Erano trascorsi quattro giorni da quando Mia era tornata a casa dall'ospedale e Jenny , da allora, non le aveva permesso di alzare un dito in casa. La compagna si era presa persino dei giorni liberi dal pub.
Secondo Mia, si trattava di premure eccessive, non che non le piacesse essere coccolata, soprattutto dal momento che le attenzioni di Jenny si estendevano anche alla camera da letto. Jenny, infatti, sembrava voler recuperare tutto il tempo perso mentre erano state separate ed era come se fossero tornate ai primi tempi della loro relazione quando ogni scusa era buona per fermarsi e fare l'amore. Tuttavia, a Mia, l'atmosfera da piccioncine non bastava più. Voleva fare il passo successivo.
Mia aveva dato alla sua compagna una versione volutamente censurata della conversazione che aveva avuto con si suoi genitori, soprattutto con la madre. Era vero quello che aveva detto, aveva rifiutato i loro soldi, ma aveva omesso i dettagli che riguardavano la accesa discussione che era seguita. La madre, infatti, aveva continuato a insistere sul fatto che, ormai giunta alla soglia dei trent'anni, Mia avrebbe dovuto togliersi strane idee dalla testa e decidere a sistemarsi. E sistemarsi, la ragazza lo sapeva bene, voleva dire solo una cosa per mamma e papà: sposarsi con un uomo e poco importavano le ambizioni personali. Per Angela era stato così. La sorella di Mia era professionalmente affermata, eppure ogni conversazione sulla sua carriera era passata in secondo piano quando aveva annunciato alla famiglia il suo matrimonio con Gigi.
Per quanto riguardava Mia, i genitori avevano sempre storto il naso davanti alla sua vita sentimentale, ma non si erano mai apertamente opposti e non erano mai andati oltre un atteggiamento passivo aggressivo, fatto, perlopiù, di sottintesi e battutine. L'incidente, però, aveva cambiato le cose e sua madre era passata all'attacco; con scarso tatto, aveva affermato che lei non era nient'altro che un'inquilina che pagava l'affitto a Jenny, senza , testuali parole, un regolare contratto di locazione.
Questa visione delle cose aveva ferito Mia, e non perché in realtà agli occhi della legge fosse effettivamente così, ma perché sapeva che agli occhi della società e della sua famiglia, lei e Jenny non avevano la stessa credibilità che avevano le coppie etero nella loro medesima situazione. Per il mondo sarebbero sempre state due coinquiline e poco importava se cucinavano l'una per l'altra, se andavano in farmacia a comprare il paracetamolo quando l'altra stava male, se dormivano nello stesso letto e se, proprio come stava accadendo adesso, erano abbracciate nude, dopo aver fatto l'amore.
Mia era convinta che il desiderio e la novità avessero giocato un ruolo fondamentale quando aveva tradito Jenny la prima volta, ma era credibilità e accettazione che, incoscientemente, aveva cercato in seguito. Già prima dell'incidente, però, aveva deciso che avrebbe volentieri rinunciato al consenso per stare con la donna che adesso la stava abbracciando da dietro, mentre le accarezzava la spalla con la punta del naso.
Mia, in preda a questi pensieri, si strinse ancora di più a Jenny che, sdraiata dietro di lei su un fianco, aveva le braccia attorno al suo ventre.
«Tutto bene?» sussurrò la compagna dopo averle dato un bacio delicato sul collo.
«Sì.» mentì; non le andava di rovinare quel tenero momento con le sue preoccupazioni.
Finché si fosse trattato di fare buon viso a cattivo gioco, poteva anche andare bene così. Mia era disposta a passare la vita a convincere le persone che incontrava sul suo cammino della validità del rapporto che aveva con Jenny, ma non era quello il nocciolo della questione.
Il problema era che quello che le era successo, ossia l'incidente, poteva ripetersi, e se Mia era sicura che a parti invertite la mamma di Jenny, in una situazione di emergenza, non si sarebbe opposta alla sua presenza, al contrario i suoi avrebbero di nuovo escluso la compagna.
Non avrebbe mai ringraziato abbastanza Gigi per il suo aiuto, senza di lui, Jenny addirittura non avrebbe saputo dell'incidente. E forse, Mia doveva ammettere suo malgrado, sarebbe stato giusto ringraziare la sorella che aveva mediato tra lei e i genitori.
Terrorizzata che una cosa del genere potesse accadere di nuovo, Mia pensò che una soluzione, c'era ed era fare e, così come aveva detto alla sorella, sposare Jenny. Il passo successivo, appunto. Nessuna delle due aveva subito mai il fascino dei matrimoni, Mia non aveva mai compreso la commozione delle spose quando si vedevano per la prima volta vestite di bianco e Jenny roteava sarcasticamente gli occhi ogni volta che una donna percorreva la navata a braccetto al padre che poi la consegnava al futuro marito, come fosse, parole della compagna, merce di scambio. Però entrambe avevano sempre ritenuto che non c'era niente di male in un impegno reciproco duraturo. In Inglese c'erano due parole per dire matrimonio, una, wedding, per indicare la cerimonia, un'altra, marriage, per indicare la l'unione di due persone. Mia voleva la seconda.
A questo pensiero, girò il viso verso la compagna e le sorrise.
«Che c'è?» chiese Jenny.
Mia si girò sull'altro fianco, in modo di trovarsi faccia a faccia con lei. Non avrebbe lanciato quella bomba mentre erano a letto. Era vero che non erano particolarmente sdolcinate, ma Jenny si meritava una proposta come si deve. Ci avrebbe pensato con calma in seguito.
«Niente, sono felice.»
«Anche se domani torno a lavoro?»
«Innanzitutto, non domani, ma oggi. Jenny, sono le due e mezza e abbiamo fatto tardi anche oggi. E poi, finalmente, la mia vagina si prenderà una serata libera.»
Jenny scoppiò a ridere.
«Non ridere, ci stiamo dando dentro di brutto.» disse Mia, senza però riuscire a trattenersi dal ridere anche lei.
«In effetti, anche la mia ha bisogno di riposo.»
Mia appoggiò il viso sul petto di Jenny e ne ispirò l'odore; sentì il suo e il proprio che si mischiavano assieme e ne fu sopraffatta ed eccitata allo stesso tempo.
Si addormentarono così, strette una all'altra e Mia si svegliò solo quando ormai erano quasi le dieci e mezza e solo perché Jenny era entrata in stanza.
«Mmmm, buongiorno» disse Mia stiracchiandosi «stai andando al pub?"
«Sì, e sono in ritardo, avevo detto ad Antonio che sarei arrivata prima. Però, di là c'è qualcuno per te.»
Mia si mise a sedere e guardò seccata la compagna.
«Ti giuro Jenny che se hai chiamato qualcuno per farmi da babysitter...! Sto bene, posso stare sola, i mal di testa sono ormai passati e ho recuperato le forze. Il sesso di ieri sera ne è la prova.»
«Si tratta di Maria e io non c'entro niente, giuro, ha deciso lei di passare per sapere come stavi.»
Jenny lasciò la stanza e Mia si prese più del tempo necessario per lavarsi e vestirsi. Non era esattamente impaziente di raggiungere l'amica perché sebbene le avesse fatto visita in ospedale, le due non si parlavano a tu per tu dalla mattina del licenziamento.
Una volta pronta, Mia non poté fare a meno di raggiungere Maria che l'aveva aspettata seduta sul divano.
«Il patato dov'è?» chiese Mia. Avere in casa il piccolo Lorenzo sarebbe stato un bel diversivo per superare l'imbarazzo che c'era tra lei e l'amica.
«Lollo è con il papà. Paolo è in ferie per un paio di giorni io ho pensato di prendermi qualche ora per me. Amo mio figlio, ma ultimamente mi sta incollato.»
«Vieni di là in cucina, ti va un caffè? Io devo fare ancora colazione.»
«Immaginavo. Per questo Ti ho portato una bomba alla crema.»
«Avete intenzione di ingrassarmi in vista del prossimo Natale tu e Jenny? Da quando sono tornata, mi porta la colazione dal bar.»
Maria rise, mentre seguiva l'amica in cucina.
«Non so quali sono i piani di Jenny, io volevo solo essere cortese.»
L'amica si sedette al tavolo, si schiarì la voce e continuò seria:
«Anche perché credo di avere qualcosa da farmi perdonare. Mi dispiace per come mi sono comportata avrei dovuto essere più comprensiva.»
Mia si girò verso l'amica, con le braccia conserte, mentre aspettava che la macchinetta si riscaldasse.
«Sì, avresti dovuto, però, ammetto che l'ultimo giorno a scuola non avrei dovuto essere così dura con te.»
Mia vide che gli occhi di Maria erano diventati lucidi e lasciato perdere il caffè si sedette di fronte a lei.
«Ehi? Che succede?» chiese.
«Se ti avessi permesso di venire da me quando Jenny ti ha mandata via o se magari quel giorno avessi insistito per farmi ascoltare, non sarebbe successo...»
Maria si interruppe e cominciò a piangere silenziosamente.
«Non lo puoi sapere, Maria. Io stessa non so esattamente quello che è successo quella sera.»
La ragazza tirò su con il naso.
«Non ricordi proprio nulla?»
Mia alzò le spalle.
«Ricordo di aver parlato con mia sorella quel pomeriggio e di essere uscita di casa per andare da Jenny. Tutto qui.»
«Sì, ma deve essere successo qualcosa se al pub non ci sei arrivata.»
Mia aprì la bocca per rispondere che non ne aveva idea, ma si rese conto che non era del tutto corretto.
«Il fatto è,» disse pensierosa «che credo di esserci arrivata al pub»
«Jenny o qualcun altro ti avrebbe visto però.»
«Lo so, infatti, si tratta solo di una sensazione impalpabile. Non ho ricordi nitidi nella mia testa, non ho l'immagine di me che arrivo al pub e entro e chiedo di Jenny, tuttavia sento che ci sono stata. Ha senso?»
Maria allungò le braccia sul tavola e raggiunse le mani dell'amica.
«Vedrai che i ricordi torneranno. Ti ricordi che ti ha detto la dottoressa? Non sforzarti.»
Mia approfittando della confidenza ritrovata osò chiedere all'amica qualcosa che le era passato per la mente più di una volta.
«Maria, mi spieghi perché te la sei presa così tanto per la storia di Max?»
Maria si irrigidì sulla sedia e si sottrasse alla stretta di mano dell'amica. Mia, pensando di averla urtata, si affrettò a dire:
«Non sto recriminando lo giuro, ho solo avuto la sensazione che ci fosse qualcos'altro sotto.»
Maria emise un leggero sbuffo.
«Io e Paolo non andavamo molto d'accordo appena è nato Lorenzo. I primi quattro mesi sono stati difficili. Non mi fraintendere, mi dava, anzi mi da, una grossa mano, è un papà fantastico, ha cambiato tutti i pannolini per i primi mesi, da solo, e la notte si alzava lui per prendere il bambino nella culla e portarmelo affinché lo allattassi. Dal punto di vista emotivo, però, era uno schifo, era come se ci fosse un muro tra noi. Litigavamo spesso, eravamo stanchi e credo che i miei ormoni abbiano giocato un ruolo fondamentale, comunque sia non sono stata la persona più facile con cui trattare e lui non era molto paziente. Per fartela breve, ha cominciato a scriversi con una. Solo chat, le ho lette, niente foto o video strani, se capisci cosa intendo, ma i messaggi erano piuttosto espliciti. La cosa è andata avanti un paio di mesi, fino a quando lui un giorno ha confessato tutto, in lacrime, e semplicemente mi ha messo il telefono nelle mani per farmi vedere quello che aveva fatto.»
«Wow!» commentò Mia, incapace di dire altro.
«Esatto wow. L'amorevole Paolo faceva sexting, se così si dice così, con una sciacquetta conosciuta su Internet e, quando mi hai raccontato di Max, non ci ho visto più.»
«Hai rivisto lui in me, posso capirlo.»
«No, Mia. Tu e mio marito avete agito per motivi diversi. Si trattava di Jenny.»
Mia guardò l'amica piuttosto perplessa.
«Non mi ero accorta di niente, Mia.» spiegò Maria.
«Come potevi? Avevi appena avuto un bambino.»
«Lo so e non mi sto colpevolizzando, ma mi sono chiesta cosa sarebbe successo se Paolo, non fosse stato preda ai sensi di colpa, non si fosse preso la responsabilità di quello che aveva fatto. Forse avrebbero finito per vedersi e scopare regolarmente, mentre io a casa pensavo andasse tutto bene.»
«Così come Jenny credeva che andasse tutto bene tra di noi, è corretto?» concluse Mia mentre Maria annuiva.
«Volevo solo che ti prendessi le tue responsabilità. Adesso so che sarei dovuta essere più comprensiva e ascoltarti invece di attaccarti, ma non credo di aver avuto torto nelle intenzioni.»
«No, Maria, non avevi torto.»
Seguì un silenzio un po' imbarazzato di qualche secondo, fino a quando Mia chiese:
«Quindi siamo ancora amiche?»
Era una domanda inutile, sapeva che era così, ma c'era una cosa che voleva chiedere a Maria e la stava prendendo larga.
«Certo, Mia!» rispose Maria, quasi offesa. Sembrava averla presa sul serio.
La ragazza non ci badò e andò avanti:
«Quindi ti posso chiedere una cosa da amica?»
«Spara»
«Mi devi accompagnare in un posto.»
«Quando?»
«Ora.»
«Mmmm....ho promesso a mio marito di tornare per pranzo. Ce la facciamo?»
«Dipende quanto ci metto a scegliere ed ecco perché ho bisogno del tuo aiuto.»
«Scegliere cosa?»
Mia non aveva previsto di fare quella richiesta all'amica, era un'idea che le era venuta in mente appena qualche secondo prima. Era, ovviamente, frutto dei pensieri della notte precedente, ma non si aspettava che avrebbe avuto voglia di farlo subito. Così su due piedi.
Sorrise mentre Maria la guardava impaziente.
«Andiamo, non tenermi sulle spine! Che cosa devi comprare?»
«Un anello.»
«Un anello....?» ripeté Maria confusa.
Appena due secondi dopo però, si portò le mani alla bocca.
«Non vorrai dire che....?»
«Esatto,» disse Mia «Voglio chiedere a Jenny di sposarmi!»
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Nulla all'infuori di sé
RomansaMia e Jenny stanno insieme ormai da tre anni. A minare la stabilità del loro rapporto, sarà un uomo entrato per caso nel pub di cui Jenny è la proprietaria. L'incontro con Max infatti, costringerà le donne a fare i conti con le dinamiche del loro...