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Mia aveva creduto che ormai l'incidente fosse acqua passata. A distanza di due mesi, non aveva ancora idea di come erano andate le cose, ma non le importava poi granché. Si era ripresa alla perfezione e persino la brutta cicatrice che aveva sulla testa era ormai coperta dai capelli che stavano finalmente crescendo. Inoltre, cos'era una brutto segno o uno sporadico mal di testa di fronte al fatto che la sua relazione andava a gonfie vele? Ricordare esattamente, perciò, quello che era successo poco prima del suo incidente, non sembrava indispensabile: Mia aveva cose più importanti a cui pensare. La proposta di matrimonio aveva, infatti, stava consumando il suo tempo e le sue energie. Grazie ai consigli di Maria che era stata trascinata di gioielleria in gioielleria, aveva trovato l'anello giusto e sempre con l'aiuto della sua migliore amica aveva comprato tutto ciò che le serviva per decorare la sala del pub.

Quindi quando Mia era giunta a casa di Olivia il pomeriggio prima della fatidica proposta di matrimonio, l'ultima cosa che vagava nei suoi pensieri era quello che le era accaduto ormai un paio di mesi prima.
Trovare, però, il proprio cellulare, che credeva perduto, in uno dei cassetti della ragazza era paragonabile al gesto di qualcuno che la detava con una secchiata d'acqua gelida.
L'oggetto, ormai scarico, era chiaramente di Mia, a testimoniarlo oltre al colore e al modello, c'era una vecchia crepa , troppo specifica per essere una coincidenza, sul vetro temperato che proteggeva il display, ma soprattutto lo sticker di un arcobaleno sul retro della cover. Mia lo aveva ricevuto all'inizio di quell'ultimo anno scolastico da una bambina che aveva preteso di attaccarlo sul telefono della maestra personalmente e Mia aveva deciso di tenerlo fino a quando non si fosse rovinato perché, sebbene si fosse trattato di regalo inconsapevole, era quanto mai azzeccato, considerata la sua situazione sentimentale.
Il motivo, però, per cui il cellulare fosse nel cassetto di Olivia, la quale tra l'altro si era mostrata più che disponibile ad aiutarla, era un mistero ma Mia pensava di conoscere chi poteva risolverlo.
Sì, perché, mentre si rigirava il dispositivo nelle mani, le erano tornate in mente le immagini del pomeriggio dell'incidente. La sensazione che aveva confidato a Maria qualche tempo prima si era rivelata corretta, Mia era stata al locale,  adesso,  finalmente si ricordava anche di aver visto Olivia scendere dalla macchina di Max e ricordava persino che l'atteggiamento della ragazza le aveva fatto capire che non si trattava  affatto di una coincidenza, anzi Olivia probabilmente sapeva molto più di quello che doveva riguardo alla scapattella della compagna del suo capo.  Era da Max che stava andando prima di perdere il controllo dell'auto ed era da Max che Mia sarebbe tornata perché cercare risposte da Olivia sarebbe stato inutile.
Era evidente che la sua gentilezza era stata fittizia; il furto del cellulare e il dettaglio, mai raccontato né a Jenny né alla stessa Mia, di averla incontrata nel parcheggio del pub quel dannato giorno, non faceva di lei una persona degna di fiducia.

Lasciato l'appartamento di Olivia senza la pretesa di nascondere il proprio turbamento, Mia salì sull'auto che Maria le aveva prestato per l'occasione. Lei e Jenny non avevano ancora trovato un'automobile il cui prezzo facesse al caso della loro situazione finanziaria, quindi si arrangiavano come potevano e Maria, che era in debito di un favore, si era offerta di prestare la macchina all'amica per quel pomeriggio.
Recuperò nel disordinato cruscotto del veicolo un cavo che fortunatamente combaciava con il suo vecchio telefono e collegò il dispositivo.
I minuti necessari affinché si accendesse furono infiniti per Mia e quando finalmente lo schermo di illuminò, ignorò le numerose notifiche di messaggi, molti dei quali mandati dallo stesso Max, e chiamò il ragazzo.
«Dove sei?» disse appena sentì la sua voce.
«Mia, oddio stai bene.»
Il tono di Max sembrava sollevato ma Mia lo ignorò.
«Dimmi dove sei.» ordinò «Dobbiamo parlare.»
Ci fu qualche secondo di silenzio in cui Mia temette che Max mettesse giù, ma alla fine il ragazzo disse:
«Vieni a casa, sarò lì tra dieci minuti.»

A differenza di due mesi prima, Mia guidò verso la sua destinazione, facendo attenzione a non superare i cinquanta all'ora. Un po' per prudenza, un po' perché parlare con Max avrebbe scoperchiato un vaso di Pandora che non sapeva esattamente cosa contenesse. Max  era a conoscenza della gravidanza? In che misura Olivia era coinvolta in quella storia? E perché se la ragazza non aveva niente a che fare con il suo incidente, aveva rubato il suo cellulare?
Rientrare nell'appartamento del suo ex amante, per Mia fu come ricevere un pugno nello stomaco. La colpa tornò, infatti, a farsi sentire e poco importava se adesso era lì per dei motivi del tutto diversi da quelli che l'avevano condotta lì la prima volta.
Max la attendeva sulla porta con l'atteggiamento di chi ha qualcosa di farsi perdonare e, a testa bassa e braccia incrociate,  si disse contento di sapere che stava bene dopo l'incidente e la fece accomodare su quello stesso divano dove avevano fatto sesso la prima volta.
«Immagino che tu abbia scoperto tutto.» disse il padrone di casa una volta seduti, ancora, però, faticava a guardare Mia negli occhi.
«Poco prima dell'incidente ho visto te e Olivia discutere al parcheggio del pub. Lo avevo dimenticato fino a questo momento, ma quel giorno era da te che stavo venendo. Mi hai mentito quando mi hai teso l'imboscata a scuola, sapevi di Jenny, grazie ad Olivia. Siete diventati amici, immagino, perché altrimenti non avresti mai saputo del mio incidente. Non osare negare.»
«Non ho nessuna intenzione di negare,» disse Max calmo «ma per chiarezza non è stata Olivia a dirmi del tuo incidente. Anzi, giuro che non sento quella stronza proprio da quel giorno. È stata Jenny a dirmelo.»
«Jenny?! Dove diavolo l'hai vista Jenny? E perché non mi ha detto niente?»
«Non ti ha detto niente perché, probabilmente, era sconvolta. Mi ha trovato sotto casa vostra mentre ti aspettavo e si vedeva che aveva una gran voglia di prendermi a pugni. Non l'ha fatto, però, mi ha detto che eri in ospedale per un brutto incidente stradale e che per questo avevi perso il bambino.»
«Sapevi della gravidanza, quindi? Immagino sia stata Olivia a dirtelo.» disse Mia che non sapeva se era più arrabbiata o confusa.
«Sì, proprio il giorno in cui ci hai visti assieme e magari non mi crederai ma avevo tutte le intenzioni di darti il mio sostegno. Ti ho chiamato decine di volte e ti ho scritto un sacco di messaggi, ma non hai mai risposto e solo quando ho parlato con Jenny ho capito che non mi stavi ignorando di proposito.»
La storia stava prendendo dei contorni più definiti e Mia credeva di capire le intenzioni che stavano dietro al furto del suo cellulare: Olivia voleva interrompere qualsiasi forma di comunicazione tra lei e Max, tuttavia ancora non capiva il perché di quel gesto. Tirò fuori l'oggetto e lo mostrò a Max.
«Questo è il mio cellulare,» disse «credevo fosse andato perduto nell'incidente, ma, e non mi chiedere come, l'ho trovato a casa di Olivia. Però, non capisco perché lo abbia preso. Se come penso aveva scoperto la nostra relazione prima di Jenny,  perché impedire a te di contattarmi? Sapere che eri disposto a prenderti cura del bambino poteva solo giocare a suo favore, visto che è Jenny che vuole, no?»
Max guardò Mia con uno sguardo che fu difficile da interpretare immediatamente. Appariva altrettanto confuso quanto lo era stata Mia all'inizio.
«Aspetta, Mia.» disse mettendo letteralmente le mani avanti «come credi siano andate le cose.»
«Non so... magari Olivia ha intuito che tra di noi c'era attrazione quando ci siamo incontrati la prima volta al pub, ma invece di fare la spia a Jenny, ha deciso di aiutare te a conquistarmi o corteggiarmi, che so io. Non so come e quando voi due vi siate incontrati, ma so che i nostri ultimi appuntamenti non sono stati esattamente casuali. Jenny era sempre occupata quando mi chiedevi di incontrarti e se c'è una persona che conosce i suoi movimenti quasi quanto me è Olivia, credimi, Max.»
«Max?!»
Il ragazzo era sorpreso e aveva pronunciato il proprio nome come se a Mia avesse dato di volta il cervello. Era evidente che le stava sfuggendo qualcosa.
«Oddio, allora non sai tutto! Mia, le cose sono più complicate di come credi.»
In quella frase Mia percepì una punta di accondiscendenza e ne fu infastidita.
Guardò duramente Max il quale, sebbene reticente, andò avanti.
«Il nostro incontro faceva parte del piano di Olivia, fin dall'inizio,» ammise «nel pub di Jenny non ci sono entrato per caso.»
«Quindi non hai cominciato a parlare con me perché un amico ti aveva dato buca? E non mi hai chiesto il numero di telefono perché eri attratto da me?»
«Mia sei stupenda e se ci fossimo incontrati in un altro modo, probabilmente ci avrei provato con te, ma in questo caso, no. Si trattava di una messa in scena. Dovevo sedurti e fare in modo che tradissi Jenny. Max non è nemmeno il mio nome e non sono un vigile del fuoco. Mi chiamo Luca e sono un personal trainer.»
Mia deglutì a fatica. Un nodo le si era formato in gola. Forse, aveva avuto ragione Jenny a insultarla quella sera che avevano litigato proprio a causa di Max, le aveva dato della troia e visto come era caduta nella trappola che Olivia aveva piazzato, doveva essere così.
«Quindi tutto quello che dicevi di provare erano bugie...» 
«Mi dispiace.»
Luca allungò la mano verso il suo braccio per consolarla, ma Mia si sottrasse bruscamente al suo tocco.
«Senti Mia, ho provato a tirarmi indietro, ma Olivia...beh diciamo pure che ci ero rimasto sotto, anche se non mi piace ammetterlo. Però, quando ho capito che stava esagerando e che soprattutto non ti meritavi le bugie, mi sono chiamato fuori. È per questo che dopo il nostro incontro a scuola non ho insistito e ti giuro, Mia, che quello che ho detto prima è vero. Ti avrei sostenuta durante la gravidanza, qualsiasi fosse stata la tua decisione. Ed è per questo che Olivia ti ha rubato il cellulare, le avevo detto che avevo intenzione di vuotare il sacco.»
Luca parlava, ma Mia ormai non ascoltava più.Cominciò a provare una certa nausea:  quel ragazzo la disgustava, ma non era nulla in confronto al disgusto che provava per sé stessa.
«Mia.» chiamò Luca supplichevole e la ragazza si accorse che, senza rendersene conto,  si era alzata in piedi.
«Devo andare.» disse atona.
Luca si stava ancora scusando ma le sue parole arrivavano ovattate alle orecchie di Mia che senza dire altro lasciò l'appartamento e salì di nuovo in auto.
Aveva tradito Jenny perché era stata talmente stupida da farsi ammaliare da una bugia. Era già grave che fosse andata a letto con un uomo da cui era stata anche se per poco attratta, ma scoprire che l'attrazione non era ricambiata peggiorava di gran lunga la sua posizione.
Mia non voleva tornare a casa e forse dopo quello che le aveva detto Luca non credeva di averne il diritto. Aveva bisogno di processare quello che aveva appreso e non era neanche più sicura se fosse il caso di fare alla compagna una proposta di matrimonio. Cosa avrebbe pensato Jenny quando avrebbe saputo che il suo amante era un impostore? Perché era fuor di dubbio che Jenny avrebbe dovuto essere messa al corrente: Mia non voleva mentirle ancora, lo aveva promesso a sé stessa e alla compagna.
Impossibilitata a tornare a casa, quindi, Mia guidò verso l'unico luogo possibile, casa della sua migliore amica.
Maria aprì sorpresa ma comunque contenta di vederla. Lollo, in braccio alla madre, piangeva per quello che sembrava più un capriccio che una necessità, e infatti smise incuriosito dell'inaspettata presenza di un'altra persona.  Solo che Mia, appena vide il volto sorridente di Maria, finalmente lasciò andare le lacrime che non si era resa conto di aver trattenuto fino a quel momento.

La scena per chi si fosse approcciato senza sapere che succedeva era adesso surreale. Mia era scoppiata a piangere sulla spalla dell'amica e il piccolo Lorenzo, dall'altro lato, aveva ricominciato a sua volta, forse preoccupato o impaurito da quella reazione.
 «Mia, che succede?» continuava a chiedere Maria allarmata.
Nel frattempo, aveva trovato il modo di portare dentro l'amica, farla sedere sul divano e di dare il ciuccio al figlio che si era accucciato a lei.
 «Mi dispiace di aver fatto piangere Lollo.» disse Mia tirando su col naso.
 «Tranquilla, rompe le scatole da stamattina.»
Il bambino, sebbene inconsapevole di essere stato tirato in causa, fece un risolino.
 «Vedi, ci prende per il culo.» disse Maria facendo sorridere Mia.
 «Mi spieghi che succede?» chiese ancora una volta e stavolta accompagnò la domanda con una carezza sulla testa dell'amica.
 «Ti racconto tutto, però, prima ti posso chiedere un favore?»
«Spara.»
«Posso rimanere qui per un po'.»
«Non devi neanche chiedere.»
Maria mise il braccio intorno alle spalle dell'amica e la tirò a sé, Lorenzo, seduto sulle gambe della madre, aveva tirato su la testa e, forse intuendo lo stato d'animo di Mia, si tolse il ciuccio dalla bocca e lo offrì alla sua ospite.
«Suppongo sia il suo modo per consolarti.»
«Facciamo così,» aggiunse la padrona di casa alzandosi in piedi  «vado a fare il caffè e già che ci sono fuori i muffin che ha fatto mia madre. Poi mi racconti tutto se ti va, ok?»
«Ok e grazie.»
«Figurati e nel frattempo» disse Maria porgendo il figlio all'amica  «voi due piagnoni, consolatevi a vicenda.» 
E Lollo, forse intuendo il compito che gli era stato assegnato, si accucciò addosso a Mia.

Nulla all'infuori di séDove le storie prendono vita. Scoprilo ora