Capitolo XXII - Accecato dalla rabbia

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Dax


Appena oltre la soglia, i suoi lunghi capelli fulvi catturano subito la mia attenzione. Le sue guance sono arrossate, forse a causa dei baci appassionati che si scambia con Roan. Una mano è posata sul petto, come se cercasse di respingerlo, mentre lui la trae a sé con tenacia, la sua altra mano stringe la porta dello sgabuzzino che li separa.

Una fitta di rabbia mi attraversa, facendomi barcollare. Mi volto per tornare in classe, appoggiandomi al muro. I pensieri mi travolgono senza tregua. Forse Alma è così innamorata da poter perdonare tutto a Roan. Ma perché perdonare le sue menzogne e non quelle di Margot?

Lavinia mi fissa, consapevole che la mia irrequietezza non è causata solo dal bacio tra Alma e Roan, ma anche dalla sua presenza. Provo un dolore acuto per questa ragazza. Se non fossi tornato, forse lei e mia sorella sarebbero ancora amiche. So di aver sconvolto l'equilibrio di questa città e delle persone che la abitano, ma non so come porre rimedio.

Gli occhi della riccia rimangono fissi nei miei, ma cerco di evitarli. Mi ricompongo e mi avvio di nuovo verso la porta, ma lei mi blocca.

«Sei così preso da quella ragazzina?» La sua domanda mi irrita, e questa volta lascio trasparire la rabbia, i miei occhi diventano freddi e le vene intorno agli occhi si infiammano.

«Non sai di cosa parli.» Taglio corto la conversazione.

Esco senza badare a lei o alle sue curiosità, ma Alma non è più lì. Faccio un rapido giro per i corridoi, ma è già andata via.

Mentre torno alla mia solita velocità, urto accidentalmente qualcosa... o qualcuno.

Roan barcolla leggermente finché non riconosce chi sono, poi mi lancia uno sguardo tagliente e un sorriso maligno si dipinge sulle sue labbra. Capisco immediatamente che in lui si è accumulata rabbia e odio verso di me, la mia famiglia e i miei amici, anche se il suo problema è solo con me. So che questa volta me la farà pagare per tutte le volte che l'ho sfidato, strattonato, minacciato davanti alla sua ragazza.

E come un avvertimento, il mio istinto non mi delude mai. Alza le mani, creando un campo invisibile che ci isola da Lavinia. I suoi occhi si fissano nei miei e un dolore lancinante alla testa mi costringe a portare le mani alle tempie. Cado in ginocchio, esausto, mentre il dolore persiste senza dar segni di attenuarsi. Sento il corpo mutare, cercando di difendersi, ma lottando per non cedere alla trasformazione.

Nella mia vecchia scuola, ho conosciuto la solitudine molte volte. Senza i miei genitori, senza mia sorella, le amicizie sono venute col tempo. Il mio carattere non mi ha aiutato ad avvicinarmi agli altri, fino a quando Maya non è arrivata. Lei mi ha cambiato, mi ha riportato in contatto con l'umanità che credevo di aver perduto. Poi se n'è andata, lasciando solo un'ombra di sé. Con il tempo, la forza che una volta esprimevo come arroganza e prepotenza si è trasformata in sentimenti veri, condivisi con Lucien, Bernard ed Eva. Quando è stato il momento di scegliere il leader della nostra piccola famiglia, loro hanno scelto me. Mi hanno dato fiducia, perché non ero più la stessa persona di prima.

E ora mi trovo qui sul pavimento sopraffatto dal dolore imposto da un mago che mi odia per colpa di una dinastia passata, senza nessuno che venga a salvarmi, quando dovrei essere io a salvare loro. Essere questo da una vita, nient'altro che un disastro. 
Prego solo che io possa rimanere qui, rannicchiato a terra come un cane in pena per colpa del freddo, perché se dovessi rialzarmi, per Roan vedo solo la fine. 

La rabbia e il dolore mi annebbiano la vista, ma lui inizia a parlare come se il dolore fisico non fosse sufficiente. 
«Almeno hai trovato un'altra con cui girare.» Sogghigna riferendosi in modo evidente a Lavinia. «Così hai lasciato perdere Alma, o meglio, è lei che ha lasciato perdere te.» 
Ma ogni parola che sputa, il potere che usa diminuisce, perché pur provenendo da una famiglia potente, non ha abbastanza esperienza. 

Sento i passi di Lavinia avvicinarsi alla scena, che Roan però non riesce a sentire, so che se dovesse arrivare in tempo, non risparmierei Roan. 
E la vedo dietro di lui scattare come un felino, finendo per buttarlo a terra. La sua magia si spezza e io nemmeno questa volta riesco a vincere l'istinto che mi si impregna nelle vene, nei denti e negli occhi. 

Gli blocco le braccia sapendo che quelle sono le uniche che può usare contro di me. Afferro la sua gola che nelle mie mani possenti è talmente morbida che riesco a sentire il suo sangue scorrere e il cuore pulsare veloce. Un'unghia gli trapassa la pelle fino a fargli uscire gocce di sangue che mi tingono la mano. Lo assaggio nutrendomi della sua forza. I suoi occhi mi mostrano il terrore che sta provando. 

«Dax! Basta!» La voce di Lavinia mi sfiora le orecchie, ma senza destarmi alcun rimorso. 

Stacco la mano dal suo collo, stringendola a pugno e sferrando un colpo secco sul suo zigomo, poi un altro e un altro ancora. Altro sangue scorre come un fiume in piena dalle sue narici finché i suoi occhi si chiudono lentamente. La mia mano ancora in aria aspetta per lasciare andare l'ultimo colpo, ma qualcosa mi impedisce di farlo. 
Lavinia mi afferra il braccio tenendolo stretto, mi stacca dal corpo ormai immobile a terra. 
«Dax, è svenuto, basta. Vattene!» 

E come se vederlo lì inerme, non mi facesse sentire in colpa, come se fosse qualcosa che si è meritato. Non riesco a provare pena, solo soddisfazione. 

«Per favore, vai via, devo chiamare qualcuno, non posso lasciarlo lì.» 

Mi stacco da lei violentemente. «Lasciami stare. Fosse per me potrebbe marcire qui.» 
«Vattene Dax, non te lo ripeterò di nuovo.» Nemmeno il suo viso pieno di paura mi intenerisce. Ascolto il suo consiglio perché so che se il preside mi trovasse lì al suo arrivo, non finirebbe male solo per me, ma anche per gli altri. 

Quando arrivo alla porta, sussurro a Bernard che ho bisogno che si liberi di mia sorella per portarmi da Alma. 
Così il moro si muove nella mia direzione, ma la mano di Margot lo blocca chiedendogli di andare a casa insieme. 
Bernard le propone che sia Eva ad accompagnarla, siccome lui ha degli impegni oggi pomeriggio. E senza dare dettagli, Eva prende la mano di Margot e la dirige alla sua macchina. Lei sale ormai sfinita dai segreti continui. 

Quando ormai non può più vedermi esco dalla scuola con le mani zuppe di sangue. Bernard intuisce più velocemente di quanto mi aspettassi. Eva mi guarda delusa dai gesti violenti che non riesco a trattenere. 
«Per favore, prenditi cura di mia sorella.» 
«Tu dovresti prenderti cura di te stesso.» 
«Promettimelo.» 
«Promesso.» 

Salgo in macchina e a fianco a me si posiziona Bernard. Le sue occhiate mi fulminano e sento un dolore attraversarmi il petto. Ho messo di nuovo loro in pericolo per una rabbia che non riesco a gestire. Ma che natura malvagia è questa? 
Non riesco a trattenermi. Sbatto le mani inzuppate del sangue di Roan sul volante più volte. Grido e lascio uscire la rabbia che non sono riuscito a terminare di sfogare sul rosso. Gli occhi di Bernard puntati su di me, non mi fanno sentire giudicato, ma mi fanno capire che ho bisogno di aiuto. 

«Cos'hai fatto, Dax?» Dando per scontato che la colpa sia mia. 
Non rispondo ancora con i nervi a fior di pelle e con un groppo in gola che non riesco a mandare giù. Le lacrime iniziano a uscire senza che riesca a controllarle e mi rendo conto che il moro inizia a preoccuparsi sempre di più. 
«Dimmi solo che non è morto.» 
«Non lo so.» 

Bernard crolla sul sedile senza dire più nessuna parola. Accendo il motore ed esco dal parcheggio facendo retromarcia, le ruote sgommano sull'asfalto quando riparto. 
Inizio a girare la città, cercando in ogni posto in cui Lucien l'avrebbe potuta portare.

La devo vedere, le devo parlare, devo dirle quello che è successo, deve capire che mia sorella non ha colpe, deve perdonarla. Può odiare me, ora, ma non lei. 
Il senso di colpa mi divora, perché ho ridotto in quelle condizione la persona che Alma ama. Non mi perdonerà mai. Ogni chilometro percorso è una convinzione in più che non mi rivolgerà mai più la parola. 

«Dimmi che non è morto, cazzo!» Esordisce Bernard. 
«Non lo so, te l'ho detto.» 

Mi prende il volante dalle mani e i miei piedi seguono i suoi movimenti portandomi a frenare e fermarmi. 

«Come fai a non saperlo, Dax? Hai per caso perso anche quel poco cervello che ti è rimasto?» 
«Ho lasciato che Lavinia chiamasse qualcuno, perché era svenuto.» 

Ma il pugno di Bernard non tarda ad arrivare. Senza darmi spiegazioni sul gesto, esce dalla macchina sbattendo la portiera. Continua a girare in tondo con le mani sul viso. 
«Sei un coglione, Dax.» 
Cerco di avvicinarmi a lui per calmarlo. 
«Stai lontano, perché non so cosa sono capace di fare in questo momento.»

E finalmente vedo Bernard trasformarsi nella stessa creatura che condividiamo. 
Faccio lo stesso anche io, ma questa volta non per la rabbia. 
«Perché dai per scontato che sia colpa mia?» 
«Perché lo è sempre.» 
E quella frase mi ferisce così tanto che quello che pensavo fosse un gioco, si è trasformato nel mio funerale. 

«Sali in macchina.» Gli ordino. 
Quando finalmente si calma, sale. 
«Non sono stato io. Ha iniziato lui.» 
«Ma quanti fottutissimi anni hai? Ha iniziato lui? E quindi tu hai pensato bene di ucciderlo, vero Dax?» 
«Sì.» Rispondo divertito, ma proprio in quel momento mi rendo conto che forse non è giusto prendermi gioco delle sue emozioni. 
«Lo sai che potrebbero espellerci tutti? Che potrebbero anche ucciderci? Cosa ti fa pensare che Lavinia non sosterrà Roan quando racconterà che sei stato tu a ridurlo così? Sei uno stronzo Dax. Ti siamo sempre stati vicini, tutti. Tu invece ci volti le spalle.»

Mi rendo conto che ha ragione, perché è così, loro mi sono sempre stati accanto in ogni momento buio della mia vita e anche in ogni momento felice. Questa per noi è la prova e l'occasione di vivere normalmente e io l'ho buttata via. 

«Mi dispiace.» Gli dico con sincerità. 
La sua risposta non tarda ad arrivare. «Troveremo una soluzione.»

E proprio in quel momento capisco che cosa voglia dire un amico e lui lo è. 

Riparto, continuando a guidare, un'ora ispeziono ogni singolo angolo della città, ma senza trovare Lucien o Alma. Provo a chiamare, prima lui poi lei e lo stesso fa Bernard, ma nessuno dei due risponde. 
In quel momento il moro mi poggia una mano sul braccio. «Dax...» E dal suo sguardo capisco, ma non ci voglio credere. «Impossibile che siano a casa sua.» 
E senza pensarci due volte metto in moto verso casa di Lucien. 

Il tragitto è alquanto corto, la città è piuttosto piccola e in meno di dieci minuti siamo sotto casa sua.
«Lo sai che Lucien è tuo amico e non ti farebbe mai un torto.» 
Annuisco, ma i pensieri mi tormentano la mente. 

Bernard afferra le chiavi ed entra senza ripensamenti. 

Alma e Lucien sono seduti a tavola insieme a bere qualcosa che non riesco a intravedere dalla tazza, ma dall'odore sembra essere tè. 
Il biondo si gira verso di noi, ma mi rendo conto dalla sua espressione che le sue intenzioni non sono mai state quelle a cui ho pensato io. Ho tradito di nuovo un amico. 

Lei si alza scusandosi con Lucien, prende la sua giacca e si dirige verso la porta, ma questa volta non la lascerò scappare. Le blocco l'uscita e le chiedo di parlare facendole capire il bisogno che ho di dirle tutte le cose e dopo qualche tentennamento accetta. 





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