Capitolo 10

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Dopo non so quanto tempo mi stacco da Ary. Lei mette le mani sul mio viso e mi asciuga le lacrime con i pollici.

«S-scusami Ary, non vole-»

«Sh, non darti colpe che non hai Mary. Guardami, sono viva e senza nessuna ferita. Sono qui davanti a te, sto bene.» dice lei con un tono dolce di voce che dovrebbe rassicurarmi, ma che invece ottiene l'effetto contrario.

«No che non va tutto bene! Hai rischiato di morire solo perché ho disobbedito a Julian! È colpa mia. Tu avevi paura... avevi paura di me...»

«Non potrei mai avere paura di te, Mary. Non posso biasimarti perché gli hai disobbedito. Vi ha dato una missione fuori dal normale. Vendere droga non è una cosa che facciamo tutti i giorni. Non abbiamo mai fatto nulla di simile. Sei spaventata al solo pensiero di dover toccare quella roba. Non potevi sapere quale sarebbe stata la conseguenza della tua azione.»

«Non dovresti reagire così. Dovresti allontanarti da me per sempre, rischio solamente di farti del male.» dico sussurrando l'ultima frase e abbassando lo sguardo a terra, trovando il pavimento interessante.

«More, non mi allontanerò mai da te. Non riesco a stare senza di te per cinque minuti, figurati se riuscirei a farlo per tutta la vita. Fin da quando siamo bambine non hai mai fatto del male né a me né alle altre. Ci hai sempre protette da chiunque volesse farci del male e da qualsiasi forma di pericolo per noi. Hai un instinto così immenso di protezione verso di noi che non potrebbe mai accaderci nulla. Okey, forse durante le missioni a volte ci ritiriamo con qualche ferita, ed io e Sara siamo finite in ospedale, ma non è colpa tua. Non è stata colpa tua. E ricordati, ti amo troppo per riuscire a stare senza di te.»

Delle lacrime tornano a rigarmi le guance, che Ary prontamente caccia con i suoi pollici.

Mi avvicino a lei e le circondo il collo con le braccia, e nascondo il viso nell'incavo del suo collo.

Ary è tutta la mia vita. Con lei ho avuto un rapporto speciale fin da subito. Ovviamente sono legata anche alle altre, ma con Ary ho sempre avuto un rapporto particolare. Sono ultra protettiva, sono molto gelosa, la tratto come il più prezioso dei diamanti. E stessa cosa lei. Iper protettiva, gelosa oltre l'inverosimile, sempre alla ricerca di affetto e coccole.

In presenza l'una dell'altra siamo libere di essere noi stesse al cento per cento, senza indossare delle maschere che mostrano chi non siamo.

Perderla significherebbe perdere me stessa. Ed io non posso permettere che ciò accada. Ary è il mio tesoro più prezioso, e farò tutto il possibile per tenerla accanto a me per il resto della mia vita.

[Skip time]

Ed eccoci qua. Difronte ad uno dei tanti palazzi del quartiere di Montmartre. E con la bustina di cocaina in mano.

La guardo disgustata, non vedo l'ora di non vedere più questa cosa in tutta la mia vita.

Suoniamo il campanello e dopo poco tempo la porta viene aperta. Un uomo sulla trentina, alto, muscoloso, capelli neri, occhi azzurri appare davanti a noi.

«Lei è Austen Junot?»

«Si sono io. Voi sareste?»

«Lavoriamo per Julian Morris. Abbiamo il compito di consegnarle questa bustina.» dico allungando la bustina verso l'uomo.

«Oh deve essere la cocaina che ho richiesto. Grazie dolci fanciulle, e grazie anche al ragazzo.»

Senza darci il tempo di dire o fare qualcosa che ci chiude la porta in faccia.

«Direi che per noi è arrivato il momento di andare via. La nostra missione si conclude qua.» dico voltandomi e tornando all'auto.

Entriamo in macchina e come ogni giorno della nostra vita andiamo alla Morris's Enterprise. Una volta arrivati parcheggiamo, usciamo dall'auto ed entriamo nell'enorme edificio.

Solito ascensore. Solito piano. Solita porta.

Mi domando per quanto ancora dovremo subire questa routine. Per quanto ancora dovremo vedere la faccia di Julian e di quei stronzi dei nostri genitori.

Ci sediamo alle solite poltrone, e gli sguardi che ci rivolgono i nostri genitori sono così freddi da fare accapponare la pelle.

Julian ci guarda come se da un momento all'altro volesse ucciderci nel caso non avessimo portato a termine la missione.

«Quindi?»

«Abbiamo portato la missione a termine. Abbiamo consegnato la... cocaina ad Austen Junot.» dico facendo tutto il possibile per non mostrarmi agitata e nervosa.

Julian rimane in silenzio per un po', ci scruta come per capire se mentiamo o stiamo dicendo la verità.

Poi prende il telefono, lo appoggia sul tavolo e avvia una chiamata mettendo il vivavoce.

-Pronto?-

-Austen, sono Julian.-

-Oh Julian! Amico mio! Cosa ti porta a chiamarmi?-

-Hai ricevuto la droga?-

-Oh si! Ne sto facendo uso proprio ora! Ti vuoi unire? Ahahaha!-

Julian chiude la chiamata e ripone il telefono nella tasca della sua giacca grigia.

«Bene. Direi che per oggi con le missioni avete finito. Vi chiamerò quando avrò un'altra missione.»

Noi annuiamo, ci alziamo e ci dirigiamo verso la porta dopo aver salutato Julian e i nostri genitori.

Prima che potessimo uscire Julian ci ferma.

«Oh giusto, dimenticavo. Ila. Il matrimonio tra te e Nicole avverrà a breve. Il dieci agosto è alle porte. È arrivato il momento di andare a comprare i vestiti. Il resto è tutto organizzato come ben sapete.»

Ila annuisce e noi finalmente usciamo dal suo ufficio.

Un volta nell'ascensore tiriamo dei sospiri di sollievo. Ci appoggiamo con la schiena allo specchio e ci lasciamo scivolare a terra.

«Quando finirà questo incubo?» chiede con un soffio di voce Ila.

«Non lo so. Ma vi prometto che vi porterò via da qui. Anche a costo della mia stessa vita.»

Ila annuisce e appoggia la testa sulla mia spalla. Le lascio un bacio sui capelli e appoggio la mia testa sulla sua.

Prima o poi tutto ciò dovrà finire, e quando succederà partiremo e non torneremo più in questa città. Diremo addio a Julian e ai nostri genitori.

Dopo tutto ciò che stiamo passando, meritiamo di vivere una vita tranquilla, senza armi, senza morti sulla coscienza, senza sensi di colpa per ogni essere umano ucciso, senza missioni da portare a termine tutti i giorni.

Ho appena fatto una promessa. E ho l'intenzione di mantenerla fino a quando non esalerò il mio ultimo respiro. Costi quel che costi.

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