Mi aggrappo alle sue spalle quando inizia a lavorare con la sua lingua.
Impianto le unghie sulla sua schiena e lo graffio facendolo mugolare.«Gr-Grays-son...» tira su la testa prima di farmi venire.
Sale lentamente lasciando dei baci bagnati dal mio ombelico fino alla mascella.«Ti odio.» sussurro tirando i suoi capelli per portare le nostre labbra a contatto.
«Lo so.» sorride e mi lascia un bacio sul naso.
«Dovremmo scendere.» suggerisco.
«Nah...» si sposta di fianco a me, circondando i miei fianchi con un braccio.Sposto il suo braccio e mi alzo.
«No ora tu alzi quel culo e scendi. Dopo quello che hai lasciato in sospeso te lo meriti.»Alza la schiena e si siede contro la testiera.
«Non pensavo fossi così vendicativa.»Alzo un sopracciglio e aspetto che si alzi.
Quando non si alza cerco qualche scusa per fargli muovere quel dannato culo dal letto.«Come spieghi a tua madre la pista d'acqua che porta alla tua camera?» dico indicando la pozzanghera di fianco al suo letto e sulle lenzuola.
Scatta in piedi e mi indica di uscire dalla stanza.
Apre la porta infondo al corridoio e prende dei panni per asciugare il pavimento.
Lo guardo scettica.
Non pulisco il pavimento di casa mia dovrei farlo qui?
Roteo gli occhi e prendo uno straccio e iniziamo ad asciugare il pavimento.--
«Finalmente! Dio non ce la faccio più! Ora so cosa soffre mia madre...» si lamenta lui.
«Vado a fare una doccia.» lascio il panno a Grayson e vado nella mia stanza.
Riprendo i pantaloncini e la maglia che ho indossato sta mattina, magari dobbiamo uscire ancora...sono solo le cinque.Entro nella doccia e inizio a cantare come d'abitudine.
Mi rivesto e applico solo il mascara.
«Oh Cristo!»
Grayson mi guarda scettico, non ha capito quello che ho detto perché ho parlato in italiano e forse e meglio così.
Mi ha fatto prendere un colpo quando l'ho trovato sul letto.«Cosa fai sul mio letto, vai via che eri tutto sudato!» lo spingo giù.
«Ma ho fatto la doccia...solo per te baby.» ammicca.
«Mi stai dicendo che hai fatto la doccia perché sono io qui? Fai schifo...eww!»
«NO! NO! NON INTENDEVO QUELLO!» si difende lui alzandosi immediatamente in piedi.
Non posso fare a meno di ridere per la sua faccia.«Ti dispiace uscire?»
Annuisce e va fuori.
Mi siedo sul letto e chiamo i numeri di telefono dei volantini che abbiamo raccolto quella mattina.«Pronto?»
«Si, salve. Volevo informarmi per quel posto libero come cameriera.»
«Uhm...si. È solo per una settimana però. Servirebbe giusto per rimpiazzare una nostra impiegata...»
«Oh, credo che...grazie comunque.»
Non mi resta che chiamare per l' "assistente".
Digito il numero.
«Pronto?»
La voce sembra familiare? È bassa e rauca, di una persona che si è appena alzata dal letto.
Devo ammettere che è molto sexy.«Si, chiamavo per il posto di "assistente". È disponibile?»
«Uhm...si. Possiamo incontrarci sta sera alle nove per parlarne se vuole, o se è disponibile anche ora. Non mi piace discutere al telefono.»
«No, ora va benissimo. Vorrei alcuni chiarimenti comunque, nel volantino non era spiegato nulla.»
«I chiarimenti le saranno dati. Ci vediamo fra quindici minuti davanti Starbucks.»
Senza lasciarmi controbattere, anche se non ce n'era bisogno, chiude la chiamata.
Infilo le scarpe e corro giù per le scale.
«Dove corri?» Grayson mi ferma per un braccio.
«Dal tipo dell'assistente.» scuoto il braccio.
«Ti accompagno.»
Alzo gli occhi e mi segue. Inizia ad essere un po' pressante.
«Devo andare da Starbucks.» indico il locale da lontano.
«Attenta a Nash.» mi dà un bacio e mi saluta.
Entro nel locale e mi siedo in uno dei tavoli liberi.
Decido di chiamare il tipo...non può sapere chi sono e magari è lì già da un po'.
«Pronto?»
La sua voce sempre sensuale, anche tramite un telefono.
«Si, salve. Io sono, qui...se mi lancia un segno mi faccio vedere.»
«Oh, sto per entrare, ho dei jeans neri, una camicia bianca e degli occhiali da sole. Mi venga in contro.» gli sorrido amichevolmente quando lo vedo entrare.
Lui fa lo stesso quando mi vede.
Ha dei capelli molto lunghi per essere un uomo, e sembra non avere più di 23 anni. Mi chiedo di cosa possa aver bisogno.«Piacere, Ludovica.» dico porgendo la mano.
«Non sei di Los Angeles...»
«No, sono italiana. Mi sono trasferita ieri e sto cercando un lavoro.»
Ritiro la mano imbarazzata, quando non la stringe.
Lo porto al tavolino di prima.«Ti offro qualcosa, dimmi.» sorride.
Spero lo stia facendo per il fatto di non avermi stretto la mano. Avrò avuto una faccia indignata, conoscendomi.
Non ha ancora tolto gli occhiali da sole.Che tipo strano.
Ha un viso conosciuto. Io l'ho già visto da qualche parte.
Quando poggia le sue mani sul tavolo noto i vari tatuaggi che partono dal polso.
No. Non è lui.
Sarà un'impressione.«Allora? Vuoi qualcosa?»
Scuoto la testa, sono ormai le sei passate. Non mi va un altro frappe.
«Bene...volevi dei chiarimenti, hai detto.»
«Già. Non ti sei nemmeno presentato, quindi ricominciamo...piacere Ludovica, tu sei?»
La sua mano enorme raggiunge la mia e la stringe leggermente.
Il freddo dei suoi anelli di metallo si distacca dal calore delle sue mani.Con una mossa veloce si toglie gli occhiali e lo riconosco.
Le mie ipotesi mentali si sono rivelate reali.
Porto una mano alla mia bocca oramai spalancata.
Allora non mi sbagliavo.
Era lui.
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Only Fate (IN CORREZIONE)
FanfictionIl destino è contro di noi. È bastardo. È già deciso. Ma noi possiamo modellarlo a nostro piacimento, possiamo dargli filo da torcere. Spetta a noi decidere se farci calpestare da lui o fargli passare la voglia di andare avanti.