Solidarietà

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Ava, dopo aver ricevuto due chiamate da sua figlia, aver alzato gli occhi al cielo,  e aver pronunciato qualche parolaccia a denti stretti, terminò in un unico sorso la sua bevanda e salutò i suoi due nuovi compagni di bevuta.

«Perdonatemi, ma gli animali, i bipedi, se non torno a casa si ammazzeranno tra loro come tigri e gladiatori. Allora niente scuse, martedì pomeriggio a casa mia, vi mando orario e indirizzo. Bussate con i piedi.» concluse con un sorriso.

Poggiò il bicchiere, si infilò la giacca e scappò via svelta non prima di urlare all'indirizzo dei due, non appena fu vicina alla cassa:
«Offre Lars, è già pagato!»

«Beh, a questo punto andiamo anche noi. A martedì allora.»
Charlie terminò l'ultimo sorso della sua birra. Olivia ringraziò tra sé la cavalleria di Charlie. Sarebbe stato davvero imbarazzante per lei rimanere da sola con lui.

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Erik, che non era andato in quel locale per caso, vide subito la coppia che stava cercando. In realtà era convinto che Emily avesse finto la telefonata e così aveva pensato bene di andare due minuti a darle il tormento. Li vide da lontano e puntò subito nella loro direzione.

«Oh ma guarda tu che sorpresa, mia cara.»
Sul volto vi era dipinta la falsità dell'innocenza e nello sguardo la scintilla luciferina.

«Oh, ma tu guarda che fortuna. Ciao Erik. Addio Erik. Immagino tu vada di fretta.»
sibilò lei al suo indirizzo non prima di aver lanciato un'occhiataccia a Max che nel frattempo taceva come suo solito.

«Non fare la solita, non mi presenti il tuo nuovo amico? Ho qualche minuto.»

Max, avrebbe voluto che si aprisse una voragine e che questa lo risucchiasse al suo interno. Cominciò a sudare preoccupato.

«No. Ora... adios Erik.»
Emily mescolò il cocktail con la cannuccia facendo tintinnare il ghiaccio al suo interno.

Lui la ignorò, e si voltò verso Max aspettando una qualsiasi risposta. Questi, avrebbe tanto voluto trovare il coraggio per rispondere, tuttavia continuava ad aprire bocca e a richiuderla.

«È muto?» Inarcò un sopracciglio mentre guardava Emily e indicava Max con l'indice, come se lui non fosse nemmeno presente.

Emily strinse il bicchiere del cocktail e pensò di darglielo in faccia. Immaginò persino i paramedici mentre cercavano di rianimarlo.

«Non ti capisce, è italiano. E ora se non ti dispiace, levati dalle palle Erik.»

Max la guardò ammirato. Era sveglia e aveva il coraggio che a lui mancava.
Questa, si girò verso di lui, gli disse una frase inventata lì per lì, dove l'ultima parola era in italiano, ricordo lontano di una vacanza a Milano capitale della moda e gli sorrise.

A Max venne un lampo di genio.
«Alzò le mani vicino al volto in un gesto di finto stupore e ringraziando la sua passione per i videogiochi, a voce più alta del normale, ossia appena percettibile esclamò: «it's a me, Mario, mamma mia!»

Erik riuscì a sentirlo, ma non conoscendo l'italiano e meno che mai il mondo dei videogiochi, si convinse che l'uomo che aveva di fronte fosse davvero straniero e lasciò perdere. Non si era affatto ricordato che, quando Emily lo aveva chiamato di fronte a lui in ufficio, la conversazione era avvenuta normalmente. Questo fu un colpo di fortuna che salvò, perlomeno in questa occasione, la già bassa stima di sé del povero Max.

«Beh, me ne vado. La mia accompagnatrice è arrivata. Ciao Emily, ciao... Mario.»  Si diresse verso una biondina dallo sguardo sognante e dal fisico avvolto da un abito sexy e li ignorò per il resto del tempo.

A quel tavolo, in quel momento, ricominciarono entrambi a respirare. Lei perché stava per esplodere di rabbia e lui perché stava per morire di paura. Max pensò che prima o poi uno dei due gli avrebbe comunque strappato il cuore dal petto e ci avrebbe giocato a tiro al piattello.

«It's a me, Mario? Seriamente?» Emily fissò Max indecisa se fosse divertita o arrabbiata. Poi si alzò.
«Basta. Me ne vado, il mio dovere l'ho fatto. Addio Cucciolo.»

Lui che ancora non aveva smaltito l'alcool, in un ennesimo, improvviso atto di coraggio la bloccò.
«Aspetta. Il dolce...» disse a voce bassa.

Lei si inchinò verso di lui ad un palmo dal naso, tanto che Max pensò che il momento che temeva da giorni fosse arrivato ossia la morte, accompagnato solo dall'aroma del suo costoso profumo.

«Lo comprerò.»si raddrizzò in piedi.
«In ogni caso non sono capace perciò il problema non si pone!»

«Io sì.» mormorò lui mentre si affliggeva per la sua mancanza di coraggio. Quell' Erik lì sì che si sarebbe fatto valere. Le avrebbe imposto quel compito.
Ma lui era Max e concluse con un supplichevole: «Per favore.»

Insomma se quella dottoressa gli aveva dato proprio quel compito, doveva per forza avere la sua importanza, no?

Emily che non sentiva dire per favore da quando era una bambina, rimase perplessa. Nel suo ambiente nessuno chiedeva per favore. Era tutto uno sgomitare, scavalcare, schiacciare, imporsi in maniera sfacciata e prepotente. Se non lo facevi tu, lo faceva qualcun'altro con te. Dovevi imparare a sopravvivere. Lui sarebbe morto dopo nemmeno un minuto.

«Ma tu, da quale fiaba ne sei uscito? Per favore? Perché ti devi complicare la vita quando puoi comprarla?» accompagnò la frase sollevando le mani in maniera niente affatto amichevole. Quasi due artigli pronti a fare a fette il povero Max.

«Perché è importante. Lo è per me. Per favore.» di nuovo appena un sussurro. Vedeva che le stava facendo perdere la pazienza.

Emily lo guardò infatti seccata e contrariata. Ma riabbassò le mani lungo il corpo.
«Ah dannazione, va bene! Ma vedi di alzare la voce, non devo perdere tempo anche a capire ciò che dici! Mandami l'indirizzo e l'ora. Ti avviso...» avvicinò con fare minaccioso il volto al suo.
«Non farmi perdere tempo, che il tempo è denaro.»

Gli voltò le spalle e lui la osservò andare via, la camminata sicura, decisa, e a testa alta.
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"Porta da bere. Domani sera alle sette. Jackson street 135."

"Porta il gelato. Fai tu quale. Domani sera alle sette. Jackson street 135."

Questi furono gli SMS che Ava mandò rispettivamente a Charlie e Olivia due giorni dopo. Sorrise, passando l'aspirapolvere sul soffice tappeto mentre cercava di rendere la casa presentabile.

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"Bishopstreet 87. Alle sei?"

Questo fu il timido messaggio che Max inviò a Emily. Le arrivò mentre correva sul tapis roulant. Era il suo giorno libero e riteneva fondamentale tenersi in forma. Nel suo lavoro l'immagine era tutto. Aveva di sé una cura maniacale.
Perciò, auricolari bluetooth e playlist inserita, ogni volta che poteva si era certi di trovarla lì. Correva un numero infinito di chilometri, poi, appena finiva, si faceva una doccia e si recava dal parrucchiere e dall'estetista così da essere sempre al top della forma.

Aveva diversi corteggiatori dentro la palestra e lei li snobbava tutti. Non aveva tempo da perdere intessendo relazioni negli ambienti che frequentava. Aveva già sbagliato con Erik e non era intenzionata a ricaderci. Sbuffò leggendo il messaggio e si maledì per aver detto sì. Nelle doccia scaraventò il contenitore del doccia schiuma e non soddisfatta sbatté lo sportello dell'armadietto diverse volte. Il suono metallico risuonò nello spogliatoio vuoto. Poi si ricompose e come se niente fosse uscì dallo spogliatoio dirigendosi verso il centro estetico.

Fu mentre le ricostruivano le unghie che, con la mano libera, digitò sul suo telefono un lapidario: "ok."
Max lesse la risposta e cominciò a pregare sospirando.

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Io dico che Max prima o poi morirà, che ne dite? 😅🥶

Stay tuned
Hailey 🖋️ ❤️

Ridere per guarire - disavventure terapeutiche Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora