•PROLOGO•

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-Isabel-

Stringo la mano di mio padre, con il cuore in gola.
Mi fa male vederlo così. Giace incosciente sul letto d'ospedale, con dei macchinari applicati al petto, i monitor emettono dei beep ed una maschera di ossigeno gli copre il viso.

Le lacrime cominciano a scendermi sulle guance ed io le asciugo per quella che sembra la millesima volta.
Lui è una costante nella mia vita. L'ancora che tiene unita la nostra famiglia, il pilastro della nostra forza.
Mike, il mio fratello maggiore, appare sulla porta. Mi avvicino e lo abbraccio.

"Cosa ha detto il dottore?" Gli chiedo.
Mike guarda papà da sopra la mia spalla. "Vieni con me" mi dice incamminandosi verso il corridoio.
Annuendo, mi avvicino a mio padre e gli do un bacio sulla fronte, e subito seguo Mike fuori dalla stanza.
Noto i suoi capelli spettinati, le guance non rasate e le profonde occhiaie che ha sotto agli occhi e capisco che ha passato una lunga e dura notte.

"Ascolta Isi.." comincia a parlare prendendomi la mano come faceva quando ero solo una bambina e avevo paura di qualcosa;
"Ho bisogno che tu sia forte e che sappia affrontare le tue emozioni." sospira per poi riprendere a parlare "Lo so che non è facile, lo so bene, ma ho bisogno che tu lo sia.. papà ne ha bisogno" conclude guardandomi negli occhi con aria di supplica.

Faccio un respiro profondo e mi preparo ad ascoltare ciò che non voglio sentirmi dire, ma anche se dura, Mike ha ragione, devo affrontare la realtà.

"Papà.." si schiarisce la voce. "Papà, ha avuto un ictus.." e fanculo il controllo delle emozioni. Altre lacrime sono tornate ad offuscarmi la vista, provo a trattenerle con tutta la forza che ho, ma non so per quanto tempo ancora riuscirò a farlo.

"Non sappiamo ancora quanto sia stato intenso, ma pensano che l'ipertensione centri qualcosa" conclude con la voce smorzata.
"Cosa possiamo fare" chiedo con voce tremante e la disperazione che si espande sempre di più in ogni fibra del mio corpo.
"L'unica cosa che possiamo fare è aspettare, nient'altro.." conclude guardandomi con gli occhi tristi e rassegnati.

E mentre sto per ricominciare a parlare, mi sento abbracciare da dietro le spalle. "E tu.. andrai a riposare un po'. I dottori stanno ancora facendo degli esami, aspetteremo noi qui." Mi blocca sul nascere l'altro mio fratello, Bryan. Che si scambia subito uno sguardo furtivo e molto strano con Mike e capisco che non mi stanno dicendo tutto.

"Cos'altro c'è?" Sbotto infastidita. "COSA?!" Incrocio le braccia al petto aspettando una risposta che però non arriva da nessuno dei due. Dopo quelli che sembrano i due minuti più silenziosi della storia, Mike ricomincia a parlare sviando il discorso "Hai un colloquio tra poco, vero?" Annuisco. "Bene.. vai a casa, come ti ha già detto anche Bryan. Ti chiameremo noi quando ne sapremo di più promesso! Ma tu rimettiti in sesto per questo lavoro che vorresti tanto ottenere."

Tiro fuori un sospiro pieno di frustrazione, perché non voglio andarmene, ma so anche che i miei fratelli hanno ragione. É estremamente importante che io ottenga questo lavoro.
Così, li saluto entrambi ed esco nell'aria fredda della notte.
Intravedo le luci di New York in lontananza, con una sensazione di terrore che mi attanaglia lo stomaco.
Mi sento impotente...
Cosa posso fare?

-Harry-

La ragazza seduta al mio fianco strilla mentre sterzo il volante, dirigendo l'auto in un tornante oltre l'angolo. Ride, in estasi per la velocità e per le numerose bottiglie di champagne che ci siamo bevuti.

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