Non c'è niente al mondo di così irresistibilmente contagioso come risate e buon umore.
Charles DickensNon appena furono tutti seduti, la dottoressa Carter tolse un piccolo telecomando dalla tasca della giacchina gialla e accese della musica in sottofondo. Chillout per la precisione.
«Allora, miei cari signori, grazie per essere venuti e perdonatemi per avervi fatto venire insieme con un piccolo inganno. So che non vorreste essere qui.» Rise in maniera sincera, consapevole di ciò che stavano pensando tutti.
«Ma noo, cosa glielo fa pensare.» mormorò Max sottovoce senza pensare.
«Ah ma allora il gatto non ti ha mangiato la lingua.» disse Emily sporgendosi verso di lui e fissandolo in viso. Ciò mise Max ancora più in imbarazzo, tanto da spingerlo a schiacciarsi completamente contro la sedia pensando di poter scomparire.
Lei si tirò indietro non appena sentì vibrare il telefono dall'interno della borsa; lo prese e cercò con lo sguardo la specialista giallo vestita, e provò a resistere dal prenderlo per rispondere. Poi, capì dal cenno affermativo della donna, cosa si aspettava da lei. Lo estrasse dalla borsa e, a malincuore, lo spense. Sarah Carter sorrise, allungò una mano e se lo fece consegnare.
«Allora, vogliamo cominciare con le presentazioni? Chi sono io, già lo sapete. Ma vorrei che uno alla volta vi presentaste e che raccontaste qualcosa di voi. Chi comincia?»
«Se non appena abbiam finito posso andare via, comincio io», rispose subito Emily, desiderosa di uscire da lì il prima possibile per rispondere al telefono. Chissà quanti affari stava perdendo nel frattempo. Era il suo pensiero fisso.
«Quello non glielo posso promettere Emily, ma se vuole cominciare...» le fece un cenno con la mano.
«E va bene, d'accordo, ho capito come funziona con lei, vince sempre non è vero? Maledetta azienda! Lei e il suo interesse per lo stress, all'inferno.» Mise le mani sulla sedia sotto le sue stesse ginocchia. Ciò, pensò, le avrebbe impedito di lanciare la prima cosa a portata di mano. L'ultima cosa che avrebbe voluto sarebbe stata dare in escandescenze davanti a dei perfetti estranei.
«Allora... Mi chiamo Emily Parker, sono un CFO e al momento mi occupo di una grossa multinazionale. E questo è tutto. E ora sbrighiamoci, il tempo è denaro.» Contò fino a dieci e tolse le mani dalle gambe.
«Io sono Olivia. Sono un veterinario... almeno credo.» Mentre parlava si lisciava la lunga treccia con lo sguardo perso nell'infinito.
«Ok... io sono Charlie e oltre a fare l'insegnante compongo musica. Quando riesco.» Torturò il cappellino che teneva tra le mani.
«Ciao, io sono Ava. Oltre a inciampare nei portaombrelli, faccio la madre single di due ragazzini, ovvero da quando mio marito è passato dall'altra parte del ponte.»
Stava seduta con aria scanzonata, la schiena abbandonata e un braccio sopra lo schienale. Sembrava fosse l'unica a non avere problemi a stare lì con dei perfetti estranei.Tutti rimasero ammutoliti e Olivia fu la prima a esprimere il pensiero comune.
«Mi dispiace per la tua perdita, non deve essere facile sembrare di essere forti anche per i figli.» Aveva già gli occhi lucidi ormai prossima al pianto.
«Hey, che hai capito? È passato dall'altra parte del ponte. Ha scoperto che gli piace il salame invece delle patate ed è scappato col suo assistente ventenne, lo stronzo.» Accompagnò il tutto con un gesticolare della mano libera.
Emily ridacchiò, più per la frase in sé che non per l'accaduto e non riuscì a trattenersi attirando gli sguardi dei presenti su di sé.
«Ok, ok, la smetto scusate. E comunque ti è andata bene. Poteva scappare con una donna e avresti continuato a chiederti cosa aveva più di te. Così invece la risposta la sai già.»
Sarah Carter sorrise. Stava andando meglio del previsto, nessuno era ancora fuggito. Guardò Max e aspettò.
«Sono Max e sono un informatico», sussurrò.
Si espresse con un tono di voce così basso che nessuno dei presenti, nemmeno chi gli sedeva accanto sentì niente. Come al solito Emily non perse occasione. Sembrava avesse trovato nella timidezza di Max un divertente passatempo.
«Tesoro, non siamo in chiesa, non succede niente se alzi la voce. Andiamo! Non ho tutta la mattina!», lo incalzò.
«Sì ma non è che se lo aggredisci risolvi qualcosa. Potresti essere più gentile?» Olivia intervenne perché Max le ricordò un cucciolo terrorizzato quando doveva fargli una vaccinazione.
«Senti Biancaneve, tu curi gli animaletti del bosco, sei carina e coccolosa. Io non posso essere gentile, nel mio lavoro devi essere uno squalo e cosa fanno gli squali? Mordono, strappano e divorano!» si girò verso Max e continuò. «Allora? La strega del mare ti ha rubato la voce?"
Ava si mise a ridacchiare. Charlie sbuffò rumorosamente. La dottoressa Carter intervenne vedendo Max in seria difficoltà.
«Emily la prego... Max potresti alzare la voce per me?»Annuì, si fece coraggio e ripeté: «Mi chiamo Max e sono un informatico.»
Stavolta lo sentirono tutti.
Emily sollevò le braccia al cielo ed esclamò: «Grazie signore, grazie.»Poi si voltò verso la Carter. «Bene. Ci siamo presentati. Abbiamo finito, quindi posso andare. È stato bello. No, non è vero. Statemi bene.» Si alzò in piedi, infilò la borsetta in spalla e fece per uscire dalla stanza.
«Ehi, Crudelia Demon, stai dimenticando qualcosa.», esclamò Ava divertita. Se avesse avuto un calice di vino e del gelato pensò che sarebbe stato più divertente che guardare una sit-com.
La rossa si voltò verso la Carter che, con un largo sorriso tra i denti le mostrò il telefono ancora nelle sue mani.
«Emily per favore. Non abbiamo ancora finito. Vorrei che ognuno di voi aggiungesse con parole sue il motivo per cui si trova qui.»«Perché ci ha chiamati lei. E in tutta onestà non mi sembra un'idea geniale.» Charlie ruppe il silenzio. «Comunque, sono qui perché un amico dice che sono stressato, ma è lui che mi stressa dicendomi appunto che lo sono.»
«Quindi sei stressato.», disse Ava che rise leggermente. Emily accennò ad un sorriso e tornò a sedersi. Come quando era ragazzina a scuola, decise che se doveva stare lì, tanto valeva renderlo divertente.
«Biancaneve tu perché sei qui?» si rivolse ad Olivia appena fu tornata al suo posto.
«Perché sto pensando di aver sbagliato lavoro, sono un'assassina di animali, dovrei cambiare la targa dello studio. Da veterinario ad assassinario. E in più la mia storia è in crisi per questo motivo. E tu perché?»Emily si sistemò i capelli e accavallò le gambe. Tutto in lei indicava sicurezza e professionalità.
«Perché l'azienda ci ha costretti. Tutto qui.»«Per me hai cercato di uccidere qualcuno.» Charlie, aveva deciso ormai di unirsi a quella conversazione inevitabile.
«Non ancora tesoro.» Gli rispose sarcastica guardandolo ad occhi stretti.
«E tu? Perché sei qui Cucciolo?» sì voltò verso Max, stavolta senza aggredirlo.«Perché...» Max non trovava le parole per dirlo senza pensare di sembrare ridicolo. Perché era timido? Perché era imbranato? Perché era uno sfigato?
Fu nuovamente la dottoressa ad andare in suo soccorso.
«Perché Max è spigliato e divertente, solo che ancora non sa di esserlo», concluse con un grosso sorriso.A loro piacque molto quella risposta. Aveva detto tutto, dicendo esattamente il contrario. Non aveva sottolineato ciò che era, ma aveva messo in evidenza ciò che poteva essere. Pensarono tutti e cinque che forse quella stramba donna colorata, non fosse poi così male.
--------------------------------
E il primo incontro degli impazienti prosegue, per il momento senza vittime. Ce la faranno? E cosa vorrà da loro la Carter?
Fatemi sapere cosa pensate, può essere per me lo spunto per i prossimi capitoli.
Hailey 🖋️ ❤️
STAI LEGGENDO
Ridere per guarire - disavventure terapeutiche
HumorNel cuore della vivace città di Ridgemont, un gruppo di estranei con problemi diversi si ritrova a partecipare a una terapia di gruppo organizzata dalla dottoressa Carter, psicologa appassionata ed eccentrica. Ognuno di loro è alle prese con le prop...