XX Capitolo

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- Luke, ti prego vieni qui. -
Erano le 14.15, Luke aveva appena finito di mangiare ed Alice gli aveva scritto quel messaggio. Non fece domande, non ne aveva bisogno, se lei gli aveva scritto così improvvisamente e gli aveva chiesto di venire lì nonostante sapesse che sua mamma e suo fratello erano con lui, doveva esserci un motivo davvero serio. Prese gli occhiali da sole, le chiavi della macchina e si avviò verso la porta.
"Dove vai tesoro?" gli chiese Liz uscendo dalla cucina con un piatto bagnato tra le mai.
"Devo andare da Alice; mi ha scritto e quindi... Vado."
"Ok, tutto bene?"
"Non lo so... Mi auguro di si."
Detto ciò, aprì la porta ed uscì di casa.
Erano le 14:22, il tempo passava terribilmente lento, ogni secondo, ogni minuto Luke era sempre più agitato e l'agitazione aumentò quando Alice scrisse un secondo messaggio: - Luke ti prego, non riesco a fermare il sangue... Dove sei amore mio?" -
Come non riusciva fermare il sangue? Cosa cazzo aveva fatto? Cosa cazzo era successo? Era tutto normale fino a 5 ore prima e adesso invece era tutto così oscuro, così confuso, così sbagliato. Accelerò e in meno di cinque minuti arrivò a casa di Alice: la porta era aperta, urlò il suo nome, lo urlò un' altra volta finché non sentì dal bagno una flebile risposta.
"Sono qui... Amore."
Ciò che vide in seguito Luke non lo avrebbe mai dimenticato e lo avrebbe ricordato per sempre come il suo peggior incubo, solo che, in quel momento, non era un incubo, ma era la realtà, una cruda, violenta e atroce realtà.
Alice era a terra, una lametta di fianco a lei, piangeva e chiedeva scusa: "Scusa amore, scusa, non dovevo farti questo ma..." Indicò la rivista sul pavimento del bagno, anche quella sporca di sangue.
"Amore mio... Cos'è quello?"
"È un' intervista... Mio padre ha lasciato un intervista al The Sun, dice che mia mamma lo ha lasciato, che gli abbiamo rovinato la vita e che io mi sono venduta per fare dei CD, dice che ci odia, dice che preferirebbe vederci tutti morti... Dice che faccio schifo e che mi meritavo di essere bullizzata... Non ce l'ho fatta Luke, sono una ragazza debole... Scusa amore mio." Scoppiò a piangere di nuovo.
Luke la prese in braccio, prese la rivista; appoggiò Alice sul letto, buttò il giornale con l'intervista giù dalla finestra e cercò delle garze per fasciare le ferite di Alice.
"Sei arrabbiato con me Luke?" gli chiese Alice mentre lui continuava a girare la garza intorno al suo polso.
"No amore, io non sono arrabbiato con te. Sono incazzato con quel... Essere. Non può essere definito uomo, padre, persona; lo odio, non lo conosco, non lo conoscerò mai forse eppure lo odio... Guarda, guarda cosa ti ha fatto."
"Me lo sono fatta da sola Luke..."
"Lo so questo cazzo, ma non è possibile. È colpa sua, delle sue parole, delle sue manie di protagonismo, del suo essere una testa di cazzo. Ti ha ucciso psicologicamente, è la cosa peggiore che possa succedere ad una persona... Oddio, amore mio, ti amo."
Finì di mettere la garza e si asciugò una lacrima.
"Non piangere, per favore."
"Non riesco a vederti così, sei più importante della mia stessa vita e... Se ti succedesse qualcosa io potrei impazzire, davvero, diventerei pazzo."
"Amore..."
"Non farlo più, Alice, promettimelo, ti prego. Io sono qui, starò qui con te per sempre."
"Ti amo, te lo giuro."
"Ti amo anche io."
Si sdraiò insieme a lei sul letto: le fece appoggiare la testa sul suo petto e il polso ferito, dolorante e gonfio sulla sua pancia, la strinse a sé, le baciò la testa e iniziò a cantarle la loro canzone:
"Lost and insecure... you found me, you found me
Lying on the floor... surrounded, surrounded
Why'd you have to wait?... Where were you? Where were you?
Just a little late... you found me, you found me."

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