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Al contrario di come accadeva di solito, appena il cellulare di Mia cominciò a suonare alle sei e trenta del mattino, Jenny era sveglia da un pezzo. Aveva aperto gli occhi quando era ancora buio e non solo perché Mia, mentre dormiva, le aveva dato una manata nel tentativo, o almeno così credeva, di accarezzarla.
Jenny aveva dormito male perché il pub stava per riaprire e lei avrebbe finalmente constatato quanti danni il piano di José aveva fatto alla sua reputazione.
Aveva affrontato il capocuoco una settimana prima e lo aveva licenziato, ma non c'era molto altro che potesse fare. L'uomo non aveva mai, a conti fatti, confessato niente e le telecamere non avevano ripreso nessun reato; anche se lo avessero fatto, però, Jenny non avrebbe potuto usare le registrazioni come prova. Perciò non aveva sporto nessuna denuncia e, per il momento, si accontentava di non avere più José tra i piedi.
Al secondo trillo della sveglia, Jenny vide Mia allungare la mano verso il telefonino, ma mancarlo ripetutamente.
«Mmm» cominciò a lamentarsi «dannata sveglia! Dove sei?!»
Jenny  andò in soccorso della compagna, si sporse verso di lei, sovrastandola un pochino, e allungò il bracciò verso il comodino, per zittire la sveglia.
«Non sembra che tu abbia molta voglia di svegliarti stamattina, bambola.» disse baciando la testa di Mia.
«Mi viene da vomitare.» bofonchiò Mia.
Jenny, allora, la tirò a sé e l'avvolse tra le sue braccia.
«Questo succede perché ieri sera ti sei finita tutto il sushi.»
«Lo sai che non piace buttare via il cibo.» disse Mia con voce ovattata. Il suo viso, infatti, era premuto sul petto della compagna.
«Lo so, ma questo non vuol dire che ti devi abbuffare.»
«Ehi!» Mia alzò la testa «Mi stai dicendo che sono grassa?»
Jenny sorrise.
«No, che non lo sei, e poi non mi importerebbe. Anzi uno dei motivi per cui ti amo è che ti piace mangiare.»
«Ed è uno dei motivi per cui io amo te, Jenny, è perché hai un pub pieno di cibo.»
«Touché!» disse Jenny, scoppiando a ridere.
Mia, con un po' di fatica, alla fine riuscì a lasciare il letto e prepararsi per il lavoro. Jenny, tuttavia, credeva che dietro il malessere della compagna ci fosse qualcosa di più. Quel giorno, infatti, era il compleanno dei gemelli e la compagna avrebbe visto la sua famiglia, specialmente sua sorella, che non sentiva da quando avevano litigato. Era, perciò, comprensibile che la ragazza avesse psicosomatizzato la propria agitazione.
Jenny decise quindi di fare qualcosa per aiutarla, fosse solo per ricambiare il supporto che aveva ricevuto durante quei giorni difficili con il pub. Sapeva che la compagna non aveva avuto occasione, o, per meglio a dire, la voglia, di andare a comprare il regalo per i gemelli e dato che a lei non era stata permesso di partecipare, almeno, poteva sollevarla dall'incombenza dello shopping.
Quindi, verso ora di pranzo, dopo aver passato la mattina al pub insieme ad Antonio, che avrebbe preso il posto di José, e assicuratasi che fosse tutto in ordine per la riapertura prevista per quella sera, si diresse verso il centro commerciale e una volta arrivata entrò dritta nel negozio di giocattoli.
Vagò, sopraffatta da tutta quella scelta, tra i corridoi per buoni cinque minuti, fino a quando qualcuno, intuendo forse la sua indecisione, le si avvicinò a lei per darle una mano.
«Stai cercando qualcosa in particolare?» le chiese la commessa. Era una ragazza alta, piuttosto magra. Aveva corti capelli biondi e un viso carino, ma soprattutto non smetteva di guardare Jenny con aria maliziosa.
«Ho bisogno di fare un regalo,» rispose Jenny leggermente in imbarazzo «ma non ho idea di che cosa scegliere?»
«Anni?»
«Cinque. Però, i bimbi sono due.»
«In realtà mi chiedevo quanti anni avessi tu.» disse la ragazza seria.
Quando vide l'espressione stranita di Jenny, scoppiò a ridere.
«Scherzo, tranquilla. Gemelli, immagino. Due maschietti?»
«Sì, ma niente pistole o macchinine, o in generale qualcosa di troppo stereotipato.»
La ragazza cominciò a guardarsi intorno.
«Vediamo un po'. Abbiamo diversi tipi di costruzioni, anche in legno, adatte alla loro età....dei puzzle, se hanno un cartone preferito, con quelli Disney non sbagli mai, a quell'età, inoltre, ancora non sono rapiti dalla tecnologia e possono essere accontentati facilmente...oppure ho una cosa carinissima, si tratta di una caffetteria giocattolo, vieni ce n'è una già montata nel corridoio accanto.»
Jenny seguì la ragazza che faceva strada.
«Vedi,» disse la commessa «è molto dettagliata. C'è il bancone, la macchinetta del caffè, vari dolcetti di plastica e guarda, c'è persino un piccolo POS con le carte di credito.»
«Non hai un pub, invece di una caffetteria?» domandò Jenny lasciandosi sfuggire un risolino sarcastico.
«Un pub? Sarebbe un po' troppo da adulti, no?»
«Era una battuta, scusa. Per capire dovresti sapere che ne possiedo uno e mia cognata odierebbe se regalassi ai bambini qualcosa che le ricordasse di me.»
«Cognata? Ne deduco che i bambini sono i tuoi nipotini. Figli di tuo fratello?»
Jenny cercò di nascondere un sorriso divertito perché sapeva esattamente che scopo aveva quella domanda.
«No, sono i nipoti della mia compagna. Sono una zia acquisita, anche se non credo che nessuno, a parte lei e i bambini, mi consideri  tale.»
La ragazza alzò le spalle e dopo aver scrutato Jenny dalla testa ai piedi in un modo che la fece sentire leggermente a disagio, disse:
«Beh è un peccato! Avevo già in mente di venirti a trovare al tuo pub.»
Poi aggiunse con aria complice:
«Ma se non ti piacciono i tuoi cognati, la caffetteria non va bene.»
«Solo la madre, il papà è a posto,» precisò Jenny «ma perché non va bene?»
«Troppo silenziosa. Hai bisogno di qualcosa che dia fastidio e credo di avere qualcosa che faccia al caso tuo.»
Jenny uscì dal negozio, dieci minuti più tardi,  con due pacchi voluminosi, un po' scomodi da portare, considerato che si era mossa con i mezzi, e con la convinzione che se anche avesse accettato le avances della commessa, Mia non avrebbe avuto niente da ridire. Appena avrebbe visto quello che aveva comprato, la compagna si sarebbe offerta persino di andare a ringraziare la ragazza per l'idea che aveva avuto.
Jenny le scrisse che aveva trovato il regalo perfetto per i gemelli e che non doveva preoccuparsi di niente. Mia la ringraziò mandandole tanti cuori, troppi per essere contati e le diede appuntamento a quel pomeriggio.
Le due donne si videro direttamente al locale. Jenny, infatti, era uscita di casa prima del solito, mentre Mia, al contrario, aveva fatto tardi a scuola, a causa di una riunione, quindi le due non avevano avuto occasione di incontrarsi.
Mia arrivò al pub verso le cinque pronta per la festa; Olivia si stava occupando del bancone mentre Jenny stava apparecchiando i tavoli, perché, prevedendo che quella sera non ci sarebbe stato il pienone, non aveva chiamato nessuno dei camerieri per coprire il turno.
«Come va il mal di stomaco?» chiese Jenny appena Mia mise piede nel locale.
«Non era proprio mal di stomaco, era come se avessi l'esigenza di rimettere, ma adesso sto meglio. Comunque credo che sia una nausea più che altro "sartriana". L'idea di vedere mia sorella, non mi entusiasma.»
Jenny si avvicinò a Mia e l'abbracciò. Nel farlo incrociò gli occhi di Olivia, e per un attimo, ebbe l'impressione che la sua dipendente fosse a disagio. Si disse, però, che doveva essersi sbagliata. Olivia non aveva mai avuto problemi nell'assistere alle loro effusioni. Anzi, era capitato che le prendesse in giro.
«Allora, questi regali?» chiese Mia allegra.
«Li ho messi di là. Vieni.»
Jenny portò la compagna nel suo ufficio e capì che aveva fatto la scelta giusta quando Mia guardando le scatole, scoppiò a ridere.
«Una batteria e un basso, Jenny,» disse non riuscendo a trattenere le lacrime per il riso «questo manderà mia sorella fuori di testa.»
«Due bambini, due strumenti musicali. Anche se si tratta di giocattoli, fanno comunque molto rumore e poi, i bimbi potrebbero diventare, che ne so, i prossimi White Stripes.»
«Sei geniale, Jenny.»
«A dire la verità, Mia, è stata un'idea della commessa. Le ho detto che non avevo molta simpatia per la madre e lei mi ha proposto degli strumenti. L'idea di prendere la batteria però è stata mia.» disse con orgoglio.
«Ben fatto a tutte due, allora.»
Mia si avvicinò a Jenny e le cinse la vita.
«Se non dovessi andare via, Jenny,» sussurrò poi con le labbra attaccate a quelle della compagna «ti farei vedere quanto mi è piaciuta l'idea.»
«Ti ricordo che ci sono le telecamere in ufficio.» rispose Jenny prima di scoccare un piccolo bacio sulle labbra di Mia.
«E questo dovrebbe fermarmi? Tanto i video li vedi solo tu, o no?»
«Beh, Mia, se il pub non ingrana di nuovo, potrei essere costretta a vendere il video.»
Mia si allontanò da Jenny e le rivolse un'occhiataccia.
«Ma ti sembra una cosa da dire!»
Durò poco però, perché guardando Jenny che premeva le proprie labbra una contro l'altra per trattenere un sorriso, scoppiò a ridere.
«Lascia che vada,» disse «prima che decidi di metterci su Only Fans.»
Jenny accompagnò all'uscita Mia, che Olivia salutò in maniera laconica con un cenno della mano, e si rimise a lavorare.
Le previsioni di Jenny si erano rivelate corrette. La serata fu fiacca, le birre spillate prima e dopo l'orario di cena, se sommate, si potevano contare comunque sulle dita di una mano, per quanto riguardava la cena, invece, erano stati, occupati in tutto, tre tavoli.
Erano le dieci e mezza quando Jenny pensò di fare un favore a tutti e di chiuderla lì per quel giorno.
«Ragazzi,» disse rivolta alla bartender e ai ragazzi della cucina che non avendo più niente da fare avevano bazzicavano in sala «non credo che entrerà più nessuno per stasera, perciò potete andare a casa.»
Anche se sconsolati, si mossero tutti, tranne Olivia che rimase dietro il bancone.
«Che c'è? Non vuoi andare a casa?»
«Se rimani tu, rimango io.»
«Olivia, si tratta di fare due conti e tornare a casa. Il resto è tutto in ordine, perciò va' pure.»
Controvoglia, Olivia, ubbidì e cinque minuti più tardi lasciò il pub insieme ai colleghi.
Jenny, una volta sola, si concesse un drink. Davanti allo staff aveva mantenuto un atteggiamento ottimista, ma adesso che era sola poteva calare la maschera. L'ultima volta che aveva avuto una serata con un numero così basso di coperti come quella sera, era stato al quando aveva aperto l'attività, ma se adesso, tutte le sere erano così, poteva rassegnarsi e chiudere.
Perciò, non vedeva l'ora di tornare a casa da Mia e farsi abbracciare. La ragazza non le aveva scritto per tutta la serata, fatta eccezione per un solo messaggio, nel quale le aveva scritto che Angela non aveva per niente apprezzato il loro regalo per i gemelli, ma a quell'ora doveva essere già rientrata.
Quando Jenny entrò nel loro appartamento, trovò la compagna in salotto e guardandola, fu chiaro che non era l'unica ad aver bisogno di essere consolata. Il primo pensiero di Jenny fu che Angela aveva passato di nuovo oltrepassato il limite e che le sorelle avessero discusso.
Mia era seduta sul divano con l'aria sconvolta e le gambe incrociate. Nonostante ci fosse solo la fioca luce della lampada, posta all'angolo del salotto, e la ragazza avesse la testa bassa, Jenny riuscì a vedere chiaramente che la compagna aveva pianto.
«Mia, amore mio, tutto bene?» chiese allarmata.
Neanche adesso che le aveva rivolto parola, Mia aveva alzato lo sguardo.
La ragazza inspirò ed espirò lentamente e dopo qualche secondo, alzò lo sguardo verso Jenny, era chiaro, però, che faceva fatica a guardarla negli occhi.
«Jennifer,» disse finalmente, anche se con voce tremante  «dobbiamo parlare!»

Nulla all'infuori di séDove le storie prendono vita. Scoprilo ora