Una risata è la distanza più breve tra due individui.
Victor BorgeQuel mercoledì mattina il sole splendeva alto nel cielo e la dottoressa Carter pensò che non ci fosse cosa più bella che stare col naso all'insù a guardarlo e perdersi nella fantasia delle nuvole. Sin da bambina possedeva una fantasia sfrenata nel vedere altre cose nelle cose che osservava, e ciò bastava per metterla di buon umore.
Arrivò nel suo studio, salutò Nicole e, dopo aver preso come da routine la sua tazza di caffè, andò ad ammirare il lavoro fatto la sera prima nella stanza per ricevere "gli impazienti".
Una stanza accogliente, dipinta in tonalità che andavano dal bianco al blu, colore notoriamente rilassante. Aveva creato un ambiente spazioso spostando la scrivania e la poltrona da un lato, e aveva disposto con cura sei sedie a formare un cerchio. Ogni sedia era identica, senza distinzioni di dimensione o posizione, sottolineando che nessuno, neanche lei stessa, era più importante degli altri.
Si accomodò, aspettando che tutti fossero nella sala d'aspetto, prima di andarli a ricevere. Sorseggiando il caffè, sorrise all'idea delle proteste imminenti.
Fu Olivia la prima ad arrivare. Disse di avere un appuntamento, si sedette nella piccola sala d'aspetto all'ingresso. Cominciò a giocare con la tracolla della sua borsetta, decorata con un buffo lama colorato.
Charlie arrivò per secondo e si accomodò sulla sedia proprio di fronte ad Olivia. Salutò e si accese la musica negli auricolari che indossava. La guardò e pensò che fosse davvero graziosa. Non bellissima nel senso esatto del termine, ma era attraente nella sua semplicità. Capelli castani e lunghi, raccolti in una treccia laterale, occhi scuri e labbra carnose. Prese una rivista e cominciò a sfogliarla con scarso interesse.
Max fece il suo ingresso subito dopo, salutò con un cenno della testa e si chiuse in religioso silenzio fissando le sue stesse scarpe. Sia Charlie che Olivia pensarono che fosse davvero uno strano tipo.
La bellissima Emily che ovunque avrebbe voluto essere tranne che lì, entrò avvolta nel suo completo nero elegante e non appena si fu accomodata guardò l'orologio. Mancava un minuto all'orario del suo appuntamento e sperò che fosse puntuale. Estrasse il cellulare dalla borsa e cominciò a digitare qualcosa sulla tastiera.
Fu interrotta con grande disappunto da Ava che fece il suo ingresso, trafelata e in ritardo; agganciò la borsa sul portaombrelli appena dopo la porta e se lo trascinò appresso in maniera molto poco discreta. Poco mancò che cadesse rovinosamente a terra.
Max che era in quel momento il più vicino, rimase seduto anche quando in realtà avrebbe voluto alzarsi ad aiutarla.
Emily la guardò come se la poveretta fosse stata una piccola fiammiferaia mentre assiderava cercando di vendere le scatole di cerini nel freddo gelo di dicembre. Con compatimento. Poi tornò a fissare il telefono.
Passarono circa due minuti prima che la dottoressa Carter aprisse la porta del piccolo ufficio. Non fece in tempo a proferire parola che subito Emily si alzò in piedi.
«Ho un appuntamento per le 16:00.»Charlie si alzò a sua volta.
«Anche io ho un appuntamento per le 16:00»Emily lo guardò come se volesse lanciargli il telefono che stringeva tra le mani.
Anche Olivia disse la stessa cosa, incredula. Ava, che non si era nemmeno seduta, guardò l'orologio. «Ah io pure, anche se sono in ritardo.»
Max rimase in silenzio e senza volerlo incrociò lo sguardo di Emily.
«Che c'è? Anche tu hai appuntamento alle 16:00 e il gatto ti ha mangiato la lingua?» chiese la rossa con stizza.
«I gatti non mangiano lingue, è solo una diceria», rispose Olivia.
«Belzebù sarebbe in grado di farlo», bofonchiò la graziosa segretaria rimanendo con la faccia sul monitor del computer e facendo voltare incredule verso di lei tutte e cinque le teste.
«Oggy la mangerebbe e la vomiterebbe sul tappeto.», sospirò Ava.
«Perfetto, mi dica che ha sbagliato gli appuntamenti così posso andarmene. Il tempo è denaro.», sibilò Emily distogliendo lo sguardo da Ava e rivolgendosi alla dottoressa che ancora reggeva in mano la sua tazza di caffè ormai freddo e quasi terminato.
Cominciarono a protestare creando un leggero brusio di sottofondo; tutti tranne Max. Non riusciva a fronteggiare una conversazione alla volta, figuriamoci se avrebbe mai trovato il coraggio di buttarsi nella mischia. Guardava ammirato la donna dai capelli rossi e pensava che avrebbe voluto avere la sua sfrontatezza.
«Signori per favore, non c'è nessun appuntamento sbagliato. Vi ho fatto venire appositamente. E ora per favore, venite con me.» Il suo tono di voce, così assertivo e che non ammetteva possibilità di replica, li fece obbedire come se fossero stati dei bambini.
Percorsero il breve corridoio sulla soffice moquette, superarono il suo piccolo ufficio e li condusse nella sala. Osservarono l'ambiente e le sedie disposte in cerchio.
Emily, che come al solito non sapeva contare nemmeno fino a due prima di parlare, fu la prima a realizzare la cosa. Si girò verso gli altri col dito indice puntato a turno.
«Uno, due, tre, quattro, cinque e sei.» Concluse indicando sé stessa e poi la dottoressa. «È uno scherzo giusto? Ok me ne sto andando. Non ho intenzione di parlare dei miei affari con dei perfetti estranei. Nemmeno ci volevo venire, non ho bisogno di uno strizzacervelli, dannata azienda!».
Pestò un piede a terra il cui rumore fu attutito dalla moquette. Ciò la fece visibilmente indispettire in maniera ulteriore.«Secondo me, ti serve un bicchiere di vino. Aiuta sai, quando ti viene quella voglia irrefrenabile di uccidere qualcuno.» Ava non si fece impressionare dall'ira di Emily. Aveva a che fare con un'adolescente, figuriamoci. Era abituata ai capricci.
«Io credo che prima iniziamo e prima ce ne andiamo.», concluse Charlie. Aveva capito dal sorriso divertito della dottoressa Carter, che quella donna non avrebbe mollato la sua idea, perciò entrò nella stanza e scelse una sedia a caso. Sì voltò verso gli altri, indicò le sedie con le due mani aperte coi palmi all'insù e li incalzò. «Allora?»
Max in silenzio come sempre, decise di sedersi. Aveva ragione quell'uomo, prima iniziavano, prima se ne andavano. E lui voleva andare via. Si sentiva fuori posto e non avrebbe voluto interagire. Ma era ormai rassegnato.
Ava prese posto tra i due nella sedia libera. Olivia sospirando si mise accanto a Charlie e a Emily non rimase altro da fare che seppellire per il momento l'ascia di guerra e sedersi accanto a Max.
La dottoressa Carter sorrise soddisfatta e prese posto, pronta a cominciare.
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E qui inizia la conoscenza dei nostri impazienti.
Riusciranno a non ammazzarsi tra loro?Cosa avrà in mente la Carter?
Rimanete con noi.
Hailey 🖋️🎧❤️
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Ridere per guarire - disavventure terapeutiche
HumorNel cuore della vivace città di Ridgemont, un gruppo di estranei con problemi diversi si ritrova a partecipare a una terapia di gruppo organizzata dalla dottoressa Carter, psicologa appassionata ed eccentrica. Ognuno di loro è alle prese con le prop...