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Mia e Jenny avevano trascorso gran parte del pomeriggio a fare l'amore come ormai non accadeva da tempo.
Se le lunghe sessioni di sesso pomeridiane erano state abituali durante i primi tempi della loro relazione, adesso che il sentimento si era consolidato, accadevano con meno frequenza perché semplicemente la quotidianità aveva preso il sopravvento sulla passione.
Il sesso con Jenny non era mai mediocre, ma Mia era mancata la spontaneità dei primi tempi, quando spesso capitava che la ragazza, a sorpresa, la andasse a prendere all'uscita di scuola per portarla nel suo appartamento, dove facevano l'amore, non curandosi neanche di pranzare.
A dirla tutta, quella mattina non aveva avuto nulla di spontaneo, Mia aveva programmato di sedurre la compagna, la biancheria indossata ne era la prova, e quando Jenny, invece, era si era trattenuta al pub si era sentita come se avesse messo il locale al primo posto. Era stato un pensiero ingiusto e irrazionale, ne era consapevole, Jenny aveva sempre priorizzato la loro relazione su tutto, ma capitava che l'impegno di gestire un'attività ci si mettesse in mezzo.
Inoltre, il fatto che la compagna fosse proprietaria di un pub aveva sempre affascinato Mia. Vederla, anzi ammirarla, la prima volta dietro al bancone così sicura di sé era stato uno dei motivi che l'aveva spinta ad avvicinarsi e a cominciare a tutti costi una conversazione; se poi si aggiungeva che la ragazza era dannatamente attraente si capiva perché all'epoca avesse insistito tanto per avere il suo numero di telefono.
Rimasta sola a casa, Mia si mise davanti al PC per organizzare le attività di classe; la scuola avrebbe riaperto da lì a due giorni e lei aveva molto da fare. Lavorò fino a sera, quando i morsi della fame cominciarono a farsi sentire.
Aveva promesso a Jenny che sarebbe passata da lei per una birra dopo cena, cioè quando la ressa fosse diminuita e la compagna avrebbe avuto più tempo per darle retta, tuttavia a Mia non andava molto di riprendere da dove aveva lasciato qualche ora prima in cucina, decise perciò di anticipare la visita e di cenare direttamente al pub, come spesso capitava. Addirittura, c'erano stati dei periodi che andare al locale era l'unico modo per stare con Jenny.
Mia indossò un paio di jeans skinny e una camicetta verde. Stava per mettere un paio di sneakers, come faceva di solito, ma optò invece per un paio di tacchi. Non indossava spesso scarpe con il tacco, soprattutto non lo faceva per andare al pub. Avevano la fortuna, infatti, di abitare a poco più di trecento metri dal locale e sia Mia che Jenny ci andavano a piedi; tuttavia quel giorno, forse, perché aveva ancora una buona dose di adrenalina in circolo residua dal pomeriggio di passione, la ragazza si sentiva particolarmente incline a vestirsi provocante e i tacchi le facevano un bel culo, che Jenny poteva ammirare da dietro il bancone.
Arrivò al locale che erano appena le otto; lo trovò insolitamente pieno per quel giorno della settimana e si dovette accontentare di sedersi al bancone. Si accomodò su uno degli sgabelli liberi; alla sua destra c'era un signore di una certa età che rideva e scherzava con quello che doveva essere un amico accanto a lui, quello alla sua sinistra invece era libero.
Jenny non era nelle vicinanze, c'era però l'instancabile Olivia che appena la vide le si avvicinò con un enorme sorriso.
«Ehi! Che bello vederti! Come stai?»
C'era stato un tempo in cui Mia non aveva sopportato quella ragazza.
Olivia, ragazza appena ventenne, allora, e con un fisico tonico e snello, era arrivata al pub più o meno quando Jenny aveva conosciuto Mia e quest'ultima aveva temuto di dover dare il via a una battaglia per demarcazione del proprio territorio.
Era stato chiaro fin da subito, infatti, che la giovane bartender non era immune al fascino femminile e spesso e volentieri non mancava di rivolgere qualche complimento velato o una frase ammiccante a Jenny, la quale non solo non sembrava infastidita ma addirittura ricambiava senza mai esagerare.
Perciò, Mia, che aveva appena cinque anni in più della ragazza ma che lei percepiva come dieci, all'epoca si era preoccupata che la oramai compagna cedesse alle lusinghe della giovane dipendente.
Fortunatamente, ci erano voluti appena pochi mesi per capire che l'atteggiamento provocante di Olivia nei confronti del suo capo era perfettamente in linea con la sua personalità espansiva e soprattutto non era esclusivo. Mia l'aveva capito quando un giorno che Jenny non era al locale, la ragazza, dopo averle offerto da bere e averla fatta ridere, le aveva detto candidamente di farle uno squillo quando fosse finita con Jenny.
Mia, perciò, aveva superato da tempo la gelosia iniziale e ormai considerava Olivia non più una nemica, ma un'alleata e soprattutto una persona indispensabile per il pub.
«C'è un sacco di gente stasera!»
Olivia roteò gli occhi.
«La tua compagna e il suo capo cuoco» disse con evidente sarcasmo «hanno avuto la brillante idea di proporre un menù fisso con la birra a metà prezzo stasera e questo è il risultato.»
«E Jenny dov'è?»
«È questo il problema. Dovrebbe occuparsi della sala, ma a quanto pare oggi l'universo ce l'ha con noi. Mancano delle bottiglie di Whisky è di là a controllare bolle e le ricevute, e a cercare di capire come e quando è successo.»
«Mmm.» commentò, Mia pensierosa.
Quello si aggiungeva alla lista degli imprevisti che Jenny le aveva elencato quel pomeriggio.
Olivia doveva aver mal interpretato il suo tono e si sentì in dovere di tranquillizzarla.
«Non ti preoccupare la tua bella ci raggiungerà presto, nel frattempo ti porto una birra e che altro? Delle patatine ti vanno?»
Mia acconsentì e guardò Olivia sparire in direzione della cucina.
Attendeva da cinque minuti, quando qualcuno prese posto accanto a lei. Non se ne accorse subito, il suo sguardo, che puntava infatti nella direzione opposta, era rivolto ai ragazzi che stavano lavorando. Fu, al contrario, il nuovo arrivato ad ricercare la sua attenzione.
«E' libero il posto, vero?» chiese una volta che però era già seduto.
«Sì, certo.» rispose Mia distrattamente.
«Mi sono seduto senza pensare.» disse l'uomo qualche secondo dopo, con tono di scuse.
«Nessun problema.»
Il ragazzo che quella sera affiancava Olivia, venne verso di loro; lo sconosciuto quindi ordinò una birra e quando fu arrivata si rivolse di nuovo a Mia.
«Mi era venuto il dubbio che questo posto fosse occupato perché mi sono detto che era poco probabile che una bella ragazza come te fosse seduta al bancone tutta sola.»
Fu allora che Mia gli prestò piena attenzione. L'uomo seduto a fianco a lei sembrava alto e avere un fisico possente. I capelli erano scuri, così come gli occhi, e un pizzetto curato che gli incorniciava la bocca sottile. Da qualche pelo bianco che spuntava dal pizzetto, capì che doveva essere più grande di lei, ma non di molto, perché il viso, un bel viso, non aveva molte rughe.
Nonostante il complimento banale, Mia non poté fare a meno di sorridere.
«No, tranquillo.» rassicurò lo sconosciuto che le restituì il sorriso.
«Piacere, Massimo, ma puoi chiamarmi Max.»
L'uomo allungò la mano e lei gliela strinse.
«Mia, piacere.»
«Vieni qui spesso?»
«Qualche volta.» rispose vaga.
«Per me è la prima volta invece. Mi ha invitato un amico che però non si è fatto vivo. Mi sa che mi ha dato buca. Tu? Anche a te hanno dato buca?»
«No, sono qui da sola.»
Più o meno, pensò Mia. A separarla dalla compagna c'era solo un muro.
«Ti ammiro, sai?»
Mia lo guardò con un'espressione interrogativa.
«Entrare in un pub a bere da soli è una cosa che non sono mai riuscito a fare.»
«E' per questo allora che stai parlando con me? Perché non ti piace bere da solo?»
«Non solo....» rispose l'uomo con tono allusivo.
Mia gli rispose con un sorriso e Max, evidentemente impaziente di non lasciar cadere il discorso, continuò:
«Non mi aspettavo che fosse così pieno in mezzo alla settimana.»
«Di solito c'è meno gente, infatti, mi sono dovuta accontentare di sedermi qui.»
«Allora teniamo gli occhi aperti, se si libera un tavolino ci spostiamo.»
Max aveva dato per scontato che lei volesse sedersi al tavolo insieme a lui, ma Mia, che non ne aveva voglia, non lo contraddisse. Credeva che ci sarebbero state scarse possibilità che uno dei tavoli si sarebbe liberato a breve, e non vedeva l'utilità di quel rifiuto.
Olivia arrivò con il cibo di Mia.
«Ecco a te le patatine e José ti manda questi.» le disse con un sorriso, mentre poggiava sul bancone tre piattini con diversi tipi di antipasti che Mia non aveva mai visto al pub.
«Che gentile, grazie.»
«Ok, fammi sapere ti serve qualcos'altro.» aggiunse Olivia facendole l'occhiolino.
«Hai mentito! Vieni qua più di qualche volta, ti riservano dei trattamenti di favore.» disse Max appena la ragazza si fu allontanata.
Mia spinse il piatto verso di lui.
«Prendi pure, se ti va, è abbastanza per tutti e due.»
Max accettò e prese una delle bruschetta, che nelle sue mani grandi sembrava ancora più piccola. Mia si sorprese a domandarsi cosa si provava ad essere strette da quelle mani.
«Vivi da queste parti?»
«Sì, a cinque minuti a piedi da qui.»
«Questo spiega perché vieni qui spesso. E di cosa ti occupi?»
«Sono maestra in una scuola per l'infanzia. Insegno a due classi di bambini dai tre ai cinque anni.»
«Sembra stressante e rumoroso.»
«Credimi lo è! Tu invece?»
«Sono un vigile del fuoco.»
Mia pensò che non poteva essere altrimenti, visto il fisico di quell'uomo.
»Anche questo sembra stressante e rumoroso. E forse anche pericoloso.» disse Mia cercando di togliersi dalla mente l'immagine di Max in divisa da pompiere.
L'uomo fece una smorfia.
«Beh, non lo è?»
«Sì, ma non sempre.»
«Menomale, direi.»
«Il problema è che passo la maggior parte del tempo in caserma a lamentarmi che non succede mai niente, ma poi quando arrivano le chiamate, quelle serie, mi sento uno stronzo.»
«Perché mai dovresti essere uno stronzo?» chiese Mia, incuriosita dall'insolito ragionamento.
«Perché è come se sperassi che succeda qualcosa, ma nel nostro caso se succede qualcosa è perché dobbiamo salvare il culo della gente.»
«Vediamo se ho capito bene: ti annoi, ma ti senti in colpa perché ti annoi, giusto?»
«Praticamente.»
Mia si mise a ridere.
«Scusami, ma non ha molto senso.»
Max la guardò serio per qualche secondo e poi le disse:
«Lo sai che hai un bel sorriso?»
Mia arrossì, o almeno così credette, perché sentì le gote infiammarsi.
«Oddio, ti ho messa in imbarazzo, scusa. Di solito non sono così diretto.»
Mentre si giustificava, Max allungò la mano e la mise sul braccio di Mia. Il contatto durò pochi secondi ma causò alla ragazza qualche brivido di troppo.
«Non devi scusarti. Fa sempre piacere ricevere dei complimenti. Solo che mi hai preso alla sprovvista.»
L'uomo tornò all'attacco.
«Dovresti essere abituata ai complimenti. Ne riceverai moltissimi.»
Smielato, ma efficace, pensò la ragazza.
«Meno di quanto vorrei, ma più di quanti ne meriti, forse.» disse cercando di smorzare la tensione che si stava creando.
Max rise e Mia pensò che anche lui aveva un bel sorriso, ma lo tenne per sé.
Il telefono dell'uomo squillò.
«Devo rispondere, scusami.»
Max, con espressione seccata, si alzò e si diresse verso l'uscita del locale.
Mia lo accompagnò con lo sguardo e quando fu finalmente lontano dalla sua vista, tornò a girarsi verso il bancone. Incrociò per caso lo sguardo di Olivia, la quale per un attimo parve voler scrutare dentro la sua testa, e per qualche motivo arrossì di nuovo, come se fosse stata beccata a fare qualcosa che non doveva.
E forse era così, si rese conto, in quel momento, che non aveva nominato Jenny neanche una volta. Non aveva detto a Max che il motivo per cui stava lì spesso era perché il posto apparteneva alla sua compagna e che per lo stesso motivo dalla cucina le arrivava cibo che non aveva ordinato. Non aveva neanche menzionato il fatto che a cinque minuti da lì non ci viveva da sola, ma con Jenny. Max non gliel'aveva chiesto, ma sentiva che lei avrebbe comunque dovuto dire qualcosa in merito.
Si alzò dallo sgabello e si diresse nell'ufficio di Jenny. Entrò senza bussare e la trovò seduta alla scrivania intenta, almeno così aveva detto Olivia, a controllare alcune ricevute. Le sorrise, ma la compagna non ricambiò.
«Di là c'è il delirio.» disse avvicinandosi alla scrivania.
«Lo so, il tempo di raccapezzarmi e torno in sala.» rispose Jenny senza alzare lo sguardo da quello che stava facendo.
«I ragazzi se la stanno cavando bene.»
«Come sempre.»
Jenny era piuttosto scontrosa, inoltre sembrava che il non guardarla in faccia non fosse casuale.
Mia, allora fece un altro tentativo.
«José è stato carinissimo, mi ha mandato con Olivia delle cose che non avevo chiesto.»
«E tu li hai divisi con il tuo nuovo amico, giusto?»
Mia sospirò.
«Che ti ha detto Olivia?»
Jenny finalmente alzò la testa e sbottò:
«Olivia non mi ha detto un cazzo, Mia, con quella ragazza non ci parlo da ore. Sono passata dalla sala e ti dirò per un attimo ho anche pensato di mollare tutto e farti compagnia, ma poi ho realizzato che avevi risolto.»
«Andiamo Jenny, sei arrabbiata perché facevo quattro chiacchiere con un tizio?»
«Un tizio che ti faceva gli occhi dolci, Mia. Gli hai detto che hai una compagna?»
No, non gliel'aveva detto ma non poteva ammetterlo, perché sapeva come sarebbe sembrato.
«Jenny, metà delle persone qua dentro sa chi sono. Non c'è bisogno che entri con addosso una maglietta con la scritta vado a letto con il capo di questo pub!»
«E lui di che metà fa parte?»
«Certo che gliel'ho detto!»
Mia mentì spudoratamente, anche perché una volta tornata di là aveva tutte le intenzioni di rimediare.
«Questo non gli ha impedito di flirtare e, da quello che ho visto, non l'ha impedito neanche a te.»
«Jenny, sei ridicola.» disse alzando le mani come in segno di resa. Non vedeva il motivo di discutere in quel momento, la sua compagna poteva essere una persona testarda.
«Non sono ridicola Mia, sei tu che ti comporti da troia. La prossima volta però fammi un favore, se devi provarci con degli sconosciuti, fallo fuori dal mio pub dove io non possa vederti. Ora vai torna pure dal tuo amico e quando esci chiudi la porta, grazie.»
L'insulto colse di sorpresa Mia e forse anche Jenny stessa che adesso aveva distolto lo sguardo.
«Vaffanculo Jenny.» disse con un filo di voce. Uscendo, però, si permise il lusso di sbattere la porta.
Mia decise che sarebbe tornata a casa. Raggiunta di nuovo la sala, si accorse che Max non era più al suo posto e pensò che era meglio così.
Prima di lasciare il pub, salutò frettolosamente i ragazzi e lasciò la mancia nel grande barattolo vicino la cassa. Riteneva, infatti, che in quanto partner del capo cibo e bevande le fossero in qualche modo dovuti, il tempo dello staff no, però, perciò lasciava la mancia, che Jenny divideva equamente, come qualsiasi altro cliente.
«Eccoti!» disse una voce appena varcò la porta d'ingresso.
Mia si girò e vide Max appoggiato contro un muro che fumava una sigaretta.
«Quando sono rientrato non c'eri ho aspettato un po', ma poi vedendo che non tornavi sono uscito a fumare. Dov'eri finita?»
La risposta giusta sarebbe stata sono andata a salutare la mia ragazza nel suo ufficio, magari omettendo il fatto che avevano litigato per colpa sua. Mia però, troppo arrabbiata con Jenny, non lo fece, e incapace di trovare una risposta alternativa, cambiò argomento.
«Brutto vizio quello del fumo.»
Max rise.
«Ho provato a smettere, ma non ci riesco.»
«Ti serve una buona motivazione, forse.»
«Me la vuoi dare tu?» chiese in tono ammiccante
Mia sorrise e abbassò lo sguardo.
«E' meglio che vada» disse poi.
«Aspetta!»
Max buttò la sigaretta e si avvicinò di qualche passo.
«Posso accompagnarti, se vuoi.»
«Non ce n'è alcun bisogno, te l'ho detto abito qui vicino,grazie però.»
«Dammi il cellulare, almeno, così ti lascio il mio numero.»
Ancora una volta, Mia non disse la cosa giusta e ubbidì alla richiesta.
Max digitò il proprio numero e poi fece partire uno squillo e, quando arrivò, memorizzò il numero della ragazza sul proprio cellulare.
«Adesso possiamo sentirci.» disse restituendo il cellulare a Mia.
La ragazza senza confermare né smentire rispose, prima di allontanarsi:
«Buonanotte, Max.»
Mia aveva percorso qualche metro prima di girarsi di nuovo verso il pub e vedere che Max la stava osservando mentre andava via, e pensò che quella sera aveva fatto proprio bene a mettere i tacchi.

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