•40 HARRY

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"Anche drogata?!" Chiede Lucille a Camille. "Oui. Questo ha senso Lucille, usa i soldi di suo marito per la droga, ha senso no?!" Le risponde Cami, e tutte ridono. Non dico una sola parola, anche se nel mio stomaco si sta aprendo una voragine, so bene che Isabel infondo ha carattere e può metterla a tacere. E nel momento in cui afferro il flûte per berne un sorso, Isabel me lo sfila dalle mani con un gesto felino e glielo rovescia in faccia. "Magari ti riprendi, brutta puttana che non sei altro." Asserisce, prima di prendere la sua borsa, e andare via, di nuovo.

Io e Camille, abbiamo avuto una storia ai tempi del liceo. Per me è stata sempre una cosa casuale, nient'altro che sesso. Ma lei non è mai riuscita a superare la cosa.
"Questa volta hai proprio esagerato, Camille." Sbotto furioso e lascio il tavolo per seguire la mia finta moglie.

La vedo uscire dalla porta principale, correndo come una furia e cerco di raggiungerla, quando il signor Specter si fionda davanti e mi saluta, intrattenendomi in una breve conversazione. "Harry, caro!" Mi porge la mano che gli stringo subito. "Signor Specter, che piacere" rispondo, mentre con gli occhi cerco Isabel, ma non c'è più, ha lasciato la sala.

"Sei qui da solo?" Chiede l'uomo. "Oh no, sono con mia moglie e mio padre, naturalmente" rispondo distrattamente, una strana sensazione si impadronisce di me, é come se il mio corpo mi stesse ordinando di andare da Isabel, e per quanto io voglia cacciarla via, aumenta sempre di più. E prima che il signor Specter possa dire altro, lo liquido dicendo la prima cazzata che mi passa per la testa. "Signor Specter, sono desolato, ma devo proprio andare adesso! Devo risolvere un problema nella mia suite, a quanto pare é saltato un tubo e si è allagata la stanza. Mi farò sentire presto". Gli stringo la mano ancora una volta e lo supero andando via.

Raggiungo quasi le porte principali, quando sento provenire delle grida dal corridoio. "Fermati! Fermati!" E come un fulmine quella voce mi trafigge le orecchie. Isabel! Supero l'uscita a passo svelto, e raggiungo i corridoi, guardo alla mia sinistra, poi alla mia destra e il mio stomaco si torce da quel che vedono i miei occhi.

Un uomo sta bloccando mia moglie al muro contro la sua volontà. Mentre lei piange e si dimena cercando di liberarsi dalla sua presa, lo prega di fermarsi, quel vigliacco insiste ancora di più. I miei occhi si offuscano dalla rabbia e corro nella loro direzione. Sferro un pugno nel quadretto di vetro di fianco agli ascensori, che contiene un piccolo estintore e colpisco l'uomo alla testa, con tutta la mia ira.

Il mio petto fa su e giù incessantemente, mi scorre rabbia e frustrazione nelle vene più del sangue in questo momento, scavalco l'uomo caduto ai piedi di Isabel e con un rapido gesto, la attiro a me. Mia moglie è palesemente in uno stato di shock, sta tremando come una foglia ed ha gli occhi sbarrati guardando un punto indefinito del corridoio senza batter ciglio. "Isabel.." sussurro, mentre la stringo al mio petto. Non dice nulla, le alzo il mento verso di me delicatamente e noto quanto le sue labbra siano gonfie, e di nuovo, sento il mio stomaco stringersi.

Sto per dirle che ora è al sicuro, quando improvvisamente, la sua presa diventa più pesante, Isabel collassa, tra le mie braccia. Non riesco ad elaborare tutto quello che è appena successo, so solo che devo tornare alla suite, adesso! Così la sollevo ed entro in uno degli ascensori che ci porta al nostro piano.

Arrivati alla porta, infilo la chiave magnetica nella serratura e aspetto, finché la piccola spia verde comincia a lampeggiare. Una volta dentro, richiudo con il piede la porta alle mie spalle e adagio Isabel sul letto padronale della suite. La libero dalle scarpe e le sistemo il cuscino sotto la testa aspettando che si svegli. In momenti come questi, mi sento un perfetto idiota, non so cosa fare, sono nel panico più totale.

Improvvisamente sento un bisogno irrefrenabile di liberarmi del mio smoking, mi sta rendendo claustrofobico. Così tolgo la giacca e la fascia, e sbottono la camicia arrotolando le maniche sopra i gomiti.

Faccio avanti e indietro per la stanza per circa cinque minuti, quando la vedo aprire lentamente gli occhi e guardarsi intorno. Sembra tranquilla, per fortuna. Così mi avvicino e mi siedo sul bordo del letto di fianco a lei. "Hei.." le sussurro piano. Isabel mi rivolge uno sguardo, e scatta subito a sedere sul letto, allontanandosi da me spaventata. "Non... non.." balbetta con voce tremante, mentre i suoi occhi si fanno lucidi. Improvvisamente mi sento strano, il rimorso mi sta divorando vivo. Mi sto sentendo male per il modo in cui Camille e le altre l'hanno trattata. Mi sto sentendo male per come quel verme le ha messo le mani addosso..

É tutta colpa mia.

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