Capitolo 17

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"Conrad, devi assolutamente provare questi!" Tiro il biondo per la manica del suo cappotto nero, avvicinandolo a una delle centinaia di bancherelle che occupano i lati delle strade di New York.

"Io e Avery ne finiamo a decine in inverno, sono straordinari!" Aggiungo mentre ci mettiamo in fila per ordinare due kurtoskalacs.

"Conoscendoti non ho dubbi a riguardo." Commenta divertito Conrad, lasciandomi un delicato bacio sul lato della testa.

"Hey, hey, hey! Non girare il coltello nella piaga, sai che non posso resistere a una sola cosa a questo mondo, i dolci." Lo prendo in giro, osservando con gioia il suo volto illuminato dalle luminarie della Grande Mela e dal grande sorriso che gli incornicia le labbra.

E ancora una volta mi sento contenta, in pace con me stessa. Quante volte, anni fa, ho desiderato portare Conrad a giro per la mia città preferita sotto le feste che, a mio parere, sono il periodo migliore da trascorrere nel caos di New York.

Non riesco a trattenermi dal pensare all'Elizabeth di sette e sei anni fa, che camminava da sola per queste strade, sperando che un giorno le avrebbe attraversate mano nella mano con Conrad. Un sorriso genuino mi spunta sulle labbra.

"Buonasera! Cosa posso offrirvi?" Ci chiede uno dei tanti ragazzi che lavora qui, affacciato dal suo camioncino.

"Buonasera! Vorremmo due kurtoskalacs semplici e due cioccolate calde, grazie!" Riferisco il nostro ordine andando a recuperare il mio portafogli in borsa.

"Pago io, Lizzy." Mormora Conrad, afferrando il suo cellulare e facendo per avvicinarlo alla cassa per pagare contactless.

"Assolutamente no, sono io la tua guida oggi, e pago io." Gli blocco la mano, non senza qualche resistenza da parte sua, e avvicino la mia carta di credito al cassiere, che ci guarda scuotendo la testa.

"Ah, il giovane amore!" Commenta poi, un sorriso ad aleggiargli sulle labbra.

Una volta pronti i nostri ordini ci allontaniamo un po' dalle bancherelle e dai furgoncini per andare alla ricerca di una panchina dove sederci.

"Avevi proprio ragione, Lizzy. New York in questo periodo dell'anno è magica." Afferma il biondo al mio fianco, una mano attorno alle mie spalle per tenermi vicina a sé.

"Mi fa piacere sapere che siamo sulla stessa lunghezza d'onda, Connie." Gli rispondo non appena adocchio un posticino a sedere che fa proprio al caso nostro.

"Mi chiedo quando non lo siamo mai stati, sulla stessa lunghezza d'onda." Commenta lui, un ghigno sulle labbra.

E' passata una settimana da quando Conrad si è presentato nel mio ufficio, annunciandomi il suo imminente trasferimento ai New York Jets. Nel giro di una ventina di minuti sono diventata il suo avvocato e ho accettato di trasferirmi con lui nell'appartamento che la società gli ha affidato come parte del contratto.

Sono felice? Ritengo che 'felice' non basti come aggettivo per qualificare come mi sento da qualche settimana a questa parte. Un po' meno lo è stata Avery quando le ho raccontato tutto, riferendo a lei e a Daniel che per fine gennaio avrei lasciato l'appartamento che condividiamo da quasi una decade.

"Ah, lo sapevo che prima o poi Conrad ti avrebbe portata via da noi! Speravo solo che avvenisse con un po' più di preavviso!" Si era lamentata, portandosi in modo drammatico una mano al petto e l'altra alla fronte.

Alla fine le avevo promesso che l'avrei portata a fare un tour della nuova casa, così da rivedere anche lei Conrad e assicurarsi che non andassi ad abitare in un buco (parole sue). Tanto che oggi, dopo il nostro appuntamento tra le strade di New York, Conrad mi porterà al complesso dove abiteremo entro un mese.

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