana.

"Dopo una breve pausa sentiremo le parole del minore. Venti minuti"

E probabilmente se ne sarebbe già andato da quel lungo corridoio nauseante e pallido di marmo se un veloce e precipitoso susseguirsi di leggeri passi non si fosse fatto sempre più vicino, e se delle gracili dita non lo avessero debolmente afferrato dai pantaloni.

"Jungkookie!"

Una voce squillante e sonora, dolce ma acuta, stranamente animata.

Come un vivace e disperato grido d'aiuto.

Yoonah aveva nascosto il viso affondato contro il ginocchio dell'uomo. E non sembrava avere intenzione di lasciare la presa.

"Yoonah...lascia stare il signore..."

Un'anziana donna - non doveva avere meno di settant'anni- sbucò dalle porte appena spalancate, muovendosi altrettanto velocemente su un paio di tacchetti che tanto stabili non parevano.

Quando si avvicinò abbastanza, Jungkook poté osservale il viso.

L'aveva intravista una volta entrato nella sala, ma una volta sedutosi le figure davanti a lui gli avevano completamente impedito di scorgere i diretti interessati che stavano veramente partecipando alla causa.

Zigomi alti e rugosi su cui poggiavano occhi affusolati e ancora vispi, forse un po' camuffati da quel poco di trucco che portava. Lunghi e crespi capelli grigi contornavano un viso sofferto, in un'espressione familiare ma allo stesso tempo così fredda e indecifrabile.

"Mi scusi, davvero....è che è un momento delicato per lei..."

La signora cercò di piegarsi lentamente sulle sue stesse gambe, mentre con una mano afferrò la piccola per un braccio avvicinandola a sé.

Strattonandola leggermente riuscì a farle staccare la presa, nonostante Yoonah non stesse staccando i suoi languidi occhi da quelli di Jungkook.

Come se lui fosse in grado di cambiare le cose. Neanche era riuscito a dirle qualcosa.
Come se non fosse solo un banale musicista oppresso dal più incombente senso di impotenza davanti all'espressione sofferta della bambina che aveva conosciuto poco più di sette giorni prima.

"Dobbiamo riprovare il discorso, ok? Poi saremo liberi e tornerai a casa con me e il nonno"

Lentamente si allontanarono mano nella mano. Ma Yoonah guardava ancora indietro.

Perché mi guardi!
Jungkook pensava.
Perché continui a guardarmi?. Smettila, ti prego.

Quella doveva essere la nonna. La mamma di Taehyung e Yeji.

Jungkook non aveva rivolto lo sguardo neanche per sbaglio verso la postazione di Taehyung durante il processo. Era una promessa che aveva fatto a se stesso prima di entrare. Però non vederlo neanche con la coda gli occhi vicino a sua madre e sue nipote in corridoio faceva strano.
Per dieci lunghi minuti non ci fu traccia di lui, Jungkook aveva così continuato a fissare nonna e nipote da lontano, una seduta di fianco all'altra,a ripetere chissà quale discorso di convincimento preparato.

Yoonah da ubbidiente sarebbe stata affidata ai genitori di Taehyung. D'altronde così era giusto che fosse.

"Se te lo stai chiedendo, sì: quella è la signora Kim", fece un Jimin di ritorno dai distributori automatici. Aveva in mano due bicchieri fumanti di caffè rigorosamente senza zucchero per Jungkook e con tre zollette per lui.

"Avevo intuito..."

"Eccolo, invece quello è il vero Kim in persona"

Non appena il musicista si voltò nuovamente scorse subito l'alta figura che aveva ora affiancato la donna e la bambina. Un uomo slanciato e in giacca e cravatta aveva fatto capolino tra gli stipiti in legno. Anche lui intravisto in mezzo a qualche testa da lontano, Jungkook poteva ora analizzarlo meglio.

Folte sopracciglia e lineamenti scolpiti. Era impressionante la somiglianza con il figlio.
Teneva stretto un sigaro tra le sue labbra, con le mani in tasca e lo sguardo fisso sulla bambina.

"...però sembrano affidabili. Almeno spero"

"Già. Rientriamo? Guardiamoli andare via insieme e andiamocene, per favore"

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"E' ufficiale: l'oppressione ha coinvolto troppi civili, i lavori sono rimandati fino a data da destinarsi..."

Entrava con queste parole Hoseok nell'unica sala del Magkuksu Luxe, correndo verso il tavolo a cui l'amico era già seduto da un po'.

"Che cazzo dici...", Yoongi si alzò lentamente dalla sedia, incredulo.

"Leggi pure..."

Era vero: un mandato ufficiale della KimForLife aveva ufficializzato la momentanea interruzione dei lavori quella stessa sera.
E quelle poche righe scritte furono abbastanza per far unire Min e Jung nell'abbraccio più atteso che avessero mai cercato.

Piansero anche, in quell'aroma di buon ramen e carne appena cotta. Qualche lacrima lasciata scorrere fino a cadere sulla spalla dell'altro era rimasta invisibile agli occhi degli altri clienti del locale.

La guerra era per il momento finita. L'Accademia aveva altri giorni da vivere.
La musica stava tornando nel più intenso concerto che avessero mai creato.

Musica fu.
Ma forse non per tutti.

𝐋𝐞𝐭 𝐓𝐡𝐞𝐫𝐞 𝐁𝐞 𝐋𝐨𝐯𝐞 ᯽ 𝑡𝑎𝑒𝑘𝑜𝑜𝑘Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora