- 2 - Made In Heaven

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Ad anni luce di distanza, i membri dell'Assemblea Interdimensionale avevano tutti preso posto, la maggior parte di loro era sdraiata sui cuscini e sulle fresche pellicce sistemate nella sala. Altri si erano seduti sull'erba o galleggiavano su poltrone antigravitazionali e, nel dondolarsi, giocherellavano con ciocche di capelli svolazzanti o veli di vestiti – qualcuno qui e lì ne indossava – i cui lembi pendevano fino ad accarezzare il suolo.

La cupola trasparente e quasi invisibile che delimitava la sala lasciava vedere un orizzonte lontanissimo, definito da una parte da colline erbose ricoperte di fiori di tutti i colori, dall'altra dall'oceano blu zaffiro. La vista sulla costa era arginata dalla Città Corallo. Sotto i raggi del sole mattutino, splendeva come un'immensa conchiglia rosa posata sulla spiaggia. Le numerose torri a spirale pungevano il firmamento con cuspidi rivolte in ogni direzione, allineate a gruppi come banchi di pesciolini argentati.

Più in alto, la cupola mostrava un cielo azzurro scuro e, dalla parte del mare, bianchissimi cumuli vaporosi, lontani e ancora un po' bassi. Guardando su da qualunque luogo all'interno della cupola ci si trovasse, si poteva vedere un cerchio scuro coprire il sole e spostarsi insieme all'osservatore. Rendendosi molto scura e un po' opaca per la luce che la attraversava nella direzione dei raggi del sole, la superficie della cupola manteneva tutta la sala immersa in una gradevole ombra.

All'interno regnava il silenzio, nonostante ci fossero molte persone che parlavano tra loro. I sistemi acustici facevano sì che in tutto l'ambiente si potesse sentire senza disturbi solo chi parlava dalla zona centrale, quella riservata ai membri Esecutivi.

Il Presidente dell'Assemblea, dal fisico atletico e ben proporzionato, esibì un sorriso radioso sul viso da venticinquenne e, con lo sguardo divertito, parlò pieno di eccitazione.

«Anche oggi sono qui per servirvi, amatissimi fratelli! Qual è la cosa più importante da trattare stamattina?»

«Direi di partire con la Terra: da quando hanno scoperto l'energia atomica sono così vivaci!» disse un altro Esecutivo. I capelli scurissimi risaltavano con il suo colorito pallido e sul viso magro si poteva vedere l'ombra di una barba nera che incorniciava una bocca piccola e dalle labbra rosso brillante. Sotto le lunghe e marcate sopracciglia c'erano due occhi rotondi da pesce, di un nero penetrante, che sembravano voler cercare in continuazione qualcosa di cui burlarsi.

«Più tardi, Wilol, per favore!» disse il presidente palesando il senso di svogliatezza che gli dava il nome di quel pianeta. «Perché invece non vediamo che progressi hanno fatto gli uomini anfibi di Ideruma? Si sono decisi a costruire città sul continente asciutto?»

«Ma Kidhe, sono passati poco più di sessant'anni dall'ultima volta che ce ne siamo occupati, al massimo avranno fatto qualche castello di sabbia sulla spiaggia...» Wilol si fece raschiare la gola da una risata. «Credo proprio che oggi ci tocchi solo la Terra» intonò sapendo di punzecchiare il presidente.

In una consuetudine consolidata da un millennio abbondante, l'Assemblea aveva evaso, troncato e procrastinato le sedute dedicate alla Terra più di quanto avesse mai fatto con gli altri pianeti. Il comportamento straordinariamente complesso, difficile e ingarbugliato dei suoi abitanti rendeva quel progetto capace di provocare un brusco calo di entusiasmo nella maggior parte dei suoi membri. Le eccezioni a questo sentire collettivo erano pochissime. Qualche fissato con la matematica come l'Esecutivo Cronquit, qualche genio artistico dalla mente contorta, e un solo Esecutivo capace di farci dell'umorismo a spese dei colleghi: Wilol.

La Terra in sé stessa non lo interessava granché ma, trovando esilaranti i grattacapi che dava agli altri, ci aggiungeva del proprio per appesantire il carico quando arrivava il momento di occuparsene. Di materiale cui ispirarsi ne trovava più di quanto gli servisse: migliaia di religioni, miriadi di ideologie politiche e culture separate. Ma, soprattutto, il grande rompicapo strutturale: lo sviluppo contemporaneo e autonomo di decine di civiltà diverse che riuscivano a mantenersi divise anche all'interno in uno stesso continente. Fin dagli albori dell'umanità, linee immaginarie erano capaci di isolare, come fossero barriere, celle di sviluppo scientifico, economico, sociale e politico.

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