La prima uscita

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Charlie vide la notifica, abbassò la tendina e vide un numero sconosciuto. Doveva essere una di quelle due della terapia. Che palle, pensò.
Non gli interessava socializzare, il tempo era tiranno e la motivazione sotto i piedi. Ma sapeva che, poi, Matt gli avrebbe dato il tormento per l'eternità se non avesse accettato. Oltre al fatto che se avesse saputo che aveva detto no a due donne così, lo avrebbe preso in giro fino alla fine dei tempi.

Con un sospiro, aprì il messaggio e rispose un lapidario <Va bene. Dove e a che ora.>
Si misero d'accordo, o meglio Olivia e Ava si misero d'accordo sul luogo. A Charlie non rimase che annuire e farsi la barba perché, come diceva sempre Matt nell'ultimo periodo, cominci a sembrare un fottuto hipster.

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Emily nel pomeriggio ricevette nel suo ufficio la provocatoria visita di Erik. La verità è che per un periodo avevano avuto una breve liaison. Niente di sentimentale eh, niente batticuori, anche perché loro due un cuore, proprio sembravano non possederlo. Il tutto si era concluso dopo qualche incontro rovente sotto le lenzuola, ma troppo simili tra loro lavorativamente parlando, avevano deciso di non sopportarsi oltre.

«Oh, qual buon vento ti porta qui? Non ti hanno insegnato a bussare?» gli disse sorridendo, falsa come Giuda, mentre si muoveva sulla sedia girevole prima a destra e poi a sinistra.

«Sì, lo farei anche, ma preferisco vedere come perdi le staffe in realtà. C'è qualcosa di affascinante nel tuo lasciarti andare a pulsioni primitive.»

«Cosa vuoi, Erik? Hai finito i pastelli per colorare sui tuoi grafici?»

«No, grazie per la premura. Volevo solo dirti che sono passato a pagare la tintoria e ti ho portato questi documenti. Sono un cretino, è vero, ma con stile. Non c'è bisogno di ringraziarmi. Anzi no, forse potresti farlo. Che ne dici di uscire a bere qualcosa domani sera? Per ricordare i bei vecchi tempi.» Poggiò una cartella sulla scrivania.

Nella mente di Emily il fermacarte con cui stava giocherellando impattò con la faccia allusiva dell'uomo di fronte a lei. Sorrise divertita.
«Piuttosto me la cucio con la sparapunti.»

«Non pensavo ti fossi data alla clausura.» continuò lui provocatorio.

«Infatti non è così. Ho un appuntamento con qualcuno. E quel qualcuno non sei tu Erik. E ora se non ti dispiace...» con un gesto della mano gli indicò la porta.
Presa da un impeto di nervosismo, ma non volendo dare in escandescenze aprì il cassetto, tirò fuori il biglietto dato dalla dottoressa e compose il numero scritto sopra. Solo per il gusto di fare un dispetto alla sua nemesi.

Non appena sentì un flebile "Pronto" partì come un tornado, la voce di un'ottava più alta:
«Tesoro ciao, ascolta, per quell'appuntamento domani è confermato. Alle 19 al Franklin pub. Mi raccomando puntuale eh.»

Non aspettò nemmeno risposta e mise giù. Poi girò lo sguardo verso Erik. «Visto? Ho impegni. Addio Erik.»

Le ricambiò il sorriso falso, notando come lei avesse organizzato una serata in quello che una volta era stato il loro pub preferito. Uscì dal suo ufficio pensando che fosse davvero stronza, ma lo divertiva troppo farle perdere le staffe.

Emily tornò a lavorare al computer lasciando la presa sul fermacarte. Le fece male la mano per una buona mezz'ora tanto lo aveva tenuto stretto. Sì ricordò solo a fine serata, quando immersa ad occhi chiusi nella vasca da bagno, ripensò a quella lunghissima giornata, di aver dato un appuntamento a Max. A quel Max. Si tolse il panno umido dagli occhi, inspirò con lentezza riempiendosi le narici di profumo di rose, lo prese e lo lanciò contro il muro.

«Non ci posso credere di averlo fatto, dannazione!»
Ma non aveva scampo. Odiava dover fare quello che volevano gli altri, ma quella relazione della psicologa avrebbe potuto salvare o distruggere la sua carriera lavorativa. E lei guadagnava troppo bene per potersi permettere il lusso di sputarci sopra. Pensò che doveva assolutamente resistere, in fondo era solo per poco tempo.

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Max era ancora nella sua postazione quando ricevette la chiamata di Emily. Restò in silenzio tutto il tempo e riuscì solo a mormorare un flebile ok visto il tono deciso della donna.

Tornò a casa a fine turno, non prima di essere passato a prendere del cibo da asporto al ristorante cinese sotto casa, accese il computer, mise le cuffie e cominciò a giocare una partita online con James.

«E quindi ti ha chiesto di uscire? Stai scherzando?» esclamò quello.

«No. Non mi ha...» Max era concentrato sulla partita, gli occhi incollati allo schermo mentre impugnava saldamente il controller,
«...chiesto di uscire. Mi ha ordinato di uscire. Il che è diverso. Ma... » il soldato sullo schermo si abbassò dietro un carro armato.
«...Crudelia vuole solo la mia testa su un vassoio, credimi. È come un essere mitologico. Bella e crudele.» sospirò sentendosi perduto.

«Andiamo, non essere sempre prevenuto, un po' di coraggio!»
Max fece fuoco.

«... Bastardo, mi hai ucciso!»
Il personaggio di James giaceva a terra in una pozza di sangue.

Max si sistemò gli occhiali e ridacchiò.
«Almeno qui sono intrepido e coraggioso. Domani sarò morto e Crudelia mi mangerà il cervello come una regina zombie. È stato bello conoscerti.»

«Vaffanculo Max. Ci sentiamo domani. Forza e coraggio, puoi farcela! Io credo in te.»

Max si tolse le cuffie, andò in bagno e si guardò allo specchio. «Beato lui che crede in me», concluse prima di entrare sotto la doccia.

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La sera del giorno dopo, la stessa identica sera per tutto il gruppo, Ava, Olivia e Charlie si incontrarono per bere qualcosa in un pub. Il Crazy bar per la precisione. Ambiente tranquillo ed informale, bancone tavoli e sgabelli in legno. Niente che implicasse di indossare l'abito buono.

Olivia ringraziò a mente per questa cosa. Detestava mettersi in ghingheri.
Notò che tutti e tre indossavano dei jeans, il che la mise a suo agio e segnò un punto a favore delle sue forzate nuove frequentazioni.

«La smetti di guardare l'ora ogni due minuti?»
Ava riprese Charlie, che da quando era entrato lì dentro non aveva fatto altro che pensare che stava perdendo tempo prezioso. Sentiva la necessità di tornare a casa, mettersi le cuffie e seppellirsi sotto le coperte.
Ma ormai era lì. Tanto valeva fare un minimo di conversazione.

«Quindi tu sei una veterinaria.» chiese rivolgendosi alla più giovane.

«Già. Così dice la targhetta fuori dal mio ambulatorio. Anche se... non so.» Cominciò a tormentarsi le mani.

«Lo sei o non lo sei? Non è che sei una di quelle pazze che esercitano senza laurea?» esordì Ava indicandola con il cocktail blu che teneva in mano.

«Per carità no.» sì schermì la brunetta.
«È solo che ultimamente ne ho persi parecchi e credo sia colpa mia e che forse non sono brava. E questo sta rovinando anche il rapporto col mio fidanzato.»

Alla parola fidanzato, nella mente di Charlie apparve il suo amico Matt che disegnava una grossa X sulla foto della ragazza. Ridacchiò tra sé ripromettendosi di raccontargliela.
Anche lui infine si rilassò e ordinò una birra.

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Primo appuntamento andato. O meglio, una parte. E il povero Max? Sarà ancora vivo? Stay tuned!

Hailey 🖋️ 🎧 ❤️

Ridere per guarire - disavventure terapeutiche Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora