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Jisung in quella prima settimana di vacanza aveva realizzato che la compagnia di Minho lo tranquillizzava assai, così tanto da poter perfino fare sogni tranquilli.

Tra gli scherzi e le risate aveva realizzato che Minho non era solo un ragazzo che aveva conosciuto prima tramite l'internet -- grazie all'aiuto di Changbin, tralaltro -- e successivamente nella mensa della loro stessa scuola.

A Jisung era sempre interessato Minho, inizialmente aveva l'opportunità di guardarlo di tanto in tanto durante le ricreazioni per i corridoi e nonostante lo sguardo di ghiaccio che aveva in volto, minaccioso e spaventoso, al moccioso era piaciuto sin dal giorno uno. C'era qualcosa in quel ragazzo dell'ultimo anno che lo incuriosiva parecchio ma neanche Jisung sapeva ben definire che cosa l'avesse così attratto da chiedere addirittura al suo amico di passargli il numero di quel bellissimo ragazzo.

Jisung non era un boss nello socializzare con la gente, difatti è stato proprio Felix a fare il primo passo e riuscire a farselo amico e persino farlo entrare in quello che inizialmente era solo una coppia d'amici; è per questo che nonostante volesse parlare a Minho per primo finiva per girare i tacchi e nascondersi nel primo bagno che trovava. Lo so, è patetico e cagasotto, ma non poteva farci niente al riguardo.

Però i giorni passavano ed ogni minuto conosceva sempre di più la persona che era veramente Minho, non faceva altro se non guardarlo con i suoi boba eyes, e più lo osservava più notava particolari a cui mai aveva fatto caso in lui, più ci parlava al telefono e più diventava dipendente della sua voce. Jisung giurava di poter riconoscere quel timbro anche in una stanza insonorizzata, era rumorosa e forte ma anche lenta e calma come una ninna nanna.

E tra gli scherzi e le risate aveva realizzato che Minho non era soltanto un ragazzo che cercava di essere un menefreghista del cazzo quando in realtà ha il cuore più grande del mondo... ma era anche il ragazzo per cui aveva perso la testa.

Ad Han Jisung piaceva Lee Minho e realizzarlo è stato il passo più grande che avesse mai fatto in sedicianni di vita.

Due mesi, due fottuti mesi erano passati -- ormai non mancava molto per arrivare ai tre -- e Minho era riuscito a far impazzire così tanto Jisung da riuscire a pensare costantemente a lui, ventiquattr'ore su ventiquattro, sette giorni su sette, mai quel naso dritto e a punta, quei capelli scuri e quei comportamenti da gatto lasciavamo la sua mente già piena da altri pensieri minori e a maggior ragione nella realtà.

Jisung era disteso sul divano a contemplare il soffitto della casa di Felix immerso nei suoi più profondi pensieri e nella completa realizzazione di ciò che provava per il suo hyung quando proprio quest'ultimo, come se avesse sentito tutta la seduta che stava avendo il moccioso con sé stesso in quel momento, entrò in salotto. Il resto della ciurma era uscita fuori al gelo per comprarsi qualcosa ad un mercatino lì vicino mentre loro due erano rimasti nella loro postazione perché avevano poca voglia di mettere piede fuori casa.

Nonostante ci fossero i riscaldamenti accesi per tutta la villa i due ragazzi erano entrambi vestiti con abiti molto pesanti e larghi.

Nel momento in cui Jisung notò Minho sbucare da dietro il divano e appoggiarsi con le braccia allo schienale di esso sembrò come se stesse per entrare in Paradiso: la bellezza del suo hyung era così surreale che avrebbe tranquillamente pensato di poter trovare una cosa così esteticamente ed internamente bella solo dopo la morte; il suo cuore fece un tuffo in un lago azzurro come il cielo, difatti anche le nuvole si specchiavano su di esso, e Jisung si disse che sì, il suo cuore poteva benissimo rimanere lì a vita perché quella sensazione era così stupenda da non volerla mai far andare via.

Jisung l'aveva sempre detto che Minho era uscito da una statua di Michelangelo, così surrealmente straordinario, splendido, magnifico, mozzafiato, fantastico... Jisung amava ogni particolare dell'aspetto e del carattere del suo hyung, sia i difetti più scuri che i pregi più chiari. Semplicemente si perdeva in quei due abissi neri.

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