La prima uscita parte due

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Emily si preparò mentre malediceva sé stessa per aver anche solo pensato di uscire e farsi vedere in giro con quel Max. Maledì Erik mentre si infilava le scarpe, lo maledì mentre si infilava i luccicanti orecchini a cerchio, lo maledì mentre si truccava, impeccabile come sempre. E non perché le importasse veramente di farlo, ma per il semplice fatto che non si sarebbe mai fatta vedere in giro senza.

Doveva essere perfetta e professionale sempre, comunque e in compagnia di chiunque. Pure di quel tizio. Così, a bordo della sua costosa auto sportiva nera a due posti, guidò in maniera nervosa verso il locale dove gli aveva dato appuntamento.

In cuor suo sperò per tutto il tragitto che non si presentasse. Avrebbe bevuto qualcosa da sola, come sempre, in solitudine e in pace. Poi sarebbe tornata a casa, si sarebbe rilassata nella vasca, con un bicchiere di vino e sarebbe andata a dormire. Sempre che, non avesse trovato qualcuno da rimorchiare. In quel caso avrebbe terminato in maniera diversa la serata se ne fosse valsa la pena.

Invece lui si presentò. O meglio, fu convinto, barra costretto, da James a presentarsi. E sempre lui gli aveva consigliato in videochiamata come vestirsi. Perché Max non era mai stato in quel posto e, a pensarci bene, lui non era stato in nessun posto. Aveva indossato una camicia bianca e dei pantaloni neri, ma James lo convinse a cambiarsi osservando che, così conciato,  sarebbe sembrato un cameriere.

Così optò per una camicia nera. Il nero era in effetti il suo colore preferito perché  gli sembrava quasi di passare più inosservato quando si vestiva di scuro. Si guardò allo specchio. Pulito, sbarbato, pettinato, vestito normale. Indossò gli occhiali, come ogni giorno della sua vita. Pensò, dandosi una ultima occhiata nello specchio all'ingresso poco prima di uscire, che quella sera anche se Crudelia lo avesse ucciso, sarebbe stato già pronto per la sepoltura. Ridacchiò in modo nervoso e si chiuse la porta alle spalle.

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Charlie sorseggiava la sua birra, chiara e ghiacciata, mentre osservava le due sedute di fronte a lui. Chiacchieravano come due amiche di vecchia data. I misteri delle donne.

«Allora... Charlie, giusto? Il dolce per mercoledì. Credo dovremmo parlarne almeno. Casa mia? Casa vostra?» esordì Ava voltandosi verso di lui e fissandolo con i suoi occhi nocciola.

Charlie pensò al caos che regnava nel suo appartamento e sperò che non optassero per quella soluzione.
«Io non ho nessun occorrente per preparare dolci. Ma se invece lo comprassimo? Risparmieremmo tempo.» diede un altro sorso dal boccale.

«Stai parlando di imbrogliare?»
Olivia si finse scandalizzata.
«Comunque io ci sto, sono negata per preparare dolci.»

«Oh, abbiamo una sovversiva qui.»
Charlie sollevò il boccale mimando un brindisi di approvazione.

Ava li squadrò entrambi da capo a piedi.
«Eh, no miei cari, non sia mai che io mi tiri indietro per un dolce. Scordatevelo. Perciò ok, si fa a casa mia. Tanto tu sei abituata agli animali.» disse indicando Olivia.

«Oh direi di sì, hai animali?»

«Un gatto. E due figli. Catalogabili nella stessa categoria, scegli tu quale.» sorrise ironicamente.

A Charlie andò di traverso la birra ma ammise a sé stesso che la novità che in principio lo aveva contrariato, era quantomeno divertente.

Nella sua testa comparve il volto di Matt che lo prendeva in giro. Lo fece sparire finendo il boccale e ordinandone un altro.  Cominciò a tamburellare con le dita sul tavolo accompagnando la musica che sentiva uscire dalle casse.

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Emily lo vide entrare e cominciò a squadrarlo da lontano. Gli fece un cenno della mano che lui notò subito.

Si sentì osservato da che mise piede dentro il locale.
Max aveva paura. Quel locale, così in, così pieno di bella gente, era completamente fuori dalla sua realtà. Fece attenzione a dove metteva i piedi, memore del disastro in ufficio, e si diresse verso quella donna che catalogò come "la  responsabile della mia morte".

Lei era lì, seduta sullo sgabello, le braccia sul tavolino alto di fronte a lei, le gambe accavallate e stava sorseggiando un cocktail con una lunga, trasparente, cannuccia a spirale. Indossava una aderente jumpsuit nera con una cintura in vita a catenella dorata che le metteva in risalto il fisico perfetto.
La voce di James nella sua testa gli disse: "vai e muori con onore!"

Così andò a raggiungerla. Le fece un cenno con la mano, si sistemò gli occhiali sul naso e si sedette impacciato sullo sgabello di fronte. Mormorò un «buonasera» e poi fu il silenzio.

Emily ricambiò con un cenno del capo.
Per dei minuti che sembrarono interminabili, lei si guardava intorno e ogni tanto dava un sorso al cocktail. Poi sbottò. Si raddrizzò sullo sgabello sporgendosi verso di lui. Gli parlò a denti stretti, come se stesse sorridendo, ben attenta a non farsi sentire da nessuno.

«Senti, Cucciolo, come tu avrai intuito, non ho pazienza. Non so nemmeno perché mi trovo qui, non dovrei essere qui, almeno abbi la compiacenza di bere!
Anzi guarda, ordino io per te prima che tu chieda un succo di frutta, un latte e cacao o un'acqua liscia.»

Fece un cenno alla ragazza che aveva appena scaricato un vassoio qualche divanetto più avanti e appena questa si avvicinò le chiese un Old Fashioned. Max non aveva la più pallida idea di cosa fosse. Lui al massimo beveva una birra per accompagnare la pizza.

Il cocktail ordinato da Emily comparve sul tavolo pochi minuti dopo.
Max lo guardò e ne scrutò il colore. Era dorato, con una scorza d'arancia e una probabile ciliegia candita infilzata in un corto stecco di legno. Tre cubetti di ghiaccio completavano il tutto. Era bello da vedere e si rigirò il bicchiere nelle mani osservandolo controluce.

«Allora? Ti decidi a bere o no?» Alzò gli occhi al cielo mormorando qualcosa che lui non capì.

Max prese il bicchiere e se lo avvicinò alle labbra. Diede un sorso e gli cominciarono a lacrimare gli occhi. Poi non potendo trattenersi oltre, cominciò a tossire appena.
Emily ridacchiò.

«Che c'è, troppo forte per la tua candida anima?»
Lo guardò ironica e pensò che fosse come sparare sulla crocerossa.

Ma stavolta Max in un moto di ribellione le rispose che no, non era troppo forte e decise di mandarlo giù tutto d'un fiato.
Lei strabuzzò gli occhi, ridacchiò a vederlo diventare rosso e sudato, diede un sorso al suo cocktail e gliene ordinò un altro.

Questo apparve poco dopo sul tavolino. Nessuno dei due sembrava intenzionato a fare conversazione, ognuno di loro continuava a giocherellare col proprio bicchiere.
Poi, a un certo punto, appena il secondo bicchiere fu terminato, Max in precario equilibrio ondeggiante fece cenno di alzarsi. Voleva scappare da quella situazione.
«Io vado.»

Lo disse a bassa voce, tanto che, se Emily non avesse letto il labiale, non lo avrebbe sentito. Rimase davvero interdetta. Era la prima volta che si trovava in compagnia di un uomo che non facesse l'idiota e non provasse a portarsela a letto. Anzi che non parlasse proprio. Non aveva ancora finito di formulare questo pensiero, che la sua nemesi si materializzò nel locale, apparendo come un demonio evocato da un pentacolo.

«Siediti immediatamente o ti giuro che con la tua pelle ci rivesto la poltrona del mio ufficio!» gli ringhiò lei.

Ma Max aveva bevuto abbastanza, il tanto che bastava a dargli il coraggio di protestare.
«Non puoi impedirmi di... ouch! Mi hai dato un calcio sulla caviglia.» Spalancò gli occhi per la sorpresa.

«Era l'anticipo di ciò che ti farò se ti alzerai!»

Max seguì lo sguardo di Emily, si girò e vide il bell'uomo su cui era puntato. Alto, bel fisico, ben vestito, emanava testosterone a ogni sua movenza.  Veniva verso di loro e Max desiderò scomparire per l'ennesima volta in quella giornata.

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E adesso? Max fuggirà? Emily lo ucciderà? O Erik evocato dal pentacolo sbloccherà qualcosa?

Stay tuned
Hailey 🖋️ ❤️

Ridere per guarire - disavventure terapeutiche Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora