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Seduto su una sedia in plastica nella terrazza ed immerso tra il proprio giubbotto ed una coperta rosa rubata dai cassetti di Felix, Jisung guardava le montagne che toccavano con la loro punta il cielo azzurro decorato da quel zucchero filato bianco che, nonostante sapesse fossero formate da goccioline d'acqua, aveva sempre voluto toccare per accertarsi della loro borbidezza.

Era solo la sera del ventitré dicembre, giorno in cui il divertimento di Jisung si sarebbe dovuto innalzare fino a toccare le stelle ma la paura e la sua costante preoccupazione che quelle vacanze potessero rovinarsi continuava a crescere nel suo petto dove sembrava invece aprirsi una voragine.

Jisung era solito starsene vicino la finestra o in balcone a guardare l'azzurro che copriva la sua testa, gli piaceva rimanere lì con il vento che gli solleticava le guance ma sapeva che non gli faceva bene.

Stare da solo, intendo, non gli faceva affatto bene.

Quando non c'era nessuno al suo fianco la sua mente cominciava a vagare negli angoli dove la luce non arrivava, dove il male e quei orribili ricordi galleggiavano nel mare nero delle sue ferite ancora aperte. Quando era da solo iniziava a pensare, a rimuginare il suo passato, a ricordare ciò che si imponeva di non voler rivivere, ciò che sperava il suo cervello rimuovesse ma che non faceva.

Tornava sempre sulle stesse cose, sulle stesse paure, sulla stessa voce... la voce di colui che gli ha portato via l'infanzia, che gli ha portato via la mamma, che gli portato via la felicità che avrebbe sempre desiderato il lui bambino, la voce di colui che aveva aumentato la paura del buio che possedeva tutt'oggi.

"Jisungie~, non vuoi stare con tuo papà?"

Aveva chiuso il pugno e lo aveva strisciato sulla propria gamba illudendosi che lo facesse per il freddo.

"Sai che odio giocare a nascondino."

La voce riaffiorava così come quel liquido rosso su quel viso lievemente rugoso.

"Morirai per mano mia se non la smetti!"

Le urla di suo fratello maggiore, i suoi pianti, la risata di quell'uomo mostruoso...

"Stanotte darò fine alla tua esistenza."

... e poi, il giudice che chiude la sentenza.

Quell'uomo che avrebbe dovuto reputare come suo padre sarebbe finalmente stato ammanettato e sbattuto al fresco.

Finalmente sua mamma era stata vendicata da tutto il male che quel mostro le aveva dato.

Finalmente lui e suo fratello avrebbero potuto condurre una vita tranquilla e monotona insieme a loro zia Minsuh.

E allora perché Jisung continuava a ricordare? Perché sembrava fermo nel passato quando erano nel presente? Perché aveva il terrore che un giorno quell'uomo potesse ritornare nella sua vita quando ormai era morto pure lui?

Perché, perché, perché, perché..?

Una folata di vento e dei passi quasi inudibili lo risvegliarono dal film, un film tratto da una storia vera. Il film della sua infanzia.

"Ehi carino, tra poco è pronta la cena. Vieni?" Jisung avrebbe riconosciuto quel timbro da chilometri di distanza. Minho arrivava sempre nel momento di bisogno anche se lui non era a conoscenza di ciò che aveva dovuto passare il Jisung bambino.

Voltò la testa verso il pozzo profondo che si celava dietro gli occhi scuri di Minho e notò i suoi capelli mori completamente spettinati -- ore prima aveva lottato contro Jeongin per decidere in quale lato del letto dormire.

"Tra poco arrivo." Aveva detto prima di riportare il suo sguardo privo di qualsiasi emozione verso gli alberi che nascondevano la villa e la loro privacy.

Jisung dopo la risposta che diede pensò di restare di nuovo da solo a ricadere negli abissi del mare nero coperto da una tempesta che sarebbe peggiorata man mano, ma invece sentì chiaramente il rumore delle pantofole contro il pavimento della terrazza posta nella camera di Felix e del verso che emise Minho quando si sedette sull'altra sedia.

"Com'è bello qui." Disse il moro senza mai togliere lo sguardo dal profilo di Jisung.

"Già." Aveva concordato quest'ultimo ignaro di quale bellezza stesse in realtà parlando Minho. Ma sì, doveva comunque ammettere che anche il luogo in cui si era ritrovato a passare le vacanze era piuttosto favoloso.

Solo poco dopo, sentendosi osservato, Jisung si decise di girare il capo e guardare Minho beccandolo a osservarlo con occhi luccicanti.

Se Hyunjin era un poeta dell'amore a conoscenza dei propri sentimenti verso chi amava, Jisung era tra gli esponenti dell'amore più importanti ma che non riusciva a descrivere ad alta voce ciò che gli stesse succedendo. Come mai il suo cuore iniziava a battere alla velocità della luce quando era in compagnia dello hyung? Come mai le sue mani prendevano a sudare? Come mai gli si mozzava il fiato quando lo vedeva sorridere? Come mai si imbarazzava quando Minho si prendeva cura di lui?

Come mai, come mai, come mai...

E se Jisung, esponente dell'amore, non capiva ciò che provava con Minho, quest'ultimo invece che non ne sapeva nulla di amore aveva iniziato a capire che per lui quel moccioso non sarebbe mai stato un semplice amico -- e tantomeno migliore amico, andiamo cari lettori e lettrici, Lee Minho non aveva mica i prosciuttoni agli occhi come Adrien Agreste di Miraculous!

Però -- già... c'è un però! -- Minho non voleva crederci e non era ancora pronto ad ammetterlo, né a se stesso e né a Jisung. Si conoscevano da solo due mesi, com'era possibile che era già riuscito a prendersi una cotta per qualcuno che conosceva ancora così poco ma abbastanza da essere sicuro di voler passare i suoi prossimi anni di vita insieme a lui?

Non me ne capacito, pensava mentre lo ammirava, non è possibile, eppure era possibile.

Jisung era stato il primo a cadere per Minho, ma Minho era caduto molto più forte per Jisung ed ora non si poteva più tornare indietro.

"Che c'è? Come mai mi fissi?" Chiese il decolorato mentre si sistemava meglio la coperta rosa sulle gambe. Minho aveva scrollato le spalle ed aveva spostato il suo sguardo verso il paesaggio.

"Così." L'unica risposta sensata che diede e che riuscì a far ridacchiare Jisung prima che un Jeongin furioso facesse il suo ingresso in terrazza e li chiamasse recitando le seguenti parole:

"Facce da culo muovetevi che la cena è pronta, se non venite voi nessuno inizia a mangiare ed io ho così tanta fame che potrei divorare sia quel pompato di Changbin hyung e sia quell'edificio di Hyunjin hyung!"

E detto ciò Jisung e Minho, dopo essere scoppiati entrambi in una risata che fece da eco tra le montagne, entrarono in casa avviandosi nella sala da pranzo insieme ad un Jeongin affamato.

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