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A qualche giorno dall'ultima volta che aveva visto Max all'uscita di scuola, Mia non aveva ancora preso una decisione. I due avevano continuato a sentirsi via messaggi, era palese, però,
che la complicità che c'era stata fino a quel momento era venuta a mancare. Inoltre, Max era diventato fastidiosamente supplichevole e,perciò, Mia aveva deciso di dargliela vinta e di concedergli di vedersi a cena quella sera, sebbene non fosse ancora del tutto sicura di cosa fare. Confidava, però, nel fatto che lo avrebbe saputo appena avrebbe rivisto Max.
Come se quella non fosse una bella gatta da pelare, quello stesso pomeriggio era prevista una riunione straordinaria degli insegnanti. Il preside aveva comunicato al corpo docenti che avrebbero discusso di qualcosa che Mia sospettava avesse a che fare con la favola che aveva letto ai bambini qualche giorno prima e per la quale la mamma di Matteo si era lamentata. Maria aveva avuto ragione, la donna non aveva lasciato perdere e aveva coinvolto altri genitori nella sua crociata.
La riunione si rivelò essere un calvario:  le discussioni erano state accese e alla fine si era conclusa senza che si trovasse un accordo. Per Mia, però, fu doppiamente difficile da reggere perché, sebbene Maria fosse d'accordo con lei sul non lasciare che i genitori prendessero il controllo sulla didattica, nemmeno una volta, per sbaglio l'aveva guardata in faccia. Era dalla loro ultima discussione che l'amica non le rivolgeva la parola. Con Maria affianco, Mia si era sempre sentita in grado di sconfiggere un esercito, senza di lei, anche avesse avuto l'appoggio di tutti i colleghi, e non di metà come, invece, era accaduto, si sentiva sola.
Mia tornò a casa nervosa e emotivamente un po' ammaccata e scoprire che Jenny non era al pub le fece tirare un sospiro di sollievo. Appena la vide, non le chiese neppure come mai non fosse a lavoro, ma si lanciò per abbracciarla e Jenny la lasciò fare.
«Amore, ti giuro che un'altra riunione così e sarai costretta a venirmi a trovare in galera.» disse Mia quando la lasciò andare, prima di abbandonarsi sul divano.
Jenny si sedette affianco a lei e aspettò pazientemente che Mia andasse avanti.
«Io l'ammazzo quella.»
«Quella chi?»
«Miss palo ficcato nel culo, la mamma di Matteo. È a causa sua se la riunione è durata così tanto.»
«Parli del bambino con i capelli rossicci?»
«Esatto. Può avere un bambino così dolce una mamma così stronza, secondo te?»
Jenny rise.
«Non lo so, suo papà com'è?»
«Sicuramente morto, perché l'ha ucciso lei, ne sono sicura.»
Mia vide Jenny fare una smorfia, segno che con quella battuta era andata un po' oltre, ma continuò lo stesso:
«Quella stronza si è impuntata sulla favola che ho letto in classe. È andata dal preside con un gruppo di altre mamme, afferma che i genitori devono avere il diritto di supervisionare tutte le favole prima che vengano lette ai bambini.»
«In che senso supervisionare?»
«La pazza vuole formare una commissione fatta di mamme che settimana per settimana decida quali libri possono essere letti e quali no. La cosa assurda è che il preside vuole farglielo fare, per tenerla buona, dice. Abbiamo passato due ore a discutere di questa cosa con gli altri, metà di noi sono contrari, ma alcuni sono d'accordo perché dicono che non fa molta differenza, alla fine un libro vale l'altro.»
«Beh, se un libro vale l'altro, allora perché avere una commissione?»
«È quello che ho detto io! Ma alcuni colleghi hanno paura di lei, suo marito lavora in politica, niente di importante , ma conosce molte persone, e lei a quanto pare passa tutto il tempo sui social a commentare tutto e tutti, ha anche iniziato a scrivere un blog. Comunque, secondo alcuni potrebbe causare delle grane. A me importa poco, però, ho detto loro che piuttosto possono licenziarmi ma io la polizia del pensiero a scuola non la voglio.»
Jenny rise a quel riferimento letterario.
«Perché ridi?» chiese Mia, sorridendo anche lei.
«Niente, bambola, è che ho pensato una cosa simile oggi a proposito delle telecamere.»
Jenny mise la mano sulla coscia di Mia che strinse la mano della compagna con la sua.
«Mi piace come prendi a cuore le cose.» aggiunse.
«Come è andata la tua giornata invece?» chiese Mia
«Bene, il tecnico mi ha spiegato come funzionano le telecamere, ora dobbiamo solo attendere di cogliere Olivia in flagrante.»
«Mmm, non so Jenny.» Mia era dubbiosa «Non ce la vedo a fare una cosa del genere. Voglio dire si trattava di mille euro, non erano poi così tanti soldi. E poi come si apre una cassetta senza combinazione e senza romperla? Non credo che sia in grado di farlo.»
«Beh, i soldi non ci sono. È un dato di fatto che qualcuno deve averla scoperta. A meno che non sia stata tu.»
Mia rise.
«Mi dispiace deluderti, ma non sono stata io. Sai che sono pessima con codici e combinazioni, anche se si tratta della data del mio compleanno.»
«Infatti, l'ho scritta su un post it e conservata nel cassetto delle cianfrusaglie in cucina in caso di emergenza...ad ogni modo non è impossibile che Olivia mi abbia visto aprire la cassetta e memorizzato la combinazione.»
Mia sospirò e appoggiò la testa sulla spalla di Jenny.
«Boh, staremo a vedere. Ti senti più tranquilla con le telecamere?»
«Sì, infatti mi sono presa il pomeriggio libero. Torno al pub per cena»
«Che hai fatto di bello?»
Jenny non rispose, ma si alzò dal divano lasciando Mia perplessa.
«Che ho detto?» chiese vedendo la compagna andare verso l'ingresso
«Niente, devo prendere una cosa dallo zaino.»
Jenny tornò in salotto con in mano una scatolina e riprese posto sul divano.
«Cos'è?»
«Ho fatto un giro in centro oggi pomeriggio,» disse la ragazza mettendo la scatolina in mano a Mia «passando davanti una gioielleria ho visto questi e li ho comprati.»
«È un regalo per me?» disse Mia mentre le si stava formando un nodo alla gola.
«Per tutte e due in realtà. Si è trattato di una decisione improvvisa, mi sono fermata distrattamente davanti alla vetrina e c'erano queste due catenine appese una vicina all'altra e ho pensato che fosse un segno dell'universo e le ho comprate. Dai apri.»
Mia ubbidì e rimase senza parole appena vide il contenuto della scatolina. La compagna doveva aver interpretato quel silenzio come perplessità da parte sua e si sentì in dovere di spiegare.
«Lo so non è niente di speciale, voglio dire non sono costate tanto, però erano lì, proprio le iniziali dei nostri nomi e ho pensato che potremmo indossare l'una la lettera dell'altra. Forse, però, è un po' infantile, ma non devi metterla per forza....» Jenny si fermò e adesso guardava la compagna sorpresa.
«Bambola, perché piangi?» disse
Mia, infatti, mentre Jenny parlava senza accorgersene aveva lasciato andare via un paio di lacrime.
«Perché sei unica.»
Jenny delicatamente prese il viso di Mia tra le mani e le asciugò le lacrime con i pollici.
«Ti amo, voglio che te lo ricordi.»
Il guaio era che Mia non lo aveva dimenticato, perché nulla di quello che era successo con Max era lontanamente imputabile a Jenny che non l'aveva mai fatta sentire meno che amata.
Ricacciò indietro le lacrime, se avesse pianto ancora sarebbe stato sospetto e decise quindi di alleggerire l'atmosfera.
Porse il ciondolo a Jenny e disse:
«Mi aiuti a metterlo?»
Jenny sorrise e dopo aver aiutato Mia, indossò quello destinato a lei.
Rimasero un po' accoccolate sul divano, ma presto Jenny dovette uscire per andare al locale e Mia rimasta sola, come accadeva purtroppo troppo spesso ultimamente, si lasciò andare al pianto. Si ricompose solo quando fu quasi ora di andare all'appuntamento con Max.
La decisione da prendere stava diventando sempre più chiara, ormai, e senza levarsi di dosso il regalo di Jenny, Mia si preparò per uscire.
Aveva indossato dei vestiti puliti e adesso stava pettinano i lunghi capelli davanti allo specchio. Mia guardò la J, ora rovesciata, che aveva appesa al collo e la strinse nella mano, sempre più convinta che Jenny era la sua strada e che quella sera avrebbe detto addio per sempre a Max.
Indossò le scarpe e si apprestò ad uscire di fretta, intenzionata a chiudere quella storia per sempre.
Prima di uscire con la coda dell'occhio si specchiò nello specchio posizionato all'ingresso e si accorse che mancava un bottone della camicia. Cambiarsi le avrebbe fatto perdere tempo, decise quindi che ci avrebbe messo una spilla da balia, alla meno peggio. Ce n'erano diverse sparpagliate in quello che Jenny poco prima aveva chiamato il cassetto delle cianfrusaglie.
Mia scavò un po' e finalmente trovò quello che cercava. Ma la spilla non fu l'unica cosa che trovò. Lì vicino, infatti, c'era un foglietto di carta, un post It per la precisione, con un numero sopra, scritto nella grafia di Jenny.
Mia intuì subito che quella doveva essere la combinazione di cui aveva parlato Jenny, ma a colpirla non fu la coincidenza di averla trovata, ma le cifre che la componevano. Uno, sette, zero, due, Mia era una frana ad associare le password ai diversi account, ma non aveva mai scordato una data e ricordava perfettamente quella del diciassette febbraio e quel ricordo fu abbastanza affinché decidesse di annullare l'appuntamento con Max.
Aveva appena realizzato che non aveva alcun bisogno di vederlo. Aveva già preso la decisione di lasciarlo dopo che Jenny le aveva dato il regalo, ma i numeri che aveva trovato e che nient'altro erano che la data della prima volta che lei e Jenny avevano fatto l'amore, le avevano fatto capire che era stata una stupida a pensare che un ragazzo belloccio conosciuto per caso potesse surclassare la sua storia con Jenny. E siccome Max, adesso Mia lo sapeva, non aveva significato nulla, non aveva bisogno di dirgli addio di persona.
Il ragazzo rispose al cellulare al primo squillo.
«Mia, tutto bene?»
«Max non verrò stasera.» tagliò corto Mia.
«Come no?! Avevi detto che avremmo parlato.»
La ragazza scosse la testa, rendendosi conto un secondo più tardi che Max non poteva vederla. Quel movimento, però, forse le era servito per mantenere la fermezza.
«Non c'è nulla di cui parlare Max. Ho preso la mia decisione. Non lascerò Jenny e non voglio più tradirla. Vedersi stasera è perciò inutile, non serverebbe né a te né a me.»
Mia sentì Max sospirare.
«Mi sembri decisa.» disse il ragazzo seccato.
«Lo sono.»
Un altro sospiro. A Mia questo però era, al contrario dell' altro, suonato più rassegnato. Max si stava arrendendo e Mia gliene fu internamente grata, perché voleva chiudere prima possibile.
«Va bene,» disse Max mesto «addio per sempre e spero che tu sia felice, Mia.»
«Anche io. Addio Max.»
 Sollevata e contenta di aver chiuso quel capitolo, Mia pensò che già che c'era poteva andare a trovare Jenny al pub. Per qualche motivo la compagna le mancava più del solito e sebbene sapesse che molto probabilmente Jenny  sarebbe stata impegnata, pensò che vederla lavorare era comunque meglio di niente. Inoltre, il pub durante la settimana era piuttosto gestibile e magari, Mia ci sperava, Jenny avrebbe trovato il tempo per stare in po' con lei.
Si avviò verso il pub camminando con entusiasmo, addirittura fu più svelta del solito. Arrivata a dieci metri dall'ingresso, notò che c'era qualcosa di diverso dal solito.
C'era, infatti, una moltitudine di gente fuori e per un attimo ebbe l'impressione che al locale ci fosse il pienone e la gente fosse in fila.
Avvicinandosi, però, capì che non era affatto così. Alcune persone erano accalcate all'ingresso, come per sbirciare dentro il locale; altre discutevano tra di loro e altre ancora inveivano contro lo staff, che come Mia poteva adesso vedere, era fuori dal locale.
Incrociò lo sguardo di una delle cameriere, mentre era intenta a tranquillizzare una donna che seccata stava dicendo che una cosa del genere non le era mai capitata. La giovane ragazza doveva aver capito la silenziosa domanda di Mia e le indicò l'ingresso, come a dire che Jenny era ancora dentro.
Si fece largo tra le persone vicino all'ingresso e un anziano signore tentò di fermarla.
«Signorina, non credo voglia entrare lì dentro.»
«Non si preoccupi,» rispose Mia confusa «conosco la proprietaria.»
Mia trovò Jenny al centro della sala che si guardava in giro sconvolta, i ragazzi della cucina che andavano avanti e indietro con delle scope nelle mani e Olivia, terrorizzata e con la schiena incollata a una delle pareti.
Mia attirò l'attenzione della compagna che non si era accorta che  aveva varcato l'ingresso.
«Jenny....»
Jenny si girò verso di lei come se qualcuno l'avesse appena destata da uno stato di trance.
«Mia...non dovresti stare qui, esci.»
Mia disobbedendo, si avvicinò, mise una mano sulla spalla della compagna e chiese:
«Che è successo?»
Jenny esitò prima di rispondere e Mia notò che gli occhi le si stavano riempiendo di lacrime.
«Blatte, Mia, ecco quello che succede,» cominciò a dire con un tono crescente di voce  «Nel mio locale ci sono le blatte, non un paio, ma almeno un centinaio. Ho dovuto fare uscire tutti via, oddio è stato disgustoso! E tu..."
Jenny puntò il dito contro Olivia, che nel frattempo non si era allontanata dal muro nemmeno di un centimetro.
«Tu devi essere molto fiera di te. Perché dopo questa bravata che hai fatto sono rovinata.»
«Io non...»
Olivia aveva tentato di protestare debolmente, ma Jenny la interruppe.
«Non osare dire niente e esci dal mio locale.»
Jenny aveva pronunciato quella frase a denti stretti e persino Mia aveva indietreggiato di qualche passo, intimorita.
Perciò, Olivia non osò neanche a provare a ribattere questa volta e di fretta lasciò il locale.
Mia le andò dietro. Al contrario della compagna infatti, credeva Olivia non avesse a che fare con quello che era appena successo al pub.
Jenny, sotto shock, non aveva visto la faccia altrettanto terrorizzata di Oliva. Era improbabile, secondo Mia, che la ragazza avesse avuto il coraggio di fare una cosa del genere.
La bartender fu troppo svelta e una volta uscita Mia non la individuò subito. C'era infatti ancora un po' di gente accalcata vicino al locale e Mia la trovò che si era addentrata nel parcheggio, non era sola, però.
José era con lei e a giudicare dalle espressioni che avevano non stavano parlando amichevolmente.
Appena i due si accorsero che Mia si stava avvicinando a loro, smisero di parlare. José cambiò espressione e sorrise, con un po' troppo entusiasmo, secondo il parere di Mia; Olivia invece teneva lo sguardo basso.
«Ehi, Mia!» disse il cuoco «Serata sbagliata per venire al pub, non trovi?»
Mia gli rispose con un sorriso e poi si girò verso Olivia.
«Tutto bene?»
La ragazza annuì.
«Jenny è sconvolta» continuò Mia  «ma so che non sei stata tu. L'ho capito guardandoti quando eri dentro. Parlerò con lei e vedrai che tornerà sui suoi passi.»
Olivia stava per rispondere, ma intervenne José.
«Olivia, poverina, è terrorizzata dagli scarafaggi, se li è trovata a passeggiare sul bancone.»
L'uomo mise il braccio intorno alle spalle di Olivia, più bassa di lui di parecchi centimetri.
«Tranquilla, però, ci penso io a farle compagnia. Tu se vuoi torna da Jenny.»
Mia guardò Olivia per cercare il suo consenso, ma la ragazza distolse lo sguardo infastidita.
Mia non sapeva se per Olivia, José fosse una presenza gradita, ma di sicuro lei non lo era perciò andò via.
Dopo una decina di passi, però, si girò di nuovo verso i due e vide che stavano di nuovo discutendo.
Mia si chiese se Jenny non avesse ragione, in fondo, e Oliva c'entrasse qualcosa in quella storia, ma guardando la ragazza e José parlare nel parcheggio, ebbe il sospetto che non fosse l'unica.

Nulla all'infuori di séDove le storie prendono vita. Scoprilo ora