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Max non aveva lasciato passare nemmeno ventiquattro ore dall'incontro con Mia prima di scriverle, ma la ragazza, che aveva ben stampata in mente l'espressione delusa della compagna mentre le dava della poco di buono, si era guardata bene dal rispondere.
Il bel pompiere, tuttavia, era insistente ed era tornato alla carica il giorno dopo e ancora quelli successivi; cercava di divertirla con delle battute, non mancava di dirle che era bellissima e rinnovava sempre con testarda determinazione l'invito ad uscire con lui. Sebbene più di una volta le fosse sfuggito un sorriso nel leggere i messaggi di Max, Mia era stata inamovibile e aveva mantenuto il proposito onorabile di ignorarlo.
L'occasione, però, si sa, fa l'uomo ladro e la ragazza, quando a una settimana dall'incontro con Max,
era rimasta improvvisamente sola a casa, aveva ceduto alla tentazione.
Lei e Jenny, infatti, avevano in programma di passare il pomeriggio assieme, ma improvvisamente la compagna aveva ricevuto una chiamata da uno dei ragazzi dello staff ed era dovuta scappare al pub per un'emergenza imprecisata.
Saltati, quindi, i piani che aveva con Jenny, la ragazza si era a trovata sola, annoiata e con un pomeriggio da occupare. Si era seduta al PC, intenzionata a portarsi avanti con le attività di classe, ma essendo mentalmente impreparata, quando il cellulare, mezz'ora dopo, le segnalò una notifica, si lasciò distrarre volentieri.
Era di nuovo Max, ma questa volta sembrava volersi rassegnare.
Ci ho provato, ma mi devo arrendere, aveva scritto.
Mia si scoprì delusa da quella prospettiva, i messaggi lusinghieri del ragazzo erano diventati una piacevole abitudine per lei e doveva ammettere che avevano stuzzicato la sua fantasia. Perciò, prima che potesse valutare alle conseguenze di quello che stava per fare, digitò:
Che stai facendo?
La risposta arrivò tempestiva: Ti penso...
Rimase, sulle prime, stranita da quella schietta confessione, ma si riprese subito e lo smarrimento iniziale lasciò il posto a una sensazione diversa, a cui non sapeva dare un nome e che le disegnò un enorme sorriso sulla faccia.
A questo punto, aveva di fronte due strade, una sicura che prevedeva di lasciar cadere la conversazione una volta per tutte, e una più pericolosa che prevedeva che rispondesse alla provocazione. Scelse di imboccare la seconda strada, solo che non lo fece camminando, ma correndo. Gli scrisse infatti:

Nuda o vestita?

Wow!
Sei passata da zero a cento in un secondo!
Dov'è finita la ragazza che al pub
è arrossita per un complimento?

Leggendo quel messaggio, Mia rifletté che probabilmente la ragazza a cui si riferiva Max era uscita di casa con Jenny. Questo pensiero, però, non la fece desistere.

Non hai risposto alla domanda, Max.

Se vuoi una risposta,
dovrai accettare di uscire con me.

Quando?

Che ne dici di adesso?
Ho in mente un posto che
ti potrebbe piacere.

Perché tutta questa
impazienza, Max?

Ci hai impiegato sette giorni per rispondere.
Se ti do troppo tempo per
pensare, magari cambi idea.
Quindi che ne dici?

Dico che ci sto.


Nonostante Mia avesse accettato quell'invito con troppa facilità, non aveva ancora raggiunto il punto di non ritorno. Si aggrappava, infatti, all'inconsapevole menzogna che quella non era altro che un'uscita tra potenziali amici e, anche se né Max né Jenny sapevano l'esistenza l'uno dell'altra, continuava a ripetere a sé stessa che non c'era niente di inappropriato. 
Questa illusione, però, non le impedì, mentre si preparava per uscire, di prendere la precauzione di non fissare il proprio volto riflesso nello specchio più a lungo del necessario: se lo avesse fatto, avrebbe visto nei propri occhi un principio di colpa e se voleva uscire con Max, la doveva ignorare. Perché ormai era indubbio che lei voleva vederlo.
Max fu puntuale e appena Mia salì in auto fu quasi sorpreso di vederla.
«Eccoti!»
«Credevi che ti avrei dato buca?»
«Ad essere onesti sì.»
C'era qualcosa di tenero nell'espressione del ragazzo, in quel momento, e Mia dovette combattere l'impulso di mettere la propria mano sulla sua posizionata sulla leva del cambio.
«Dove andiamo?»
«È una sorpresa. Avevo anche pensato di portare una benda e fartela mettere sugli occhi, ma poi ho pensato che avresti potuto interpretare male la cosa.»
«Hai ragione, penserei che hai cattive intenzioni.»
Max rise.
«La benda non mi servirebbe a niente in quel caso.»
Mia lo fissò, come per scrutarlo.
«Sono pronta a correre il rischio.» disse seria con una voce più provocante del dovuto.
Max guidò per circa quaranta minuti e Mia pensò che, benda o no, non aveva idea di dove stessero andando. Solo quando furono giunti quasi a destinazione, grazie alla segnaletica, infatti, la ragazza seppe quali erano i piani del ragazzo. Dal parcheggio sterrato dove avevano lasciato l'auto, poteva vedere, infatti, l'entrata di un parco fiorito.
«Ci sei mai stata?» chiese Max.
La ragazza fece segno di no con la testa.
«Neanche io, ma ero curioso, ho letto sul sito che ci sono più di mille specie di fiori diverse e un piccolo laghetto artificiale. Non so perché, ho pensato che ti potesse piacere....»
Il ragazzo improvvisamente cambiò tono e chiese allarmato:
«Non sarai allergica ai fiori o cose del genere?»
«Tranquillo, non sono allergica.»
Ma Jenny sì, pensò Mia. Questo pensiero le procurò una leggera morsa allo stomaco, che convenientemente ignorò.
Max si offrì di pagarle il biglietto di ingresso, nonostante le sue obiezioni. La scenetta aveva provocato un sorrisetto divertito nell'anziano signore della biglietteria, il quale a un certo punto le aveva detto:
«Signorina, permetta al ragazzo di fare il gentiluomo.»
Mia si arrese, ammettendo a sé stessa di essere lusingata da quel gesto, e i due, prese le brochure che l'uomo aveva consegnato loro si addentrarono nel parco.
«C'è un labirinto di siepi!» esclamò Max con spropositato entusiasmo, mostrandole un punto preciso sulla cartina contenuta nel volantino e, senza aspettare risposta,  cominciò a seguire le indicazioni per il labirinto.
«Da che parte è?» aggiunse girando la cartina prima in un senso e poi nell'altro.
«Se non riesci ad orientarti per trovare il labirinto, non oso immaginare come te la caverai là dentro.»
«Male che va, quando noteranno che è rimasta un auto nel parcheggio, manderanno qualcuno a liberarci."
«E se non lo fanno?»
Max si fermò e l'attirò a sé, e i due ragazzi si trovarono con i volti a pochi centimetri di distanza
«Sarebbe poi così male rimanere lì dentro soli tutta la notte?»
Turbata da quella vicinanza pericolosa, Mia si staccò dalla presa e disse cercando di smorzare l'atmosfera che si era creata:
«Per rimanerci bloccati, dobbiamo prima arrivarci.»
Il labirinto era meno maestoso di quello che la mappa lasciava intendere. Ad esserne attratti erano soprattutto i bambini, ma Max non sembrava voler tirarsi indietro.
«Non dev'essere così complicato se ci sono tutti questi ragazzini.» commentò, più deluso che sollevato.
«Mi ero già immaginato: io contro il minotauro che venivo a salvarti....» continuò a dire mentre si addentravano in mezzo alle siepi.
«Ehi!» lo interruppe Mia «Aspetta un attimo, perché dovresti essere tu a salvare me?»
«Perché sono pazzo di te. Mentre tu non credo che perderesti tempo a lottare con nessuno, piuttosto penseresti a salvarti la pelle.»
Mia, che era stata pronta a dispensare al ragazzo una filippica femminista, rimase spiazzata da quella spiegazione.
«Che cosa ti fa credere che farei una cosa del genere?» chiese, soprassedendo volontariamente sul fatto che il ragazzo aveva appena confessato di essere pazzo di lei.
«Non mi hai risposto per giorni.»
«Non prova nulla. Magari sono timida.»
Max si fermò e si girò verso di lei con un sopracciglio alzato.
«La donna che mi ha chiesto se stavo pensando a lei nuda è timida?»
Mia rise e abbassò lo sguardo per l'imbarazzo.
«Touché.»
Attraversare il labirinto non fu facile come avevano pensato e impiegarono più di mezz'ora ad uscire da lì. Mia prendeva in giro Max per l'impegno che ci stava mettendo, sembrava aver preso la cosa un po' troppo seriamente; era quasi tenero che un uomo grande e grosso se la prendesse così tanto perché non stava riuscendo in una cosa pensata per i bambini. In diverse occasioni il ragazzo le aveva preso la mano, e anche se lo aveva fatto per guidarla in una direzione o un'altra, a Mia aveva fatto piacere.
Quando finalmente furono fuori da quella trappola, come l'aveva soprannominata Max, presero a camminare per il resto del parco e ad ammirarne i fiori, addirittura il ragazzo aveva proposto di staccarne uno per regalarlo a Mia, la quale aveva riso e gli aveva detto che era sicuramente vietato.
Max, in prossimità del lago, le aveva preso la mano senza alcun altro scopo, questa volta, se non quello di ricercare un contatto e lei non si era sottratta.
Mentre camminava mano per la mano con una persona che non era la sua compagna, Mia si stava avvicinando sempre di più al punto di non ritorno, ma nonostante ciò, quando Max le mise la mano intorno alle spalle, glielo lasciò fare. Ed è proprio in questa posizione che uscirono dal parco qualche ora più tardi.
Per tutto il pomeriggio Mia non aveva guardato il cellulare, che in modalità silenziosa, aveva squillato un paio di volte nella sua borsa e salita in auto, la ragazza trovò un paio di chiamate da parte di Jenny e un messaggio dove la compagna diceva che il pub era momentaneamente chiuso e di contattarla prima possibile.
Al pub le cose dovevano essersi messe male e probabilmente Jenny era a casa di cattivo umore,  perciò Mia doveva trovare una scusa soddisfacente che giustificasse la propria assenza.
«Tutto bene?» chiese Max, notando il suo nervosismo.
«Sì, solo che è non mi ero resa conto di quanto fosse tardi.»
«Che ore sono?»
«Quasi le otto e devo tornare a casa.»
«Come mai? Avevo pensato che avremmo potuto andare a mangiare qualcosa.»
La ragazza adesso doveva inventare una scusa per Max, non solo per Jenny, e optò per qualcosa che non di discostasse tanto dalla verità.
«Ho ancora da preparare delle schede per i bambini.»
Max non chiese ulteriori spiegazioni, e neanche quando Mia gli aveva detto che non c'era alcun bisogno di lasciarla proprio sotto casa e che andava bene per lei fare un pezzo a piedi.
Prima di scendere dall'auto gli disse:
«Grazie mille per oggi, mi sono divertita.»
Mia stava per mettere la mano sulla maniglia della portiera quando Max le afferrò delicatamente il braccio per fermarla e le disse:
«Mia, quando prima ti ho detto che sono pazzo di te forse ho esagerato, ma non è esattamente falso. Sarò onesto, mi piaci parecchio e mi vorrei rivederti.»
«Ok....si può fare.»
Max fece una smorfia
«Ho detto qualcosa di male?» chiese Mia.
«No, è che sembra che tu voglia farmi un favore.» disse il ragazzo leggermente offeso.
Mia abbassò lo sguardo turbata. Come poteva spiegare che che quella risposta non dipendeva da lui, ma dalla ragazza che l'aspettava a casa?
«Che c'è che non va?» chiese Max mentre le accarezzava il braccio con la punta delle dita.
«Niente. È che non mi aspettavo fossi così diretto, tutto qui, ma anche a me piacerebbe rivederti. E non lo dico per gentilezza.»
«Vuol dire che un pochino ti piaccio?»
Il tono che lasciava pensare che il ragazzo non ci sperasse poi troppo la fece ridere.
«Giusto un pochino.»
«Per il momento me lo faccio bastare.»
«Ciao Max, adesso devo proprio andare.»
«Aspetta!» la fermò di nuovo «Te ne vai senza salutarmi come si deve? Almeno dammi un bacio sulla guancia.»
Il ragazzo picchiettò con l'indice il proprio volto. Mia rise di nuovo e si sporse per accontentarlo, ma quando fu vicinissima al suo volto, inaspettatamente si girò verso di lei e premette le labbra contro le sue.
Il bacio durò qualche secondo, e il ragazzo, abbandonato il tono giocoso che aveva usato fino a quel momento, disse:
«Mi dispiace, ho fatto male a baciarti.»
«No, tranquillo, ma ora devo proprio andare.»
E dopo aver abbozzato un sorriso, scese finalmente dall'auto.
L'impulso di cominciare a correre per allontanarsi dall'auto era forte.
Come se correre potesse servire a scrollarsi di dosso il senso di colpa che adesso non poteva più ignorare.  Se da un lato, però, era pentita di quello che era appena accaduto, non poteva fare a meno di ammettere a sé stessa che le era piaciuto; trascorrere del tempo con Max, punzecchiarlo e lasciare che anche lui facesse lo stesso, tenerlo per mano mentre camminavano, sentirsi dire che era pazzo di lei e, adesso, quel timido bacio, erano tutte cose che le avevano fatto capire che voleva rifarlo ancora e ancora.
Arrivata davanti alla porta del suo appartamento, Mia esitò prima di mettere la chiave nella toppa. Sarebbe stato più facile se Jenny non fosse stata in casa, avrebbe avuto modo di processare la cosa da sola perché inventare una scusa plausibile per giustificare la sua assenza era la parte facile, la parte difficile era fare era fare in modo che la compagna non le leggesse in faccia la colpa.
Mia si era appena chiusa la porta alle spalle, quando il cellulare le si illuminò in mano. Era Max, di nuovo, che le scriveva:

Spero di poterti baciare ancora.

E fu allora che Mia raggiunse il punto di non ritorno, quando, mentre Jenny le si avvicinava per accoglierla, la ragazza, cedendo nuovamente alla tentazione, rispose:

Anche io.









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