Capitolo I - Tornare a casa

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Alma


La sveglia continua a suonare ripetutamente, ma il suono è simile al cinguettio degli ultimi uccellini prima dell'autunno. Mi rigiro nel letto, sprofondando nel materasso mentre le coperte sono tirate su fino a coprirmi quasi completamente la bocca.

«Vuoi alzarti, signorina? Sono le otto. Farai tardi, come sempre.» Ringhia zia Edith mentre mi toglie con forza la trapunta.

Oddio, sono già le otto. Mi rendo conto in fretta.
Corro subito in bagno, faccio una rapida sessione di spazzolatura dei denti, risciacquo velocemente e poi mi bagno le mani sotto il getto del lavandino. L'acqua è gelida, ma mi ci immergo comunque la faccia per svegliarmi del tutto. Nel frattempo, sento suonare il campanello, Margot è già arrivata.Raggiungo la porta senza fiato.

Corro di nuovo in camera, afferro il primo paio di jeans che trovo nell'armadio insieme a una maglietta e una felpa. Mi vesto in fretta, tirando su i pantaloni e infilando la maglietta.

Scendo le scale due alla volta. "Le scarpe!" mi ricordo all'improvviso, quindi torno di corsa in camera, afferrando le solite sneakers bianche. Poi, scendo nuovamente le scale con la stessa rapidità.

Margot sbuffa mentre controlla l'orologio, segno evidente della sua impazienza.

«Mi dispiace, Margot, non so più cosa fare.»
«Non si preoccupi Edith, non è colpa sua.»Replica con uno sguardo fulminante che mi attraversa come un lampo.
Alzo gli occhi al cielo mentre chiudo la cerniera della felpa e sistemo le maniche. «Sono pronta, possiamo andare.» Annuncio, baciando mia zia sulla guancia e salutando mio zio con un cenno della mano.
Usciamo di casa e ci dirigiamo di corsa verso la fermata dell'autobus, ma quando arriviamo, è già partito. Guardo impotente il colore giallo del bus che si allontana sempre di più, rimanendo immobile con le braccia penzoloni lungo il corpo. So bene cosa mi sta pietrificando: lo sguardo di Margot.

La guardo con la coda dell'occhio.
«Po... Possiamo chiamare Roan.» Dico col fiato corto. Ha le sopracciglia abbassate e le narici dilatate. È arrabbiata, ma non le rimane altro da fare che annuire, così senza pensarci due volte prendo il telefono, cerco il numero di Roan tra le ultime chiamate. Eccolo. Uno squillo, due, tre...Non risponde. L'espressione di Margot è mutata da rabbia a curiosità.
Il telefono suona. È Roan. «Dimmi che non sei ancora a scuola.»
«Non ci credo che hai perso l'autobus...Tutti gli anni.»
«Cosa ne sai tu di tutti gli anni che sei in questa scuola solo dall'anno scorso?»
Margot spalanca gli occhi e mi fa segno con la mano di lasciar stare le polemiche e andare al sodo. «Quindi, puoi venire a prenderci?»
«Sei con Margot?» Rispondo di sì.
«Arrivo tra dieci minuti.»
Stacco. Annuisco per confermare a Margot che Roan sta arrivando. «Come fai a essere sempre in ritardo?»
«Sono solo pigra.»

Finalmente abbozza un sorriso.
Con il fianco spingo il suo, gli zaini si scontrano e ci mettiamo a ridere. Quando ride si piega in avanti e abbassa la testa, i suoi capelli color nocciola ricchi di grandi onde vengono mossi dal vento. Alza la testa verso il cielo coprendosi la bocca con una mano e con l'altra sposta una ciocca dietro l'orecchio. Gli occhi azzurro - grigio vengono colpiti dalla luce del sole fino a farli sembrare ancora più chiari di quanto non siano già. Il vestito che ha addosso le mette in mostra le gambe pallide.

La macchina rossa di Roan si avvicina spedita a noi. Lui abbassa il finestrino e mi sorride, ricambio il sorriso un po' a disagio mentre apro la portiera. Sposto il sedile in avanti per fare posto a Margot. Allungo la mano destra all'indietro, afferro la cintura e la incastro. Senza pensarci due volte, Roan si avvicina a me, quindi allento la cintura per poter seguire i suoi movimenti. Mentre lo bacio i suoi capelli rossi si confondono con i miei.
«Sei molto bella oggi.»

CURSE - Passione dannataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora